tag:blogger.com,1999:blog-16847528188223161902024-02-20T02:13:21.059+01:00ARTICOLI DI "STAMPA, SCUOLA E VITA"Interpretare e cambiamentiwilly danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.comBlogger17125tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-90879429181042165582010-03-03T11:50:00.002+01:002010-03-03T11:53:04.994+01:00Trading Companies e Contertrade<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">Trading Companies e Countertrade<br /></span></strong>di <em>Roberto Maurizio</em> </div><br /><strong>Trading Companies<br /></strong>Le Trading Companies sono imprese che si occupano esclusivamente della commercializzazione dei prodotti su un gran numero di mercati internazionali, in ciascuno dei quali possono acquistare o vendere a seconda delle caratteristiche ed esigenze dei mercati stessi.<br />Generalmente hanno una elevata conoscenza dei mercati, uffici di ricerca specializzati e una fitta rete di rapporti commerciali con più paesi. Forniscono spesso servizi accessori (post vendita), hanno generalmente buona capacità finanziaria e si occupano anche di countertrade.<br />Alcune trading companies fanno parte di gruppi molto complessi che includono anche aziende di produzione, di distribuzione e commercializzazione e di servizi finanziari.<br />Hanno elevate capacità negoziali, possono realizzare forti volumi di vendite ma proprio per questo possono spuntare condizioni economiche per loro particolarmente vantaggiose lasciando margini molto ridotti alle aziende che producono.<br /><br /><br /><strong>Countertrade<br /></strong>Il termine «countertrade» significa letteralmente «contro - commercio»: quindi, per traslato, «commercio in compensazione»: il vero senso di questa parola composta ce lo fornisce il prefisso «counter», nel senso di «complementare, corrispondente». Nel concetto di countertrade sono comprese tutte quelle pratiche contrattuali in cui le obbligazioni delle parti si risolvono in un reciproco flusso di beni e/o servizi, lasciando alla regolamentazione in denaro un ruolo eventuale e generalmente marginale. Con il termine countertrade nel commercio internazionale non si individua una determinata operazione commerciale bensì una modalità di scambio che si presenta con diversi tipi contrattuali. Esso consiste essenzialmente in una prestazione accessoria e parallela al classico scambio di merce contro prezzo, che può concretizzarsi ad esempio in servizi accessori di cui l´importatore si accolla l´onere. Il ricorso agli scambi in compensazione presenta indubbiamente vantaggi sia per l´esportatore che per il paese importatore. Permette all´esportatore di acquisire quote di marcato estero laddove la penetrazione dei propri prodotti è resa più difficile dalla mancanza di valute controvertibili e da condizioni politiche ed economiche a rischio, avendo così a disposizione uno strumento alternativo di finanziamento. All´importatore sarà invece possibile evitare esborsi in valuta, utilizzando in cambio prodotti di cui abbia facile disponibilità. Le modalità di scambio possono essere diverse a seconda degli obiettivi che il countertrade vuole raggiungere.<br /><br /><strong>Le principali forme del Countertrade<br /></strong>Le forme più utilizzate sono le seguenti:<br />barter, che è il contratto con il quale l´esportatore riceve merci in cambio dei prodotti esportati;<br />counterpurchase, vale dire il contratto nel quale l´esportazione di prodotti viene regolata con pagamento in parte in valuta e in parte in beni; è caratterizzato dal fatto che vi sono due contratti o più: il contratto principale relativo all´esportazione della merce ed il contratto accessorio che prevede l´impegno dell´esportatore ad acquistare dei beni dall´importatore in pagamento della merce esportata;<br />buy-back, contratto utilizzato per forniture di impianti chiavi-in mano, dove il pagamento viene effettuato con la vendita di prodotti fabbricati dall´impianto stesso;<br />offset, con cui si identifica tradizionalmente un´operazione di compensazione industriale in cui lo stesso importatore partecipa alla realizzazione del prodotto attraverso la fornitura di materie prime, prodotti locali, manodopera;<br />switch trading o accordo di clearing, figura di countertrade particolare, caratterizzata dal fatto che i pagamenti delle merci scambiate non vengono effettuati in valute controvertibili, ma vengono registrati presso le rispettive banche centrali in un conto detto appunto conto di clearing.Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-39372152695289828372010-02-08T20:04:00.001+01:002010-02-08T20:06:42.583+01:00prova<embed height="52" type="application/x-shockwave-flash" pluginspage="http://www.macromedia.com/go/getflashplayer" width="300" src="http://www.odeo.com/flash/audio_player_standard_gray.swf" flashvars="valid_sample_rate=true&external_url=[MP3 file address]" wmode="transparent" allowscriptaccess="always" quality="high"></embed>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-9027539048273234972008-08-27T19:07:00.002+02:002008-08-27T19:17:29.020+02:00I discorsi e le omelie di Papa Giovanni Paolo I<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">I discorsi e le omelie di Papa Luciani<br /></span></strong> di <em>Roberto Maurizio</em><br /> </div><div align="left"><em><strong>Presentiamo i discorsi e le omelie di Papa Giovanni Paolo I. In 33 giorni i documenti sono stati 12, di cui uno postumo. Questa documentazione serve come "allargamento" degli articoli pubblicati su "Stampa, Scuola e Vita" inerenti Papa Luciani.</strong></em></div><div align="left"> <br />27/08/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#RADIOMESSAGGIO">Radiomessaggio "Urbi et Orbi"</a><br />30/08/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#ALLOCUZIONE">Ai Cardinali</a><br />31/08/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#ALLOCUZIONE">Al corpo diplomatico presso la Santa Sede</a><br />01/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#DISCORSO">Ai giornalisti</a><br />03/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#OMELIA">Messa d' inizio del ministero di Supremo Pastore</a><br />04/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#DISCORSO">Alle missioni speciali</a><br />07/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#DISCORSO">Al clero di Roma</a><br />21/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#DISCORSO">Ad un gruppo di vescovi degli Stati Uniti in visita "ad limina"</a><br />23/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#DISCORSO">Al sindaco di Roma</a><br />23/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#OMELIA">Pressa di possesso della Basilica di San Giovanni in Laterano</a><br />28/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#DISCORSO">Ad un gruppo di vescovi delle Filippine in visita "ad limina"</a><br />30/09/1978: <a href="http://www.amicipapaluciani.it/omelie.htm#AI">Ai gesuiti</a> (postumo)<br /><br /><br /><a name="RADIOMESSAGGIO_«_URBI_ET_ORBI_»">RADIOMESSAGGIO « URBI ET ORBI »</a><br /><br />Domenica, 27 agosto 1978<br /><br />Venerabili Fratelli!<br />Diletti Figli e Figlie dell' intero orbe cattolico!<br />Chiamati dalla misteriosa e paterna bontà di Dio alla gravissima responsabilità del Supremo Pontificato, inviamo a voi il Nostro saluto; e subito lo estendiamo a tutti gli uomini del mondo, che in questo momento ci ascoltano, e nei quali, secondo gli insegnamenti del Vangelo, amiamo vedere unicamente degli amici, dei fratelli. A voi tutti, salute, pace, misericordia, amore: « Gratia Domini nostri Iesu Christi et caritas Dei et communicatio Sancti Spiritus sit cum omnibus vobis ».<br />Abbiamo ancora l'animo accasciato dal pensiero del tremendo ministero al quale siamo stati scelti: come Pietro, ci pare di aver posto il piede sull'acqua infida, e, scossi dal vento impetuoso, abbiamo gridato con lui verso il Signore: « Domine, salvum me fac ». Ma abbiamo sentito rivolta anche a Noi la voce, incoraggiante e al tempo stesso amabilmente esortatrice del Cristo: « Modicae fidei, quare dubitasti? ». Se le umane forze, da sole, non possono essere adeguate a tanto peso, l'aiuto di Dio onnipotente, che guida la sua Chiesa attraverso i secoli in mezzo a tante contraddizioni e contrarietà, non mancherà certo anche a Noi, umile e ultimo Servus servorum Dei. Tenendo la Nostra mano in quella di Cristo, appoggiandoci a Lui, siamo saliti anche Noi al timone di questa nave, che è la Chiesa; essa è stabile e sicura, pur in mezzo alle tempeste, perché ha con sé la presenza confortatrice e dominatrice del Figlio di Dio. Secondo le parole di S.Agostino, che riprende un'immagine cara all'antica Patristica, la nave della Chiesa non deve temere, perché è guidata da Cristo: « Quia etsi turbatur navis, navis est tamen. Sola portat discipulos et recipit Christum. Periclitatur quidem in mari, sed sine illa statim peritur ». Solo in essa v'è salvezza: sine illa peritur!<br />Con questa fede, Noi procederemo. L'aiuto di Dio non Ci mancherà secondo la promessa indefettibile: « Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi ». La vostra rispondenza unanime e la collaborazione volonterosa di tutti Ci renderà più leggero il peso del quotidiano dovere. Ci accingiamo a questo terribile compito nella coscienza della insostituibilità della Chiesa Cattolica, la cui immensa forza spirituale è garanzia di pace e di ordine, e come tale è presente nel mondo, come tale è riconosciuta nel mondo. L'eco che la sua vita solleva ogni giorno è la testimonianza che essa, nonostante tutto, è viva nel cuore degli uomini, anche di quelli che non condividono la sua verità e non accettano il suo messaggio. Come ha detto il Concilio Vaticano II, « dovendosi estendere a tutta la terra, la Chiesa entra nella storia degli uomini, e insieme però trascende i tempi e i confini dei popoli. Tra le tentazioni e le tribolazioni del suo cammino, la Chiesa è sostenuta dalla forza della grazia di Dio, a lei promessa dal Signore, affinché per l'umana debolezza non venga meno alla perfetta fedeltà, ma rimanga la degna sposa del suo Signore e non cessi di rinnovarsi sotto l'azione dello Spirito Santo, finché, attraverso la croce, giunga alla luce che non conosce tramonto ». Secondo il piano di Dio, che « ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù, autore della salvezza e principio di unità e di pace », la Chiesa è stata da Lui voluta « perché sia per tutti e per i singoli sacramento visibile di questa unità salvifica ».<br />In questa luce, Noi Ci poniamo interamente, con tutte le Nostre forze fisiche e spirituali, al servizio della missione universale della Chiesa, che è quanto dire al servizio del mondo: cioè al servizio della verità, della giustizia, della pace, della concordia, della collaborazione all'interno delle Nazioni come nei rapporti tra i popoli. Chiamiamo anzitutto i figli della Chiesa a prendere coscienza sempre maggiore della loro responsabilità: « Vos estis sal terrae, vos estis lux mundi ». Superando le tensioni interne, che qua e là si sono potute creare, vincendo le tentazioni dell'uniformarsi ai gusti e ai costumi del mondo, come ai titillamenti del facile applauso, uniti nell'unico vincolo dell'amore che deve informare la vita intima della Chiesa come anche le forme esterne della sua disciplina, i fedeli devono essere pronti a dare testimonianza della propria fede davanti al mondo: « Parati semper ad defensionem omni poscenti vos rationem de ea, quae in vobis est, spe ».<br />La Chiesa, in questo sforzo comune di responsabilizzazione e di risposta ai problemi lancinanti del momento, è chiamata a dare al mondo quel « supplemento d'anima » che da tante parti si invoca e che solo può assicurare la salvezza. Questo si attende oggi il mondo: esso sa bene che la sublime perfezione a cui è pervenuto con le sue ricerche e con le sue tecniche ha raggiunto un crinale oltre cui c'è la vertigine dell'abisso; la tentazione di sostituirsi a Dio con l'autonoma decisione che prescinde dalle leggi morali, porta l'uomo moderno al rischio di ridurre la terra a un deserto, la persona a un automa, la convivenza fraterna a una collettivizzazione pianificata, introducendo non di rado la morte là dove invece Dio vuole la vita.<br />La Chiesa, piena di ammirazione e amorevolmente protesa verso le umane conquiste, intende peraltro salvaguardare il mondo, assetato di vita e d'amore, dalle minacce che lo sovrastano; il Vangelo chiama tutti i suoi figli a porre le proprie forze, e la stessa vita, al servizio dei fratelli, nel nome della carità di Cristo: « Maiorem hac dilectionem nemo habet, ut animam suam quis ponat pro amicis suis ». In questo momento solenne, Noi intendiamo consacrare tutto quello che siamo e che possiamo a questo scopo supremo, fino all'estremo respiro, consapevoli dell'incarico che Cristo stesso ci ha affidato: « Confirma fratres tuos ».<br />Ci soccorre, a darCi forza nell'arduo compito, il ricordo soavissimo dei Nostri Predecessori, la cui amabile dolcezza e intrepida forza Ci sarà di esempio nel programma pontificale: ricordiamo in particolare le grandissime lezioni di governo pastorale lasciateci dai Papi a Noi più vicini, come Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, che con la loro sapienza, dedizione, bontà e amore alla Chiesa e al mondo hanno lasciato un'orma incancellabile nel nostro tempo tormentato e magnifico. Ma è soprattutto al compianto Pontefice Paolo VI, Nostro immediato Predecessore, che va il trasporto commosso del cuore e della venerazione. La sua morte rapida, che ha lasciato attonito il mondo secondo lo stile dei gesti profetici di cui ha costellato il suo indimenticabile pontificato, ha messo nella giusta luce la statura straordinaria di quel grande e umile uomo, al quale la Chiesa deve l'irraggiamento straordinario, pur fra le contraddizioni e le ostilità, raggiunto in questi quindici anni, nonché l'opera immane, infaticabile, senza soste, da Lui posta nella realizzazione del Concilio e nell'assicurare al mondo la pace, tranquiltitas ordinis.<br />Il Nostro programma sarà quello di continuare il suo, nella scia già segnata con tanti consensi dal grande cuore di Giovanni XXIII:<br />- vogliamo cioè continuare nella prosecuzione dell'eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sapienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse ma improvvida, non ne travisi i contenuti e i significati, e altrettanto che forze frenanti e timide non ne rallentino il magnifico impulso di rinnovamento e di vita;<br />- vogliamo conservare intatta la grande disciplina della Chiesa, nella vita dei sacerdoti e dei fedeli, quale la collaudata ricchezza della sua storia ha assicurato nei secoli con esempi di santità e di eroismo, sia nell'esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, degli umili, degli indifesi; e a questo proposito porteremo innanzi la revisione del Codice di Diritto Canonico, sia della tradizione orientale sia di quella latina, per assicurare, alla linfa interiore della santa libertà dei figli di Dio, la solidità e la saldezza delle strutture giuridiche;<br />- vogliamo ricordare alla Chiesa intera che il suo primo dovere resta quello dell'evangelizzazione, le cui linee maestre il Nostro Predecessore Paolo VI ha condensato in un memorabile documento: animata dalla fede, nutrita dalla Parola di Dio, e sorretta dal celeste alimento dell' Eucaristia, essa deve studiare ogni via, cercare ogni mezzo, « opportune importune », per seminare il Verbo, per proclamare il messaggio, per annunciare la salvezza che pone nelle anime l'inquietudine della ricerca del vero e in questa le sorregge con l' aiuto dall'alto; se tutti i figli della Chiesa sapranno essere instancabili missionari del Vangelo, una nuova fioritura di santità e di rinnovamento sorgerà nel mondo, assetato di amore e di verità;<br />- vogliamo continuare lo sforzo ecumenico, che consideriamo l'estrema consegna dei Nostri immediati Predecessori, vegliando con fede immutata, con speranza invitta e con amore indeclinabile alla realizzazione del grande comando di Cristo: « Ut omnes unum sint », nel quale vibra l'ansia del suo Cuore alla vigilia dell'immolazione del Calvario; le mutue relazioni fra le Chiese di varia denominazione hanno compiuto progressi costanti e straordinari, che sono davanti agli occhi di tutti; ma la divisione non cessa peraltro di essere occasione di perplessità, di contraddizione e di scandalo agli occhi dei non cristiani e dei non credenti: e per questo intendiamo dedicare la Nostra meditata attenzione a tutto ciò che può favorire l'unione, senza cedimenti dottrinali ma anche senza esitazioni;<br />- vogliamo proseguire con pazienza e fermezza in quel dialogo sereno e costruttivo, che il mai abbastanza compianto Paolo VI ha posto a fondamento e programma della sua azione pastorale, dandone le linee maestre nella grande Enciclica « Ecclesiam Suam », per la reciproca conoscenza, da uomini a uomini, anche con coloro che non condividono la nostra fede, sempre disposti a dar loro testimonianza della fede che è in noi, e della missione che il Cristo Ci ha affidata, « ut credat mundus »;<br />- vogliamo infine favorire tutte le iniziative lodevoli e buone che possano tutelare e incrementare la pace nel mondo turbato: chiamando alla collaborazione tutti i buoni, i giusti, gli onesti, i retti di cuore, per fare argine, all'interno delle nazioni, alla violenza cieca che solo distrugge e semina rovine e lutti, e, nella vita internazionale, per portare gli uomini alla mutua comprensione, alla congiunzione degli sforzi che favoriscano il progresso sociale, debellino la fame del corpo e l'ignoranza dello spirito, promuovano l'elevazione dei popoli meno dotati di beni di fortuna eppur ricchi di energie e di volontà.<br />Fratelli e figli carissimi,<br />In quest' ora trepida per Noi, ma confortata dalle divine promesse, Noi rivolgiamo il Nostro saluto a tutti i Nostri figli: li vorremmo qui tutti presenti per guardarli negli occhi, e per abbracciarli, infondendo loro coraggio e confidenza, e chiedendo per Noi comprensione e preghiera.<br />A tutti il Nostro saluto:<br />- ai Cardinali del Sacro Collegio, con i quali abbiamo condiviso ore decisive, e sui quali contiamo ora e in avvenire, ringraziandoli per il saggio consiglio e la forte collaborazione che vorranno continuare ad offrirCi, in prolungamento di quel loro consenso che, per volontà di Dio, Ci ha portato a questo culmine dell'ufficio apostolico;<br />- a tutti i Vescovi della Chiesa di Dio, « che rappresentano la propria Chiesa, e tutti insieme col Papa rappresentano tutta la Chiesa nel vincolo della pace, dell'amore e dell'unità », e la cui collegialità vogliamo fortemente avvalorare, avvalendoCi della loro opera nel governo della Chiesa universale sia mediante l'organo sinodale, sia attraverso le strutture della Curia Romana, a cui essi partecipano di diritto secondo le norme stabilite;<br />- a tutti i Nostri collaboratori chiamati alla stretta esecuzione della Nostra volontà, e all'onore di una attività che li impegna a santità di vita, a spirito di obbedienza, a opera di apostolato e ad esemplare fortissimo amore alla Chiesa. Noi li amiamo ad uno ad uno; e chiedendo loro di continuare a prestare a Noi, come ai Nostri Predecessori, la loro provata fedeltà, siamo certi di poter contare sulla loro opera preziosissima che Ci sarà di grande giovamento;<br />- salutiamo i sacerdoti e i fedeli della diocesi di Roma, ai quali Ci lega la successione di Pietro e l'incarico unico e singolare di questa Cattedra Romana « che presiede alla carità universale »;<br />- salutiamo poi in modo particolare i membri della Nostra diocesi di origine Belluno e quelli di Venezia, che Ci sono stati affidati come figli affettuosissimi e carissimi, ai quali ora pensiamo con sincero rimpianto, ricordando le loro magnifiche opere ecclesiali e le comuni energie dedicate alla buona causa del Vangelo;<br />- e abbracciamo poi tutti i sacerdoti, in special modo i parroci e quanti si dedicano alla cura diretta delle anime, spesso in condizioni disagiate, o di vera povertà, ma sorretti luminosamente dalla grazia della vocazione e dell'eroica sequela del Cristo « pastore delle nostre anime »;<br />- salutiamo i Religiosi e le Religiose di vita sia contemplativa sia attiva, che continuano a irradiare sul mondo l'incanto dell'intatta adesione agli ideali evangelici, supplicandoli di continuare a « porre ogni cura affinché per loro mezzo la Chiesa abbia ogni giorno meglio da presentare Cristo ai fedeli e agli infedeli »;<br />- salutiamo tutta la Chiesa missionaria e inviamo agli uomini e alle donne, che sugli avamposti della evangelizzazione si dedicano alla cura dei fratelli, il Nostro incoraggiamento e il Nostro plauso più affettuoso: sappiano che, fra quanti abbiamo cari, essi Ci sono carissimi: non li dimenticheremo mai nelle Nostre preghiere e nelle Nostre sollecitudini, perché hanno un posto privilegiato nel Nostro cuore;<br />- alle associazioni di Azione Cattolica, come ai movimenti di varia denominazione che contribuiscono con energie nuove alla vivificazione della società e alla « consecratio mundi » come lievito nella pasta, va tutto il Nostro sostegno e il Nostro appoggio, perché siamo convinti che la loro opera, nella collaborazione con la sacra Gerarchia, è indispensabile per la Chiesa, oggi;<br />- e salutiamo i giovani, speranza di un domani più pulito, più sano, più costruttivo, affinché sappiano distinguere il bene dal male, e portarlo a compimento con le fresche energie di cui sono in possesso, per la vitalità della Chiesa e l'avvenire del mondo;<br />- salutiamo le famiglie, che sono « come il santuario domestico della Chiesa », anzi sono una vera e propria « Chiesa domestica » nella quale fioriscono le vocazioni religiose e le decisioni sante, e si prepara il domani del mondo; vogliano far argine alle ideologie distruttrici dell'edonismo che estingue la vita, e formare energie pulsanti di generosità, di equilibrio, di dedizione al bene comune;<br />- ma un particolare saluto vogliamo inviare a quanti soffrono nel presente momento; agli ammalati, ai prigionieri, agli esuli, ai perseguitati; a quanti non riescono ad avere un lavoro, o stentano nella dura lotta per la vita; a quanti soffrono per la costrizione a cui è ridotta la loro fede cattolica, che non possono liberamente professare se non al prezzo dei loro diritti primari di uomini liberi e di cittadini volonterosi e leali. In modo particolare pensiamo alla martoriata terra del Libano, alla situazione della Terra di Gesù, alla fascia del Sahel, all' India tanto provata, e a tutti quei figli e fratelli che subiscono dolorose privazioni sia per le condizioni sociali e politiche, sia per le conseguenze di disastri naturali.<br />Uomini fratelli di tutto il mondo!<br />Tutti siamo impegnati nell'opera di elevare il mondo ad una sempre maggiore giustizia, ad una più stabile pace, a una più sincera cooperazione: e perciò tutti invitiamo e scongiuriamo, dai più umili ordini sociali che formano il tessuto connettivo delle nazioni, fino ai Capi responsabili dei singoli popoli, a farsi strumenti efficaci e responsabili di un ordine nuovo, più giusto e più sincero.<br />Un'alba di speranza aleggia sul mondo, anche se una fitta coltre di tenebra, dai sinistri bagliori di odio, di sangue e di guerra, minaccia talora di oscurarla: l'umile Vicario di Cristo, che inizia trepido e fiducioso la sua missione, si pone a disposizione totale della Chiesa e della società civile, senza distinzione di razze o di ideologie, per assicurare al mondo il sorgere di un giorno più sereno e più dolce. Solo Cristo potrà far sorgere la luce che non tramonta, perché Egli è il « sole di giustizia »: ma Egli pure attende l'opera di tutti. La Nostra non mancherà.<br />Chiediamo a tutti i Nostri figli l'aiuto della preghiera, perché solo su questa contiamo; e Ci abbandoniamo fiduciosi all'aiuto del Signore, che, come Ci ha chiamati al compito di suo rappresentante in terra, così non Ci lascerà mancare la sua grazia onnipotente. Maria Santissima, Regina degli Apostoli, sarà la stella fulgida del Nostro pontificato. San Pietro, Ecclesiae frmamentum, Ci sorregga con la sua intercessione e col suo esempio di fede invitta e di umana generosità. San Paolo Ci guidi nello slancio apostolico dilatato verso tutti i popoli della terra; i Nostri santi Patroni Ci assistano.<br />E nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo impartiamo al mondo la Nostra prima, affettuosissima Benedizione Apostolica.<br /> <br /><br /><a name="ALLOCUZIONE_DI_GIOVANNI_PAOLO_I_">ALLOCUZIONE DI GIOVANNI PAOLO I </a>AL COLLEGIO CARDINALIZIO<br /><br />Mercoledì, 30 agosto 1978<br />Brani del discorso del pontefice, lasciando da parte il testo scritto :<br />“Grazie, Eminenza Reverendissima, delle parole così buone che si è degnata di rivolgermi, a nome oltre che del Sacro Collegio, mi è parso di vedere a nome della Chiesa, nelle sue componenti : i fedeli, i sacerdoti, i religiosi.<br />Prima di tutto, io vorrei chiedere in qualche maniera scusa perché, dalla stampa, ho visto che quasi, quasi, io avrei rimproverato il Sacro Collegio. Non è precisamente così. Quando son venuto fuori dalla benedizione e ho visto tutto il Collegio schierato per la foto che poi è mancata, mi è venuto spontaneo, dai ricordi di scuola, io devo a scuola il testo del Todesco, là dove parla di San Bernardo, e dice anche la reazione che San Bernardo ha avuto quando ha sentito che Eugenio III, uno dei suoi, era stato fatto Papa. Allora ha scritto : “ Quid fecistis ? Parcat vobis Deus ”. Ma non ero io che dicevo. Non vi rimproveravo affatto ! Intendevo dire la reazione di san Bernardo. Io invece, in questo momento, devo ringraziare per la fiducia da me assolutamente inaspettata e anche immeritata, che avete avuto nel darmi il vostro voto. Speriamo che il Signore non mi renda indegno di questa fiducia. Aiutatemi anche voi con le vostre preghiere. Qui vedo il Cardinal Felici, con la sua solita amabilità, prima che finisse lo scrutinio, è venuto perché era proprio davanti a me e ha detto : “Messaggio per il nuovo Papa”. Grazie ! - ho detto io, - ma non ero ancora fatto! Ho aperto. Cosa c’ era? Una piccola Via Crucis. Quella è la strada dei Papi! Però ... nella Via Crucis, uno dei personaggi è anche il cireneo. Spero che, i miei confratelli cardinali aiuteranno questo povero Cristo, Vicario di Cristo a porta la croce con la loro collaborazione di cui io sento tanto il bisogno (...)<br />Io, in un certo senso, sono dolente di non poter ritornare alla vita dell’ apostolato spicciolo che mi piaceva tanto. Ho avuto sempre diocesi piccole : Vittorio Veneto, diocesi piccola; la stessa Venezia, grande per storia e piccola, 430.000 abitanti. Quindi, il mio lavoro era : ragazzi, operai, malati, visite pastorali. Non potrò più fare questo lavoro. Ma voi potete farlo. Non dovete però pensare soltanto alla vostra diocesi. I vescovi devono pensare anche alla Chiesa Universale. Dobbiamo lavorare insieme. Abbiate pietà del povero Papa nuovo che veramente non aspettava di salire a questo posto. Cercate di aiutare e cerchiamo insieme di dare al mondo spettacolo di unità, anche sacrificando qualche cosa alle volte. Ma noi avremo tutto da perdere se il mondo non ci vede saldamente uniti.<br />Con questo faccio a voi i più grandi auguri e termino con la benedizione apostolica che il Cardinal Decano ha domandato ... Dico la verità. Mi sa un po’ strano darvi la benedizione apostolica. Siete tutti successori degli Apostoli anche voialtri, ad ogni modo, è scritto qui : “In nome di Cristo, imparto con effusione di sentimento a voi, ai vostri collaboratori ed a tutte le anime affidate alla vostra cura pastorale, le primizie della mia propiziatrice apostolica benedizione”. Un po’ aulico il linguaggio. Abbiate pazienza !<br /><br />Testo scritto :<br />Venerabili Fratelli,<br />Con grande gioia vi vediamo raccolti intorno a noi per questo incontro, che abbiamo vivamente desiderato e del quale ora, grazie alla vostra cortesia, ci è consentito di gustare la dolcezza ed il conforto. Sentivamo, infatti, impellente il bisogno non soltanto di rinnovarvi l'espressione della nostra gratitudine per il consenso - che non cessa invero di sorprenderci e di confonderci - da voi riservato alla nostra umile persona, ma di testimoniarvi altresì la fiducia che nutriamo nella vostra fraterna ed assidua collaborazione.<br />Il peso, che il Signore negli imperscrutabili disegni della sua provvidenza ha voluto porre sulle nostre fragili spalle, ci apparirebbe davvero troppo gravoso, se non sapessimo di poter contare, oltre che sulla onnipotente forza della sua grazia, sulla affettuosa comprensione e sulla operante solidarietà di Fratelli tanto illustri per dottrina e per saggezza, tanto sperimentati nel governo pastorale, tanto addentro nelle cose di Dio e in quelle degli uomini.<br />Profittiamo, pertanto, di questa circostanza per dichiarare che contiamo innanzitutto sull'aiuto di quei Signori Cardinali, che resteranno accanto a noi, in quest'alma Città, alla direzione dei vari Dicasteri, di cui si compone la Curia Romana. Gli incarichi pastorali, a cui volta a volta la Provvidenza divina ci ha chiamati negli anni trascorsi, si sono svolti sempre lontani da questi complessi organismi, che offrono al Vicario di Cristo la possibilità concreta di svolgere il servizio apostolico di cui Egli è debitore a tutta la Chiesa, ed assicurano in tal modo l'organico articolarsi delle legittime autonomie, pur nell'indispensabile rispetto di quella essenziale unità di disciplina, oltre che di fede, per la quale Cristo pregò nell'immediata vigilia della sua Passione. Non ci costa fatica riconoscere la nostra inesperienza in un settore tanto delicato della vita ecclesiale. Noi ci ripromettiamo, quindi, di far tesoro dei suggerimenti che ci verranno da così valenti Collaboratori, mettendoci per così dire alla scuola di chi, per le benemerenze acquisite in un servizio di così grande importanza, ben merita la nostra piena fiducia e il nostro riconoscente apprezzamento.<br />Il nostro pensiero si rivolge, poi, a quanti fra voi, Venerabili Fratelli, si dispongono a tornare alle loro Sedi episcopali, per riprendere la cura pastorale delle Chiese, che lo Spirito ha loro affidato, e già pregustano nell'animo la gioia dell'incontro con tanti loro figli ormai ben noti e teneramente amati. È una gioia, questa, che a noi non sarà concessa. Il Signore conosce la mestizia che questa rinuncia ci pone nel cuore. Egli tuttavia, nella sua bontà, sa temperare l'amarezza del distacco con la prospettiva di una paternità più vasta. In particolare, Egli ci conforta col dono inestimabile della vostra cordiale e sincera devozione, nella quale ci pare di sentir vibrare la devozione di tutti i Vescovi del mondo, uniti a questa Sede Apostolica con i vincoli saldi di una comunione, che travalica gli spazi, ignora le diversità di razza, si arricchisce dei valori autentici, presenti nelle varie culture, fa di popoli distanti fra loro per ubicazione geografica, per lingua e mentalità, un'unica grande famiglia. Come non sentirsi pervasi da un'onda di rasserenante fiducia dinanzi allo spettacolo meraviglioso, che si offre all'assorta contemplazione dello spirito, stimolato dalla vostra presenza a protendersi in direzione dei cinque continenti, ognuno dei quali ha in voi così significativi e degni rappresentanti?<br />Questa vostra splendida assise pone sotto i nostri occhi un'immagine eloquente della Chiesa di Cristo, la cui unità cattolica già commuoveva il grande Agostino e lo induceva a mettere in guardia i « ramusculi » delle singole Chiese particolari a non staccarsi « ex ipsa magna arbore quae ramorum suorum porrectione toto orbe diffunditur ». Di questa unità noi sappiamo di essere stati costituiti segno e strumento; ed è nostro proposito di dedicare ogni energia alla sua difesa ed al suo incremento, in ciò incoraggiati dalla consapevolezza di poter fare affidamento sull'azione illuminata e generosa di ognuno di voi. Non intendiamo qui richiamare le grandi linee del nostro programma, che sono a voi già note. Noi vorremmo soltanto riconfermare in questo momento, insieme con tutti voi, l'impegno di una disponibilità totale alle mozioni dello Spirito per il bene della Chiesa, che nel giorno dell'elevazione alla porpora cardinalizia ognuno di noi promise di servire « usque ad sanguinis effusionem ».<br />Venerabili Fratelli, quando nello scorso sabato ci trovammo di fronte alla perigliosa decisione di un « sì » che avrebbe posto sulle nostre spalle il formidabile peso del ministero apostolico, qualcuno di voi ci sussurrò all'orecchio parole di invito alla fiducia ed al coraggio. Ci sia lecito ora, fatti ormai Vicario di Colui che lasciò a Pietro la consegna di « confirmare fratres », ci sia lecito rivolgere a voi, che vi accingete a riprendere le vostre rispettive mansioni ecclesiali, l'incoraggiamento a confidare con virile fermezza, pur nel travaglio dell'ora presente, nell'immancabile aiuto di Cristo, il quale ripete anche a noi, oggi, le parole pronunziate quando le tenebre della Passione si addensavano ormai su di Lui e sul primo nucleo dei credenti: « Confidite, ego vici mundum ».<br />Nel Nome di Cristo e quale pegno della nostra paterna benevolenza, noi impartiamo con effusione di sentimento a voi, ai vostri collaboratori ed a tutte le anime affidate alla vostra cura pastorale le primizie della nostra propiziatrice Benedizione Apostolica.<br /><br /><a name="ALLOCUZIONE_DI_GIOVANNI_PAOLO_I__AL_CORP">ALLOCUZIONE DI GIOVANNI PAOLO I AL CORPO DIPLOMATICO PRESSO LA SANTA SEDE</a><br /><br /><br />Giovedì, 31 Agosto 1978<br /> <br />Excellenze, Signore, Signori,<br /><br />Noi ringraziamo vivamente il vostro degno interprete per le sue parole piene di deferenza, meglio ancora, di benevolenza e di fiducia. Il primo moto dell’ animo nostro sarebbe quello di farvi partecipi della nostra confusione davanti a queste parole che ci onorano e a questi sentimenti che ci confortano. Ma sappiamo bene che questo omaggio e questo appello sono indirizzati, attraverso la nostra persona, alla Santa Sede, alla sua missione altamente spirituale e umana, alla Chiesa Cattolica, figli della quale sono particolarmente desiderosi di edificare, con i loro fratelli, un mondo più giusto e più armonioso.<br /> <br />Non avevamo avuto ancora l’ onore di conoscervi. Finora, il nostro ministero è stato circoscritto alle diocesi che ci erano state affidate e ai compiti pastorali relativi, a Vittorio Veneto e a Venezia. Era già peraltro, partecipazione a quello della Chiesa universale. Ma ormai, su questa Cattedra dell’ Apostolo Pietro, la nostra missione è divenuta effettivamente universale, e ci mette in rapporto, non solo con tutti i nostri figli cattolici, ma anche con tutti i popoli, con i loro rappresentanti qualificati e, specialmente, con i diplomatici dei paesi che hanno voluto stabilire relazioni di tal genere con la Santa Sede.<br />A questo titolo, siamo lietissimi di accogliervi qui, di esprimervi la nostra stima e la nostra fiducia, la nostra comprensione per le vostre funzioni, lieti, altresì, di salutare, attraverso le vostre persone, ciascuna delle nazioni che rappresentate, alle quali noi guardiamo con rispetto, con simpatia, formulando voti fervidi di progresso e di pace. Queste nazioni assumeranno una fisionomia ancora più concreta a mano a mano e nella misura in cui noi ne incontreremo, non solo i vescovi, ma anche i rappresentanti civili.<br />Ciascuno di voi conosce quanto ha realizzato il nostro venerato Predecessore in questo campo delle relazioni diplomatiche. Durante il suo pontificato, le missioni da voi dirette si sono moltiplicate. Noi auspichiamo che tali relazioni siano sempre più cordiali feconde, per il bene dei vostri concittadini, per il bene della Chiesa nei vostri paesi, per il bene della concordia universale. Inoltre, i rapporti che potete intrattenere fra voi, contribuiscono anche alla comprensione e alla pace. Noi vi offriamo la nostra collaborazione sincera, secondo i mezzi che ci sono propri.<br /> <br />Indubbiamente, nell’ ambito delle sedi diplomatiche, la vostra funzione qui è “sui generis”, come le missioni e le competenze della Santa Sede. Noi, evidentemente, non abbiamo da scambiare alcun bene temporale, nessun interesse economico da discutere. Le nostre possibilità di interventi diplomatici sono limitate e particolari. Non intervengono negli affari puramente temporali, tecnici e politici che spettano ai vostri governi. In tal senso, le nostre rappresentanze diplomatiche presso le più alte autorità civili, lungi dall’ essere una sopravvivenza del passato, costituiscono, sia una testimonianza del nostro rispetto per il potere temporale legittimo, sia dell’ interesse vastissimo per le cause umane che quel potere civile è destinato a promuovere. Analogamente, voi siete qui i portavoci dei vostri governi e i testimoni vigili dell’ opera spirituale della Chiesa. Da una parte e dall’ altra, sussistono presenza, rispetto, scambio, collaborazione, senza confusione di competenze.<br /> <br />I nostri servizi, quindi, sono di due ordini. Può essere, se invitati, una partecipazione della Santa Sede come tale, al livello dei vostri governi o delle istanze internazionali, alla ricerca delle soluzioni miglori dei grandi problemi in cui sono in gioco la distensione, il disarmo, la pace, la giustizia, provvedimenti o soccorsi umanitari, lo sviluppo ... I nostri rappresentanti vi intervengono, lo sapete, con parola libera e disinteressata. E’ una forma apprezzabile di concorso o di aiuto reciproco che la Santa Sede ha la possibilità di apportare, grazie al riconoscimento internazionale del quale gode, e alla rappresentanza dell’ insieme del mondo cattolico che essa assicura. Noi siamo pronti a continuare, in questo campo, l’ attività diplomatica e internazionale già intrapresa, nella misura in cui la partecipazione della Santa Sede si dimostri desiderata, fruttuosa e conforme ai mezzi nostri.<br /> <br />Ma la nostra azione al servizio della comunità internazionale si colloca pure – e diremmo sopratutto – su un altro piano che potrebbe esser definito più specificatamente pastorale e che è proprio della Chiesa. Si tratta di contribuire, con i documenti e gli impegni della Sede Apostolica e dei nostri collaboratori in tutta la Chiesa, ad illuminare, a formare le coscienze, dei cristiani prima di tutto, ma anche degli uomini di buona volontà – e, per mezzo di essi, una più vasta opinione pubblica – sui principi fondamentali che garantiscono una civiltà vera e una fratellanza reale fra i popoli : rispetto del prossimo, della vita, della dignità di esso, sollecitudine per il suo progresso spirituale e sociale, pazienza e volontà di riconciliazione nell’ edificazione tanto vulnerabile della pace, in una parola, tutti i diritti e i doveri della vita in società e della vita internazionale, quali sono esposti nella Costituzione conciliare Gaudium et Spes e in tanti messaggi del compianto Papa Paolo VI. Con questi atteggiamenti che assumono o dovrebbero assumere per la loro salvezza, nella logica dell’ amore evangelico, i fedeli cristiani contribuiscono a trasformare, gradualmente, i rapporti umani, il tessuto sociale e le istituzioni; essi aiutano i popoli e la comunità internazionale ad assicurare meglio il bene comune e ad individuare il senso ultimo del loro cammino in avanti.<br /> <br />I vostri paesi cercano di costruire una civiltà moderna, mediante sforzi spesso ingegnosi e generosi che si guadagnano tutta la nostra simpatia e i nostri incoraggiamenti, in quanto siano conformi alle leggi morali iscritte dal Creatore nel cuore umano. Ora, questa civiltà non ha bisogno, forse, di un’ energia spirituale nuova, d’ un amore senza frontiere, d’ una speranza ferma ? Ecco quanto, con tutta la Chiesa, e sulla linea del nostro Predecessore, vogliamo contribuire a dare al mondo. Indubbiamente, noi siamo molto piccoli e molto deboli per tutto ciò. Ma confidiamo nell’ aiuto di Dio. La Santa Sede si impegnerà con tutte le sue forze. Questo merita il vostro interessamento.<br />Da oggi, i nostri voti più cordiali vi accompagnino nella missione che vi accingete a continuare presso noi, così come avete fatto presso Paolo VI. E invochiamo su ciascuna delle vostre persone, delle vostre famiglie, su ciascuno dei paesi che rappresentate e, su tutti i popoli del mondo, le benedizioni abbondanti dell’ Altissimo. <br /><br /><a name="DISCORSO_DI_GIOVANNI_PAOLO_I_">DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO I </a>AI RAPPRESENTANTI DELLA STAMPA INTERNAZIONALE<br /><br />Venerdì 1° settembre 1978 <br />Nota : il testo in neretto sono le parole che il Papa ha rivolto ai giornalisti lasciando da parte il testo scritto.<br /> <br />Egregi Signori e cari figli,<br />Siamo lieti di poter accogliere già nella prima settimana del Nostro Pontificato una rappresentanza così qualificata e numerosa del « mondo » delle comunicazioni sociali, riunita a Roma in occasione di due avvenimenti che, per la Chiesa Cattolica e per il mondo intero, hanno avuto profondo significato: la morte del Nostro compianto Predecessore Paolo VI, e il recente Conclave, nel quale è stato imposto sulle Nostre umili e fragili spalle il formidabile peso del servizio ecclesiale di sommo Pastore.<br />Questo gradito incontro mi permette di ringraziarvi per i sacrifici e le fatiche che avete affrontato durante questo mese nel servire l'opinione pubblica mondiale, perché anche il vostro è un servizio, e molto importante, offrendo ai vostri lettori, uditori e telespettatori, con la rapidità, la immediatezza richieste dalla vostra responsabile e delicata professione, la possibilità di partecipare a questi storici avvenimenti, alla loro dimensione religiosa, alla loro profonda connessione con i valori umani e le attese della società di oggi.<br />Lo dico con tutta sincerità. C’ è stato il cardinal Mercier che, a sua volta, diceva : “Se venisse San Paolo, farebbe il giornalista. Pierre L’ Hermite de “La Croix” di Parigi, gli ha risposto : “Eh, no, eminenza ! Se venisse San Paolo non farebbe soltanto il giornalista. Farebbe il direttore della Reuter”. Ma, io aggiungo oggi : non solo direttore della Reuter. Oggi, San Paolo andrebbe forse da Paolo Grassi a domandargli un po’ di spazio alla televisione oppure alla NBC.<br />Vogliamo esprimervi in particolare la Nostra gratitudine per l'impegno da voi posto in questi giorni, nel far meglio conoscere all'opinione pubblica la figura, l'insegnamento, l'opera e l'esempio di Paolo VI e per l'attenta sensibilità con cui avete cercato di cogliere e di tradurre nei vostri innumerevoli dispacci e nei vostri ampi commenti, come anche nella moltitudine di immagini che avete trasmesso da Roma, l'attesa di questa Città, della Chiesa Cattolica e di tutto il mondo per un nuovo Pastore che assicurasse la continuità della missione di Pietro.<br />La sacra eredità lasciataci dal Concilio Vaticano II e dai Nostri Predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, di cara e santa memoria, sollecita da Noi la promessa di un'attenzione speciale, di una franca, onesta ed efficace collaborazione con gli strumenti della comunicazione sociale, che voi qui degnamente rappresentate. E' una promessa che volentieri vi facciamo, consapevoli come siamo della funzione via via più importante che i mezzi della comunicazione sociale sono andati assumendo nella vita dell'uomo moderno. Non Ci nascondiamo i rischi di massificazione e di livellamento, che tali mezzi portano con sé, con le conseguenti minacce per l'interiorità dell'individuo, per la sua capacità di riflessione personale, per la sua obiettività di giudizio. Ma sappiamo anche quali nuove e felici possibilità essi offrano all'uomo d'oggi, di meglio conoscere ed avvicinare i propri simili, di percepirne più da vicino l'ansia di giustizia, di pace, di fraternità, di instaurare con essi vincoli più profondi di partecipazione, di intesa, di solidarietà in vista di un mondo più giusto ed umano. Conosciamo, in una parola, la mèta ideale verso la quale ognuno di voi, nonostante difficoltà e delusioni, orienta il proprio sforzo, quella cioè di arrivare, attraverso la « comunicazione », ad una più vera ed appagante « comunione ». E la mèta verso la quale aspira, come ben potete comprendere, anche il cuore del Vicario di Colui, che ci ha insegnato ad invocare Dio come Padre unico ed amoroso di ogni essere umano.<br />Prima di dare a ciascuno di voi e alle vostre famiglie la mia speciale Benedizione, che vorrei estendere a tutti i collaboratori degli Enti di informazione che voi rappresentate, agenzie, giornali, radio e televisioni, vorrei assicurarvi della stima che ho per la vostra professione e della cura che porrò per facilitare la vostra nobile e difficile missione, nello spirito delle indicazioni del Decreto Conciliare « Inter Mirifica », specialmente dell' Istruzione Pastorale « Communio et Progressio ».<br />Se posso aggiungere una preghiera e una vera preghiera, in occasione degli eventi di maggior rilievo o della pubblicazione di importanti Documenti della Santa Sede, voi spesso dovrete presentare la Chiesa, parlare della Chiesa, qualche volta forse commentare il mio umile ministero; spero che lo facciate con amore della verità, con rispetto della dignità umana, perché tale è lo scopo di ogni comunicazione sociale.<br />Io ho letto un po’ divertito, nel pre-conclave, gli articoli di qualche giornale, scritto con retta intenzione, ma dico, un po’ divertito perché ... io ho pensato solo a pregare il Signore che m’ illuminasse a dare il voto alla persona giusta. Non c’ erano correnti. Non c’ erano ... Vi assicuro. Non c’ era nulla di tutto questo. Scritti con buona intenzione ma con un’ altra visuale. Bisognerebbe entrare nella visuale della Chiesa quando si parla della Chiesa. Mi sono ricordato di un episodio della storia del giornalismo italiano : si trattava di Baldasarre Avanzini, allora direttore del “Fanfulla”. Eravamo ai tempi della Guerra Franco-Prussiana. E lui, ai suoi reporters, dava questa direttiva : “Al pubblico non interessa sapere quello che Napoleone III ha detto a Gugliermo di Prussia ! Interessa sapere se aveva i calzoni bigi o rossi; se fumava o no la sigaretta”.<br /> Io ho avuto ... l’ impressione che, a volte, i giornalisti si attardino su cose del tutto secondarie nelle cose di Chiesa. Bisognerebbe colpire il centro. Quelli che sono i veri problemi della Chiesa. Sarebbe anche allora una funzione educatrice del vostro pubblico che vi legge, vi ascolta o vi guarda. Pertanto, vi chiedo sinceramente, vi prego anzi ! di voler contribuire anche voi a salvaguardare nella società odierna quella profonda considerazione per le cose di Dio e per il misterioso rapporto tra Dio e ciascuno di noi, che costituisce la dimensione sacra della realtà umana. Vogliate comprendere le ragioni profonde per cui il Papa, la Chiesa e i suoi Pastori devono talvolta chiedere, nell'espletamento del loro servizio apostolico, spirito di sacrificio, di generosità, di rinuncia per edificare un mondo di giustizia, di amore, di pace.<br />Nella certezza di conservare anche nel futuro il legame spirituale iniziato con questo incontro, vi concediamo di gran cuore la Nostra Apostolica Benedizione.<br />Ed ecco il testo dell'indirizzo d'omaggio rivolto al Santo Padre da Monsignor Deskur<br />Beatissimo Padre,<br />A nome della Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali ho l'onore di presentare a Vostra Santità i qui presenti eccezionalmente numerosi e qualificati giornalisti e operatori dell'informazione televisiva, radiofonica e fotografica, provenienti da tutti gli angoli della terra, i quali, accolti ed assistiti dalla Sala Stampa della Santa Sede, dal Servizio Audiovisivo della Commissione stessa e dalla Radio Vaticana, hanno cercato di assolvere il difficile compito di far partecipare l'opinione pubblica mondiale ai luttuosi avvenimenti della morte e dei funerali del Vostro compianto Predecessore Paolo VI, e poi alla trepida attesa per l'elezione del nuovo Successore di Pietro, al gioioso annuncio « habemus Papam »ed infine, al solenne inizio del Vostro Supremo Ministero.<br />Grazie alle loro corrispondenze da Roma le pagine di tutti i giornali, gli schermi delle televisioni e le voci delle radio di tutto il mondo hanno potuto offrire l'immagine e la figura del nuovo Papa, diffondendo il Suo primo Messaggio, i Suoi primi insegnamenti, il sempre nuovo Annuncio del Vangelo di Cristo.<br />Essi non volevano, né potevano ripartire da Roma senza aver visto da vicino Giovanni Paolo I, senza aver ascoltato una Sua prima parola indirizzata proprio a loro, senza aver chiesto una delle Sue prime Benedizioni per la loro difficile e responsabile professione, per i loro collaboratori, per le loro famiglie.<br /> <br /><a name="OMELIA_DELLA_MESSA_D'_INIZIO">OMELIA DELLA MESSA D' INIZIO</a><br />DEL MINISTERO DI SUPREMO PASTORE<br /> <br />Domenica, 3 settembre 1978<br />Venerabli Fratelli e Figli carissimi,<br />In questa sacra celebrazione, con la quale diamo solenne inizio al ministero di Supremo Pastore, posto sulle nostre spalle, il primo pensiero adorante ed orante si rivolge a Dio, infinito ed eterno, il quale, con una sua decisione umanamente inesplicabile e con la sua benignissima degnazione, Ci ha elevato alla Cattedra del beato Pietro. Ci salgono spontanee alle labbra le parole di San Paolo : “O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio ! Quanto sono incompresibili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie “ (Rom. 11, 33).<br />Il nostro pensiero si rivolge quindi con paterno ed affettuoso saluto, a tutta la Chiesa di Cristo : a questa assemblea, che quasi la rappresenta in questo luogo – carico di pietà, di religione e di arte – che custodisce gelosamente la tomba del Principe degli Apostoli; quella Chiesa poi che ci vede e ci ascolta in quest’ ora attraverso i moderni strumenti della comunicazione sociale.<br />Salutiamo tutti i membri del Popolo di Dio : i Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose, i Missionari, i Seminaristi, i Laici impegnati nell’ apostolato e nelle varie professioni, gli uomini della polittica, della cultura, dell’ arte, dell’ economia, i padri e le madri di famiglia, gli operai, i migranti, i giovani e le giovani, i bambini, gli ammalati, i sofferenti, i poveri.<br />Ma vogliamo anche rivolgere il nostro rispettoso e cordiale salutto a tutti gli uomini del mondo, che Noi consideriamo ad amiamo come fratelli, perché figli dello stesso Padre Celeste, e fratelli tutti in Gesù Cristo (cfr. Mt. 23, 8 s.)<br />Abbiamo voluto iniziare questa nostra omelia in latino, perché – come è noto – esso è la lingua ufficiale della Chiesa, della quale esprime, in maniera palmare ed efficace, l’ universalità e l’ unità.<br /> <br />La parola di Dio, che abbiamo or ora ascoltato, quasi in un crescendo, ci ha presentato anzitutto la Chiesa, prefigurata ed intravista dal profeta Isaia (cfr. Is.2, 2-5), come il nuovo Tempio, al quale affluiscono da tutte le parti, le genti desiderose di conoscere la Legge di Dio e di osservarla docilmente, mentre le terribili armi di guerra sono trasformate in strumenti di pace. Ma questo nuovo tempio misterioso, polo di attrazione della nuova umanità, ci ricorda San Pietro, ha una sua pietra angolare, viva, scelta, preziosa (cfr. 1 Pt. 2, 4-9), che è Gesù risorto, il quale ha fondato la sua Chiesa sugli Apostoli e l’ ha edificata sul beato Pietro, loro capo (cfr. Cost. dogm. Lumen Gentium, 19).<br /> <br />“Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt. 16, 18) : sono le parole gravi e solenni che Gesù, a Cesarea di Filippo, rivolge a Simone, figlio di Giovanni, dopo la professione di fede, che non è stata il prodotto della logica umana del pescatore di Betsaida, o l’ espressione di una sua particolare perspicacia o l’ effetto di una sua mozione psicologica, ma frutto misterioso e singolare di una autentica rivelazione del Padre Celeste. Gesù muta a Simone il nome in Pietro, significando con questo il conferimento di una speciale missione; gli promette di edificare su di lui la propria Chiesa, la quale non sarà travolta dalle forze del male o della morte; gli conferisce le chiavi del regno di Dio, nominandolo così massimo responsabile della sua Chiesa, e gli dà il potere d’ interpretare autenticamente la legge divina. Dinanzi a questi privilegi o, per meglio dire, dinanzi a questi compiti sovrumani affidati a Pietro, S. Agostino ci avverte : “Pietro, per natura, era semplicemente un uomo; per grazia, un cristiano; per una grazia ancora più abbondante, uno e, nello stesso tempo, il primo degli Apostoli” (S. Agostino, In Ioannis Evang. tract., 124, 5 : PL 35, 1973).<br /> <br />Con attonita e comprensibile trepidazione, ma anche con immensa fiducia nella potente grazia di Dio e nella ardente preghiera della Chiesa, abbiamo accettato di diventare il Successore di Pietro nella sede di Roma, assumendo il “giogo”, che Cristo ha voluto porre sulle nostre fragili spalle. E ci par di sentire come indirizzate a Noi, le parole che S. Efrem fa rivolgere da Cristo a Pietro : “Simone, mio apostolo, io ti ho costituito fondamento della Santa Chiesa. O ti ho chiamato già, da prima, Pietro perché tu sosterrai tutti gli edifici; tu sei il sovraintendente di coloro che edificheranno la Chiesa sulla terra; ... tu sei la sorgente della fonte, da cui si attinge la mia dottrina; tu sei il capo dei miei apostoli; ... ti ho dato le chiavi del mio regno” (Sant’ Efrem, Sermones in hebdomandam sanctam, 4, 1 : Lamy T. J., S. Ephraem Syri hymmi et sermones, 1, 412).<br /> <br />Fin dal primo momento della nostra elezione e nei giorni immediatamenti successivi, siamo stati profondamente colpiti ed incoraggiati dalle manifestazioni di affetto dei nostri figli di Roma ed anche di coloro che, da tutto il mondo, ci fan pervenire l’ eco della loro incontenibile esultanza per il fatto che ancora una volta Dio ha donato alla Chiesa il suo Capo visibile. Riecheggiano spontanee nel nostro animo, le commosse parole che il nostro grande e santo Predecessore, S. Leone Magno, rivolgeva ai fedeli romani : “Non cessa di presiedere alla sua sede il beatissimo Pietro, ed è stretto all’ eterno Sacerdote in una unità che non viene mai meno ... E perciò tutte le dimostrazioni d’ affetto, che per degnazione fraterna o pietà filiale avete rivolto a Noi, riconoscete, con maggiore devozione e verità, di averle con me rivolte a colui, alla cui sede noi godiamo non tanto di presiedere, quanto di servire” (S. Leone Magno, Sermo V, 4-5 : PL 54, 155-156).<br />Si la nostra presidenza nella carità è un servizio ed affermandolo Noi pensiamo, non soltanto ai nostri Fratelli e Figli cattolici, ma a tutti coloro che cercano anche di essere discepoli di Gesù Cristo, di onorare Dio, di lavorare per il bene dell’ umanità.<br /> <br />In questo senso, Noi indirizziamo un saluto affettuoso e riconoscente alle Delegazioni delle altre Chiese e Comunità eclesiali, che sono qui presenti. Fratelli non ancora in piena comunione, ci volgiamo insieme verso il Cristo Salvatore, progredendo gli uni e gli altri nella santità in cui Egli ci vuole, ed insieme nel vicendevole amore senza il quale non c’ è cristianesimo, preparando le vie della unità nella fede, nel rispetto della sua Verità e del Ministero che Egli ha affidato, per la sua Chiesa, ai suoi Apostoli e ai loro Successori.<br /> <br />Inoltre, Noi dobbiamo rivolgere un saluto particolare ai Capi di Stato e ai Membri delle Missioni Straordinarie. Siamo molto commossi della vostra presenza, sia che voi siate a capo degli alti destini del vostro Paese, sia che voi rappresentiate i vostri Governi o Organizzazioni Internazionali, che Noi vivamente ringraziamo. Vediamo in tale partecipazione la stima e la fiducia che voi portate alla Santa Sede e alla Chiesa, umile messaggera del Vangelo a tutti i popoli della terra, per aiutare a creare un clima di giustizia, di fraternità, di solidarietà e di speranza, senza il quale il mondo non potrebbe vivere.<br />Tutti, qui, grandi e piccoli, siano assicurati della nostra disponibilità a servirli secondo lo Spirito del Signore !<br /> <br />Circondati dal vostro amore e sostenuti dalla vostra preghiera, iniziamo il nostro servizio apostolico invocando come splendida stella del nostro cammino la Madre di Dio, Maria, “Salus Populi Romani” e “Mater Ecclesiae”, che la Liturgia venera, in modo particolare, in questo mese di settembre. La Vergine, che ha guidato con delicata tenerezza la nostra vita di fanciullo, di seminarista, di sacerdote e di Vescovo, continui ad illuminare e a dirigere i nostri passi, perché, fatti voce di Pietro, con gli occhi e la mente fissi al suo Figlio, Gesù, proclamiamo nel mondo, con gioiosa fermezza, la nostra professione di fede : “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt. 16, 18). Amen.<br /><br /><a name="DISCORSO_DEL_SANTO_PADRE_ALLE_MISSIONI_S">DISCORSO DEL SANTO PADRE ALLE MISSIONI SPECIALI </a><br />PRESENTI PER L’ INIZIO DEL PONTIFICATO<br /> <br /><br /><br />Lunedì, 4 settembre 1978<br /> <br />Eccellenze, Signore, Signori,<br />Durante la celebrazione di ieri, non potevamo avere per voi che un breve saluto. Oggi, vogliamo esprimervi la gioia, l’ emozione, l’ onore che ci procura la vostra partecipazione all’ apertura del nostro Pontificato. Sentiamo per voi, per i vostri Paesi e per le Organizzazioni che rappresentate, una profonda gratitudine.<br />Questo omaggio di tante Nazioni è molto incoraggiante. Non che la nostra persona l’ abbia meritata : ieri non eravamo che un prete e un vescovo di una provincia d’ Italia, che consacrava tutte le sue forze e le sue capacità all’ opera di apostolato affidatogli. Ed ecco che oggi siamo chiamati alla Cattedra dell’ Apostolo Pietro. Siamo eredi della sua grande missione verso tutte le Nazioni, di quella missione che egli ha ricevuto per pura grazia, dalle mani di Nostro Signore Gesù Cristo, il quale, secondo la fede cristiana, è Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Pensiamo spesso a questa frase dell’ Apostolo Paolo : “Questo tesoro lo portiamo in vasi di argilla, poiché si veda bene che questo straordinario potere appartiene a Dio e non proviene da noi” (2 Cor. 4, 7). Fortunatamente non siamo soli : agiamo in comunione con i Vescovi della Chiesa Cattolica di tutto il mondo.<br /> <br />Ciò che ci dà gioia, è che, al di là della benevolenza per la nostra persona, il vostro omaggio manifesta ai nostri occhi l’ attrattiva continua e affascinante che esercitano il Vangelo e le cose di Dio sul nostro universo; tale omaggio esprime la stima e la fiducia che quasi tutte le Nazioni rivolgono alla Chiesa e alla Santa Sede, alle loro attività multiformi nel campo propriamente spirituale, così come al servizio della giustizia, dello sviluppo e della pace. Aggiungiamo che l’ azione degli ultimi Papi, in particolare del nostro venerato Predecessore Paolo VI, ha contribuito a diffonderle sul piano internazionale.<br /> <br />Quanto a noi, siamo pronti a proseguire, secondo le nostre possibilità, quest’ opera disinteressata, e a sostenere quanti vi s’ impegnano. Anche se non conosciamo personalmente tutti i vostri Paesi, e se sfortunatamente non possiamo rivolgerci a ciascuno di voi nella vostra lingua madre, il nostro cuore è aperto a tutti i popoli, a tutte le razze, augurando a ciascuno di trovare il proprio posto nel contesto delle Nazioni e di mettere a frutto il dono che Dio gli ha dato, nella pace e mediante la comprensione e la solidarietà reciproche. Niente di ciò che è veramente umano sarà estraneo a noi. Certo, non abbiamo soluzioni miracolistiche per i grandi problemi mondiali. Tuttavia, possiamo portare qualcosa di veramente prezioso : uno spirito che aiuti a sciogliere questi problemi e li collochi nella dimensione essenziale, quella della carità universale e dell’ apertura ai valori trascendenti, vale a dire, l’ apertura a Dio. Proveremo a svolgere questo servizio con un linguaggio semplice, chiaro, fiducioso.<br /> <br />Permetteteci, ora, di far affidamento sulla vostra amabile collaborazione. Noi ci auguriamo, in primo luogo, che le comunità cristiane possano godere sempre nei vostri Paesi, del rispetto e della libertà ai quali ha diritto ogni coscienza religiosa, e che un giusto spazio sia dato al loro contributo nella ricerca del bene comune. Siamo sicuri che voi continuerete anche ad accogliere con favore le iniziative della Santa Sede, quando si propone di servire la comunità internazionale, di ricordare le esigenze di una convivenza sana, di difendere i diritti e la dignità di tutti gli uomini, specialmente, dei deboli e delle minoranze.<br />Grazie ancora per la vostra visita. Di tutto cuore, invochiamo l’ assistenza di Dio su voi, sui vostri Paesi e sulle Organizzazioni che rappresentate. Che Dio conservi i nostri spiriti illuminati e i nostri cuori nella pace nei momenti di grande responsabilità.<br /> <br /> <br /><a name="DISCORSO_DI_GIOVANNI_PAOLO_I__AL_CLERO_R">DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO I AL CLERO ROMANO</a><br /><br />Giovedì 7 settembre 1978<br /> Ringrazio vivamente il Cardinal Vicario per gli auguri, che mi ha rivolto a nome di tutti i presenti. So di quanto fedele e valido aiuto egli sia stato al mio indimenticabile Predecessore: spero che voglia continuare la stessa collaborazione per me. Saluto affettuosamente Monsignor Vicegerente, i Vescovi Ausiliari, gli Ufficiali dei vari Centri e Uffici del Vicariato, poi tutti i singoli sacerdoti in cura d'anime nell'ambito della Diocesi e del suo Distretto: i parroci in primo luogo, i loro Cooperatori, i Religiosi e, attraverso essi, le Famiglie cristiane e i Fedeli.<br />Secondo il Vangelo<br />Forse avrete notato che, già parlando ai Cardinali nella Cappella Sistina, ho accennato alla « grande disciplina della Chiesa » da « conservare nella vita dei sacerdoti e dei fedeli ». Su questo argomento parlò spesso il mio venerato Predecessore; su di esso mi permetto di intrattenermi con voi brevissimamente in questo primo incontro con confidenza di fratello.<br />C'è la disciplina « piccola », che si limita all'osservanza puramente esterna e formale di norme giuridiche. Io vorrei, invece, parlare della disciplina « grande ». Questa esiste soltanto, se l'osservanza esterna è frutto di convinzioni profonde e proiezione libera e gioiosa di una vita vissuta intimamente con Dio. Si tratta - scrive l'abate Chautard - dell'attività di un'anima, che reagisce continuamente per dominare le sue cattive inclinazioni e per acquistare un po' alla volta l'abitudine di giudicare e comportarsi in tutte le circostanze della vita secondo le massime del Vangelo e gli esempi di Gesù. « Dominare le inclinazioni » è disciplina. La frase « un po' alla volta » indica disciplina, che richiede sforzo continuato, lungo, non facile. Perfino gli angeli visti in sogno da Giacobbe non volavano, ma facevano uno scalino per volta; figuriamoci noi, che siamo poveri uomini privi di ali.<br />La « grande » disciplina richiede un clima adatto. E, prima di tutto, il raccoglimento. Mi è toccato, una volta, di vedere alla stazione di Milano un facchino, che, appoggiata la testa ad un sacco di carbone addossato a un pilastro, dormiva beatamente... I treni partivano fischiando e arrivavano cigolando con le ruote; gli altoparlanti davano continui avvisi frastornanti; la gente andava e veniva con brusio e rumore, ma lui - continuando a dormire - pareva dicesse: « Fate quel che vi pare, ma io ho bisogno di star quieto ». Qualcosa di simile dovremmo fare noi sacerdoti: attorno a noi c'è continuo movimento e parlare di persone, di giornali, di radio e televisione. Con misura e disciplina sacerdotale dobbiamo dire: « Oltre certi limiti, per me, che sono sacerdote del Signore, voi non esistete; io devo prendermi un po' di silenzio per la mia anima; mi stacco da voi per unirmi al mio Dio ».<br />E sentire il loro sacerdote abitualmente unito a Dio è, oggi, il desiderio di molti buoni fedeli. Essi ragionano come l'avvocato di Lione, reduce da una visita al Curato d'Ars. « Cosa avete visto ad Ars? » gli fu chiesto. Risposta: « Ho visto Dio in un uomo ». Analoghi i ragionamenti di S. Gregorio Magno. Egli auspica che il pastore d'anime dialoghi con Dio senza dimenticare gli uomini e dialoghi con gli uomini senza dimenticare Dio. E continua: eviti il pastore la tentazione di desiderare di essere amato dai fedeli anziché da Dio o di essere troppo debole per timore di perdere l'affetto degli uomini; non si esponga al rimprovero divino: « Guai a quelli, che applicano cuscini a tutti i gomiti ». « Il pastore - conclude - deve bensì cercare di farsi amare, ma allo scopo di farsi ascoltare, non di cercare quest'affetto per utile proprio ».<br />I sacerdoti, in un certo grado, sono tutti guide e pastori, ma hanno poi tutti la giusta idea di quello che comporta veramente essere pastore di una Chiesa particolare, ossia Vescovo? Gesù, pastore supremo, di sé, da una parte, ha detto: « Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra », dall'altra ha soggiunto: « Son venuto per servire » ed ha lavato i piedi ai suoi Apostoli. In lui andavano dunque insieme potere e servizio. Qualcosa di simile va detto degli Apostoli e dei Vescovi. « Praesumus - diceva Agostino - si prosumus »; noi Vescovi presiediamo, se serviamo: è giusta la nostra presidenza se si risolve in servizio o si svolge a scopo di servizio, con spirito e stile di servizio. Questo servizio episcopale, però, verrebbe a mancare, se il Vescovo non volesse esercitare i poteri ricevuti. Diceva ancora Agostino: « il Vescovo, che non serve il pubblico (predicando, guidando), è soltanto foeneus custos, uno spaventapasseri messo nei vigneti, perché gli uccelli non becchino le uve ». Per questo è scritto nella « Lumen Gentium »: « I Vescovi governano... con il consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà ».<br />Il servizio pastorale<br />Altra componente della disciplina sacerdotale è l'amore del proprio posto. Lo so: non è facile amare il posto e rimanervici quando le cose non vanno bene, quando si ha l'impressione di non essere compresi o incoraggiati, quando inevitabili confronti con il posto dato ad altri ci spingerebbero a farci mesti e scoraggiati. Ma non lavoriamo per il Signore? L'ascetica insegna: guarda non a chi obbedisci, ma per Chi obbedisci. Soccorre poi la riflessione. Io sono Vescovo da vent'anni: parecchie volte ho sofferto per non poter premiare qualcuno, che veramente meritava; ma, o mancava il posto premio o non sapevo come sostituire la persona o sopravvenivano circostanze avverse. D'altra parte, ha scritto S. Francesco di Sales: « Non c'è nessuna vocazione che non abbia le sue noie, le sue amarezze, i suoi disgusti. A parte quelli che sono pienamente rassegnati alla volontà di Dio, ognuno vorrebbe cambiare la propria condizione con quella degli altri. Quelli che sono Vescovi non vorrebbero esserlo; quelli che sono sposati vorrebbero non esserlo e quelli che non lo sono vorrebbero esserlo. Da dove viene questa generale inquietudine degli spiriti, se non da una certa allergia che noi abbiamo alla costrizione e da uno spirito non buono, il quale ci fa supporre che gli altri stiano meglio di noi? ».<br />Ho parlato dimesso e ve ne chiedo scusa. Posso tuttavia assicurarvi che da quando sono diventato vostro Vescovo vi amo molto. Ed è con il cuore pieno d'amore che vi impartisco la Benedizione Apostolica.<br /> <br /> <br /><a name="DISCORSO_AD_UN_GRUPPO_DI_VESCOVI_DEGLI_S">DISCORSO AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEGLI STATI UNITI </a><br />IN VISITA “AD LIMINA APOSTOLORUM”<br /> <br />Giovedì, 21 settembre 1978<br />Cari fratelli in Cristo,<br />E’ un vero piacere per noi incontrare, per la prima volta, un gruppo di Vescovi Americani nella loro visita ad limina. Diamo a voi il benvenuto con tutto il cuore; desideriamo che vi sentiate a casa, che gustiate la gioia di stare insieme in famiglia. E’ nostro grande desiderio in questo momento confermare voi tutti nella fede e nel vostro ministero al servizio del popolo di Dio; desideriamo che sia vivo il ministero di Pietro nella Chiesa.<br />Dal momento della nostra elezione a Pontefice, abbiamo studiato con particolare attenzione i saggi insegnamenti che il nostro amato predecessore, Paolo VI, ha dato, all’ inizio di quest’ anno ai Vescovi degli Stati Uniti sui temi del Ministero di Riconciliazione della Chiesa, della difesa della vita e dell’ incoraggiamento alla devozione all’ Eucaristia. Questi insegnamenti sono anche i nostri; vogliamo qui riconfermare l’ appoggio ed il sostegno che lui vi ha dato in quei discorsi.<br /> <br />Anche se siamo nuovi nel Pontificato – solo agli inizi – noi desideriamo toccare argomenti di attualità che incidono profondamente sulla vita della Chiesa e che saranno i capisaldi del nostro ministero episcopale. Punto di partenza, secondo noi, è la famiglia cristiana. La famiglia cristiana è tanto importante, ed il suo ruolo così fondamentale per la trasformazione del mondo e l’ edificazione del Regno di Dio, che il Concilio l’ ha definita “Chiesa domestica” (Lumen Gentium, 11).<br /> <br />Non stanchiamoci mai di considerare la famiglia come una comunità di amore : l’ amore coniugale unisce la coppia e genera nuove vite : è il riflesso dell’ amore divino e, secondo la “Gaudium et Spes”, fa parte dell’ alleanza di amore fra Cristo e la sua Chiesa (n. 48). A tutti noi è stata conferita la grazia di nascere in questa comunità di amore; sarà facile per noi sostenerne i valori.<br />Dobbiamo essere quindi il sostegno dei genitori nel ruolo di educatori della propria prole – la prima e migliore catechesi. Come è grande il loro compito : insegnare ai figli l’ amore di Dio, far sì che questo amore diventi per loro una cosa reale. E quante famiglie, sostenute dalla Grazia, svolgono facilmente il loro compito di primum seminarium (Optatam Totius, 2); il seme di una vocazione sacerdotale si nutre con la preghiera della famiglia, l’ esempio della fede e il sostegno dell’ amore.<br />Che cosa meravigliosa quando le famiglie prendono coscienza della propria forza nella santificazione dei coniugi e nella reciproca influenza fra genitori e figli. Inoltre, grazie alla testimonianza di amore delle loro vite, le famiglie possono portare agli altri lo Spirito di Cristo. Una delle grandi eredità del Concilio Vaticano II è stata la partecipazione dei laici – sopratutto, delle famiglie – alla missione salvifica della Chiesa. Non ringrazieremo mai abbastanza il Signore per questo dono.<br /> <br />E’ nostro compito mantenere viva questa conquista del Concilio, sostenendo e tutelando la famiglia. Il nostro stesso ministero diventa così vitale : predicare il mondo di Dio e celebrare i sacramenti. E’ da loro che il nostro popolo trae la sua forza e la sua gioia. E’ nostro compito, inoltre, fortificare le famiglie nella fedeltà alla legge di Dio e della Chiesa. Non dobbiamo avere alcun timore nel proclamare le esigenze del mondo di Dio, perché Cristo è con noi e dice oggi come allora : “Chi ascolta voi, ascolta me” (Lu 10, 16). Un’ importanza particolare riveste l’ indissolubilità del matrimonio cristiano; anche se questa parte del nostro messaggio è difficile, dobbiamo proclamarla con convinzione, perché è parola di Dio e mistero della fede. Ma, allo stesso tempo, siamo vicini al nostro popolo, ai suoi problemi e alle sue difficoltà. Deve sempre sapere che noi lo amiamo.<br /> <br />Oggi desideriamo esprimere il nostro compiacimento ed il nostro apprezzamento per tutti gli sforzi fatti per tutelare e proteggere la famiglia, così come Dio l’ ha creata e come Dio la desidera. Le famiglie cristiane di tutto il mondo si impegnano a rispondere alla loro meravigliosa vocazione e noi siamo vicini a tutte. I sacerdoti ed i religiosi si prodigano per assisterle e proteggerle. Tutti questi sforzi meritano la più alta considerazione. Un nostro speciale incoraggiamento va a coloro che aiutano le coppie a prepararsi al matrimonio cristiano, rendendole partecipi degli insegnamenti della Chiesa e degli ideali più alti della famiglia. Desideriamo aggiungere una particolare parola di apprezzamento per coloro, sopratutto sacerdoti, che prestano la loro opera generosa ed instancabile nei tribunali ecclesiastici, fedeli all’ insegnamento della Chiesa, per salvaguardare il vincolo matrimoniale, per dare testimonianza della sua indissolubilità secondo l’ insegnamento di Gesù, e per assistere le famiglie nei momenti di necessità.<br /> <br />La santità della famiglia cristiana è certamente il mezzo più idoneo a produrre quel sereno rinnovamento della Chiesa che il Concilio così ardentemente auspica.<br />Grazie alla preghiera della famiglia l‘ ecclesia domestica diventa una realtà effettiva e porta alla trasformazione del mondo. L’ impegno dei genitori nell’ infondere l’ amore di Dio nei figli, sostenendoli con l’ esempio, è la più alta forma di apostolato del XX secolo. Ai genitori che si trovano ad affrontare problemi particolari va tutta la nostra sollecitudine pastorale e tutto il nostro amore.<br /> <br />Cari fratelli, desideriamo che voi sappiate qual’ è l’ ordine di precedenza dei nostri compiti. Facciamo tutto il possibile per la famiglia cristiana, così che il nostro popolo possa rispondere alla sua grande vocazione di gioia cristiana e possa prender parte intimamente ed efficacemente alla missione salvifica della Chiesa – che è missione di Cristo. Sappiate che vi siamo vicini nell’ amore del Signore Gesù e di cuore vi impartiamo la nostra Benedizione Apostolica.<br /><br /><br /><br /><a name="DISCORSO_DI_GIOVANNI_PAOLO_I__AL_SINDACO">DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO I AL SINDACO DI ROMA</a><br /><br />Sabato 23 settembre 1978<br /> <br />Onorevole Signor Sindaco,<br />Le sono vivamente grato per queste espressioni deferenti e sincere che Ella, facendosi interprete dei Colleghi della pubblica Amministrazione e dell'intera Cittadinanza Romana, ha voluto rivolgermi durante l'itinerario che dalla residenza Vaticana mi porta alla Cattedrale di San Giovanni in Laterano.<br />Questa sosta intermedia ai piedi del colle del Campidoglio ha per me un particolare significato non soltanto per il carico di memorie storiche che qui s'intrecciano e congiuntamente interessano la Roma civile e la Roma cristiana, ma anche perché mi consente un primo, diretto contatto con i Responsabili della vita cittadina e del suo retto ordinamento. Essa è, perciò, un'occasione propizia per porger loro il mio cordiale e beneaugurante saluto.<br />I problemi dell'Urbe, ai quali con motivata preoccupazione Ella ha accennato, mi trovano particolarmente attento e sensibile in ragione della loro urgenza, della loro gravità e, soprattutto, dei disagi e dei drammi umani e familiari, di cui non di rado sono il segno manifesto. Come Vescovo della Città, ch'è la sede primigenia del ministero pastorale affidatomi, più acutamente sento riflesse nel cuore queste sofferte esperienze, e sono da esse sollecitato alla disponibilità, alla collaborazione, a quell'apporto di ordine morale e spirituale, quale corrisponde alla specifica natura del mio servizio, per poterle almeno alleviare. Questo dico, oltre che a titolo personale, anche a nome dei figli della Chiesa di Dio qui in Roma: dei Vescovi miei collaboratori, dei sacerdoti e dei religiosi, dei membri delle associazioni cattoliche e dei singoli fedeli, in vario modo impegnati nell'azione pastorale, educativa, assistenziale, scolastica.<br />La speranza, di cui ho con piacere sentito l'eco nel suo cortese indirizzo, è per noi credenti - come ho ricordato nell'udienza generale di mercoledì scorso - una virtù obbligatoria ed è un dono eletto di Dio. Valga essa a ridestare in ciascuno di noi e, come confido, in tutti i Concittadini di buona volontà, energie e propositi; valga ad ispirare iniziative e programmi, perché quei problemi abbiano la conveniente soluzione, e Roma resti fedele, nei fatti, a quegli ideali inconfondibilmente cristiani che si chiamano fame e sete di giustizia, attivo contributo alla pace, superiore dignità del lavoro umano, rispetto ed amore per i fratelli, solidarietà a tutta prova verso quelli più deboli.<br /> <br /> <a name="OMELIA_PER_LA_“PRESA_DI_POSSESSO”">OMELIA PER LA “PRESA DI POSSESSO” </a><br />DELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO<br /><br />Sabato 23 settembre 1978<br />Ringrazio di cuore il Cardinale Vicario per le delicate parole, con le quali - anche a nome del Consiglio Episcopale, del Capitolo Lateranense, del Clero, dei Religiosi, delle Religiose e dei fedeli - ha voluto esprimere la devozione ed i propositi di fattiva collaborazione nella diocesi di Roma. Prima testimonianza concreta di questa collaborazione vuol essere la somma ingente raccolta tra i fedeli della diocesi e messa a mia disposizione per provvedere di chiesa e di strutture parrocchiali una borgata periferica della Città, ancora priva di questi essenziali sussidi comunitari di vita cristiana. Ringrazio veramente commosso.<br />1. Il maestro delle cerimonie ha scelto le tre letture bibliche per questa solenne liturgia. Le ha giudicate adatte ed io cerco di spiegarvele.<br />La prima lettura (Is. 60, 1-6) può venir riferita a Roma. È noto a tutti che il Papa in tanto acquista autorità su tutta la Chiesa in quanto è vescovo di Roma, successore cioè, in questa città, di Pietro. Ed in grazia specialmente di Pietro, la Gerusalemme di cui parlava Isaia, può essere considerata una figura, un preannuncio di Roma. Anche di Roma, in quanto sede di Pietro, luogo del suo martirio e centro della Chiesa cattolica, si può dire: « sopra di te, risplenderà il Signore e la Sua gloria si manifesterà... i popoli cammineranno alla tua luce » (Is. 60, 2). Ricordando i pellegrinaggi degli Anni Santi e quelli che continuano a svolgersi negli anni normali con costante afflusso, si può, col profeta, apostrofare Roma così: « Gira intorno gli occhi e guarda:... figli vengono a te da lontano... si riverserà sopra di te la moltitudine delle genti del mare e le schiere dei popoli verranno a te » (Is. 60, 4-5). È un onore questo per il Vescovo di Roma e per voi tutti. Ma è anche una responsabilità. Troveranno, qui, i pellegrini un modello di vera comunità cristiana? Saremo capaci, noi, con l'aiuto di Dio, vescovo e fedeli, di realizzare qui le parole di Isaia scritte sotto quelle citate prima, e cioè: « non si udrà più parlare di violenza nella tua terra... il tuo sarà un popolo tutto di giusti »? (Is. 60, 18.21).<br />Pochi minuti fa il Prof. Argan, sindaco di Roma, mi ha rivolto un cortese indirizzo di saluto e di augurio. Alcune delle sue parole m'hanno fatto venire in mente una delle preghiere, che fanciullo, recitavo con la mamma. Suonava così: « i peccati, che gridano vendetta al cospetto di Dio sono... opprimere i poveri, defraudare la giusta mercede agli operai ». A sua volta, il parroco mi interrogava alla scuola di catechismo: « I peccati, che gridano vendetta al cospetto di Dio, perché sono dei più gravi e funesti? ». Ed io rispondevo col Catechismo di Pio X: « ... perché direttamente contrari al bene dell'umanità e odiosissimi tanto che provocano, più degli altri, i castighi di Dio » (Catechismo di San Pio X, n. 154). Roma sarà una vera comunità cristiana, se Dio vi sarà onorato non solo con l'affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l'amore ai poveri. Questi - diceva il diacono romano Lorenzo - sono i veri tesori della Chiesa; vanno, pertanto, aiutati, da chi può, ad avere e ad essere di più senza venire umiliati ed offesi con ricchezze ostentate, con denaro sperperato in cose futili e non investito - quando possibile - in imprese di comune vantaggio.<br />2. La seconda lettura (Hebr. 13, 7-8; 15-17; 20-21) adatta ai fedeli di Roma. L'ha scelta, come ho detto, il Maestro delle cerimonie. Confesso che parlando essa di obbedienza, mi mette un po' in imbarazzo. È così difficile, oggi, convincere, quando si mettono a confronto i diritti della persona umana con i diritti dell'autorità e della legge! Nel libro di Giobbe viene descritto un cavallo da battaglia: salta come una cavalletta e sbuffa; scava con lo zoccolo la terra, poi si slancia con ardore; quando la tromba squilla, nitrisce di giubilo; fiuta da lungi la lotta, le grida dei capi e il clamore delle schiere (cfr. Giobbe, 39, 15-25). Simbolo della libertà. L'autorità, invece, rassomiglia al cavaliere prudente, che monta il cavallo e, ora con la voce soave, ora lavorando saggiamente di speroni, di morso e di frustino, lo stimola, oppure ne modera la corsa impetuosa, lo frena e lo trattiene. Mettere d'accordo cavallo e cavaliere, libertà e autorità, è diventato un problema sociale. Ed anche di Chiesa. Al Concilio s'è tentato di risolverlo nel quarto capitolo della « Lumen Gentium ». Ecco le indicazioni conciliari per il « cavaliere »: « I sacri pastori, sanno benissimo quanto contribuiscano i laici al bene di tutta la Chiesa. Sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutta la missione della salvezza che la Chiesa ha ricevuto nei confronti del mondo, ma che il loro magnifico incarico è di pascere i fedeli e di riconoscere i loro servizi e i loro carismi, in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misura, all'opera comune » (L.G., 30). Ed ancora: sanno anche, i pastori, che « nelle battaglie decisive è talvolta dal fronte che partono le iniziative più indovinate » (L.G. 37, nota 7). Ecco, invece, un'indicazione del Concilio per il « generoso destriero » cioè per i laici: al vescovo « i fedeli devono aderire come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre » (L.G., 27). Preghiamo che il Signcre aiuti sia il vescovo che i fedeli, sia il cavaliere che i cavalli. M'è stato detto che nella diocesi di Roma sono numerose le persone che si prodigano per i fratelli, numerosi i catechisti; molti anche aspettano un cenno per intervenire e collaborare. Che il Signore ci aiuti tutti a costituire a Roma una comunità cristiana viva e operante. Non per nulla ho citato il capitolo quarto della « Lumen Gentium »: è il capitolo della « comunione ecclesiale ». Quanto detto, però, riguarda specialmente i laici.<br />I sacerdoti, i religiosi e le religiose, hanno una posizione particolare, legati come sono o dal voto o dalla promessa di obbedienza. Io ricordo come uno dei punti solenni della mia esistenza il momento in cui, messe le mie mani in quelle del vescovo, ho detto: « Prometto ». Da allora mi sono sentito impegnato per tutta la vita e mai ho pensato che si fosse trattato di cerimonia senza importanza. Spero che i sacerdoti di Roma pensino altrettanto. Ad essi ed ai religiosi S. Francesco di Sales ricorderebbe l'esempio di S. Giovanni Battista, che visse nella solitudine, lontano dal Signore, pur desiderando tanto di essergli vicino. Perché? Per obbedienza; « sapeva - scrive il santo - che trovare il Signore all'infuori dell'obbedienza significava perderlo » (F. De Sales, Oeuvres, Annecy, 1896, p. 321).<br />3. La terza lettura (Mt. 28, 16-20) ricorda al vescovo di Roma i suoi doveri. Il primo è di « ammaestrare », proponendo la parola del Signore con fedeltà sia a Dio sia agli ascoltatori, con umiltà ma con franchezza non timida. Tra i miei santi predecessori vescovi di Roma due sono anche Dottori della Chiesa: S. Leone, il vincitore di Attila, e S. Gregorio Magno. Negli scritti del primo c'è un pensiero teologico altissimo e sfavilla una lingua latina stupendamente architettata; non penso nemmeno di poterlo imitare, neppure da lontano.<br />Il secondo, nei suoi libri, è « come un padre, che istruisce i propri figlioli e li mette a parte delle sue sollecitudini per la loro eterna salvezza » (I. Schuster, Liber Sacramentorum, vol. I, Torino 1929, p. 46). Vorrei cercare di imitare il secondo, che dedica l'intero libro terzo della sua « Regula Pastoralis » al tema « qualiter doceat », come cioè il pastore debba insegnare. Per quaranta interi capitoli Gregorio indica in modo concreto varie forme di istruzione secondo le varie circostanze di condizione sociale, età, salute e temperamento morale degli uditori. Poveri e ricchi, allegri e melanconici, superiori e sudditi, dotti e ignoranti, sfacciati e timidi, e via dicendo, in quel libro, ci sono tutti, è come la valle di Giosafat. Al Concilio Vaticano II parve nuovo che venisse chiamato « pastorale » non più ciò che veniva insegnato ai pastori, ma ciò che i pastori facevano per venire incontro ai bisogni, alle ansie, alle speranze degli uomini. Quel « nuovo » Gregorio l'aveva già attuato parecchi secoli prima, sia nella predicazione sia nel governo della Chiesa.<br />Il secondo dovere, espresso dalla parola « battezzare », si riferisce ai Sacramenti e a tutta la liturgia. La diocesi di Roma ha seguito il programma della CEI « Evangelizzazione e Sacramenti »; conosce già che evangelizzazione, sacramento e vita santa sono tre momenti di un unico cammino: l'evangelizzazione prepara al sacramento, il sacramento porta chi l'ha ricevuto a vivere cristianamente. Vorrei che questo grande concetto fosse applicato in misura sempre più larga. Vorrei pure che Roma desse il buon esempio in fatto di Liturgia celebrata piamente e senza « creatività » stonate. Taluni abusi in materia liturgica hanno potuto favorire, per reazione, atteggiamenti che hanno portato a prese di posizione in se stesse insostenibili e in contrasto col Vangelo. Nel fare appello, con affetto e con speranza, al senso di responsabilità di ognuno di fronte a Dio e alla Chiesa, vorrei poter assicurare che ogni irregolarità liturgica sarà diligentemente evitata.<br />Ed eccomi all'ultimo dovere vescovile: « insegnare ad osservare »; è la diaconia, il servizio della guida e del governare. Benché io abbia già fatto per vent'anni il vescovo a Vittorio Veneto e a Venezia, confesso di non aver ancora bene « imparato il mestiere ». A Roma mi metterò alla scuola di S. Gregorio Magno, che scrive: « sia vicino (il pastore) a ciascun suddito con la compassione; dimenticando il suo grado, si consideri eguale di sudditi buoni, ma non abbia timore di esercitare contro i malvagi i diritti della sua autorità. Ricordi: mentre tutti i sudditi levano al cielo ciò che egli ha fatto di bene, nessuno osa biasimare ciò che ha fatto di male; quando reprime i vizi, non cessi di riconoscersi con umiltà eguale ai fratelli da lui corretti; e si senta davanti a Dio tanto più debitore quanto più impunite restano le sue azioni davanti agli uomini » (Reg. Past. Parte II, cc. 5 e 6 passim).<br />Qui finisce la Spiegazione delle tre letture bibliche. Mi sia permesso aggiungere una sola cosa: è legge di Dio che non si possa fare del bene a qualcuno, se prima non gli si vuole bene. Per questo, S. Pio X, entrando patriarca a Venezia, aveva esclamato in S. Marco: « Cosa sarebbe di me, Veneziani, se non vi amassi? ». Io dico ai romani qualcosa di simile: posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono.<br />Ed ecco il testo dell'indirizzo di saluto rivolto al Papa dal Cardinale Ugo Poletti.<br />Beatissimo Padre,<br />Intimamente unito ai Vescovi del Consiglio Episcopale di Roma, e al Capitolo Lateranense, ho la gioia e la responsabilità di riassumere i sentimenti di fede, di amore, di devozione, di disponibile collaborazione che Clero, Religiosi e popolo della vostra Diocesi Romana oggi desiderano manifestarvi con limpidezza e sincerità assoluta.<br />Annunciando questa Vostra visita alla Patriarcale Arcibasilica del SS.mo Salvatore in Laterano, custode della Cattedra del Vescovo di Roma, ho osato dire che si trattava di un incontro tutto romano, non già per mancanza di riguardo o di considerazione ai Membri della Curia della Santa Sede, che pure si chiama Romana, o agli illustri Rappresentanti di tanti popoli fratelli qui presenti a farVi onore, bensì per ricordare a noi stessi una particolare dimensione di vita ecclesiale e una conseguente responsabilità, che deriva dal vincolo nostro con la Vostra Persona.<br />Siamo figli Vostri, come tutti i membri della Chiesa Cattolica, ma con una peculiarità che è unica: questa santa Chiesa diocesana di Roma appartiene solo a Voi e nessun Confratello nell'Episcopato può condividerne con Voi la paternità.<br />Siamo Vostra personale porzione ed eredità, rappresentata da quella Cattedra di Pietro, di cui il Laterano è spiritualmente custode, con la quale avete pure ereditato la paternità e il Magistero Universale nella Chiesa Cattolica.<br />Abbiamo un titolo personale a ricevere da Voi nutrimento e sostegno con la Parola di Dio, con l'esercizio della carità e pazienza paterna, con l'attenzione e sollecitudine immediata, affinché la nostra Fede non venga meno e la nostra vita cristiana non si illanguidisca.<br />Tuttavia se ci fermassimo a queste sole considerazioni saremmo figli inerti, gretti, meschini: non saremmo certo Vostra corona e gaudio.<br />Noi Vi ringraziamo per questo incontro, nella presa di possesso della Vostra Cattedra Episcopale, perché ci date la gioia di avvertire più acutamente e filialmente alcune nostre responsabilità attive, gravi e stimolanti.<br />Noi avvertiamo che, a causa dell'intima comunione del Popolo di Dio col suo Vescovo, siamo pure in qualche modo partecipi del grave compito Vostro della costruzione della Santa Chiesa nel mondo. Non solo in Roma noi dobbiamo dare spazio e corpo, avvertibile dovunque alla Vostra azione pastorale ed alla Vostra carità; non solo, come figli che abitano in casa, dobbiamo aiutare il Padre nell'accoglienza dei fratelli che vengono da lontano; ma dalla Vostra stessa presenza e missione siamo aiutati, come nessun altro, a crescere in una dimensione di Fede veramente cattolica, in una testimonianza di carità verso i poveri, gli umili, i piccoli, gli emarginati che sia palesemente percepita dalle altre Chiese sorelle.<br />Sono doveri che la Vostra presenza qui, oggi ci ricorda con una autorevolezza unica.<br />Profondamente consapevoli delle nostre debolezze, limitazioni e contraddizioni, che, nella vita ecclesiale della Città si mescolano alle singolari sue capacità di bene e a forze vive cristiane, operanti ad ogni livello, culturale, popolare, di dirigenza o di comunità, noi avvertiamo un'altra responsabilità della « comunione ecclesiale » con Voi, nostro Vescovo e Padre: noi costituiamo per Voi lo spazio di verifica di tutto il bene e il dolore che, in espressioni e dimensioni diverse, si muove e si estende nel mondo. Per usare un termine tecnico moderno, la Diocesi di Roma costituisce per il Papa l'« indagine campione » immediata, viva, gioiosa o dolorante, della vita umana e cristiana diffusa in tutto il mondo.<br />Forse per questo le tensioni, aspirazioni, possibilità operative, compensi e squilibri sociali, morali, religiosi che esistono inevitabilmente in ogni città, forse anche in proporzioni maggiori, tuttavia a Roma assumono un'eco singolare e mondiale, che viene immediatamente percepita. Cosicché, a mano a mano che conoscerete intimamente la Vostra Chiesa diocesana, Voi avvertirete misteriosamente la pulsazione del cuore del mondo.<br />Riflettendo su questa situazione, noi ci sentiamo impegnati a darVi un contributo, quanto più possibile vero, autentico, per facilitare la Vostra missione di Pastore e Padre universale.<br />Siamo presuntuosi? Compatiteci, Padre Santo, come deboli creature; comprendeteci come persone volenterose; amateci e sosteneteci come figli sinceri, che vogliono esservi fedeli.<br />Sul filo di queste considerazioni, la gioia esplosiva della Vostra Chiesa nell'incontro col suo Vescovo, si fa più riflessiva e consapevole. La gioia non può sostituire il dovere, ma dal dovere avvertito e compiuto si consolida la gioia portatrice di nuovi frutti.<br />Voi - in una continuazione dell'opera del venerato Papa Paolo VI, fatta così umana e sensibile negli ultimi anni - già ci avete dato molto in fiducia, in amabile paternità e ancor più ci darete in fortezza spirituale e in assistenza magisteriale e morale.<br />Noi, piccoli, che cosa possiamo offrirvi? Un dono che rientri nella collaborazione di Fede e di carità, in aiuto dei più poveri.<br />Parrocchie, Istituti Religiosi e fedeli hanno risposto generosamente all'invito, da me lanciato, di offrirvi la possibilità di costruire una « casa di Dio e di carità fraterna » in una borgata modesta di Roma: a Castelgiubileo sulla Salaria, dove la Parrocchia dei Santi Crisante e Daria è ancor priva di tutte le strutture parrocchiali.<br />Sono stati raccolti finora oltre cento milioni; il primo dono paterno che Papa Giovanni Paolo offre alla sua Diocesi di Roma.<br />Benedite, Padre Santo, il Cardinale Vicario e i Vescovi Vostri collaboratori, il Venerando Capitolo e Clero Lateranense, il Presbiterio diocesano coi Seminari e con gli Istituti; ma soprattutto la Città e Diocesi di Roma, con tutti i suoi responsabili religiosi e civili, e specialmente coi suoi figli, in particolare i più poveri e gli ammalati, con l'auspicio di Maria « Salus Populi Romani ».<br /><br /><br /><br /><a name="DISCORSO_AD_UN_GRUPPO_DI_VESCOVI_DELLE_F">DISCORSO AD UN GRUPPO DI VESCOVI DELLE FILIPPINE </a><br />IN VISITA “AD LIMINA APOSTOLORUM”<br /> <br />Giovedì, 28 settembre 1978<br />Cari fratelli in Cristo,<br />Nel ricevervi con profondo affetto desideriamo ricordarvi un passo del breviario, che ci ha colpito profondamente. Riguarda Cristo ed è stato citato da Paolo VI nel corso della sua visita nelle Filippine : “Devo essere testimone del suo nome : Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente ... Egli è il Re del nuovo mondo; è il segreto della storia : è la chiave del nostro destino” (XIII Domenica dell’ anno : Omelia del 29 novembre 1970).<br />Da parte nostra, speriamo di darvi il nostro sostegno e il nostro incoraggiamento nella grande missione dell’ episcopato : annunciare Gesù Cristo ed evangelizzare il suo popolo.<br /> <br />Tra i diritti dei fedeli, uno dei più grandi è quello di ricevere la parola di Dio nella sua integrità e nella sua purezza, con tutte le sue esigenze e con il suo potere. Una grande sfida dei nostri tempi è l’ evangelizzazione piena di tutti i battezzati. In questo, i Vescovi hanno una grossa responsabilità. Il nostro messaggio deve essere un chiaro annuncio della salvezza in Gesù Cristo. Dobbiamo ripetere con Pietro, dinnanzi al mondo : “Tu hai parole di vita eterna” (Io. 6, 69).<br /><br />Per noi evangelizzare significa diffondere il nome di Gesù, far conoscere la sua identità, i suoi insegnamenti, il suo Regno, le sue promesse. E la sua più alta promessa è la vita eterna. E veramente le parole di Gesù ci conducono alla vita eterna.<br />In una recente udienza generale, parlammo della fede nella vita eterna. Siamo convinti della necessità di esaltare questo punto, per completare il nostro messaggio, per renderlo conforme all’ insegnamento di Gesù.<br /> <br />A imitazione del Signore, che “passò facendo del bene” (Act. 10, 38), la Chiesa ha il compito irrevocabile di sollevare dal bisogno e dalla miseria fisica. Ma la sua carità pastorale non sarebbe completa se non si rivolgesse anche alle “più alte necessità”. Nelle Filippine, Paolo VI fece precisamente questo. Nel momento in cui decise di parlare della povertà, della giustizia e della pace, dei diritti dell’ uomo, della liberazione economica e sociale, proprio quando in lui la Chiesa operava contro la miseria, egli non rimase in silenzio dinnanzi al “più alto bene”, la pienezza della vita del Regno dei Cieli.<br />Ora più che mai dobbiamo aiutare il nostro popolo a capire quanto abbia bisogno di Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria. E’ il Salvatore, la chiave del loro destino e del destino di tutta l’ umanità.<br /> <br />Cari fratelli, siamo strettamente uniti a voi nella vostra opera di evangelizzazione : nel formare i catechisti, nel promuovere l’ apostolato biblico, nell’ assistere e nel incoraggiare i vostri preti nella loro grande missione al servizio della parola di Dio, nel guidare i vostri fedeli alla comprensione e all’ assolvimento dei doveri di amore e di giustizia cristiana. Li teniamo in grandissimo conto, insieme con tutto ciò che fate per il Regno dei Cieli, in modo particolare, ci è a cuore la vocazione missionaria, e speriamo fervidamente che essa fiorisca tra i vostri giovani.<br /> <br />Sappiamo che i filippini sono portatori della luce di Cristo nell’ Estremo Oriente : coloro che annunciano la sua verità, il suo amore, la sua giustizia e la salvezza mediante la parola e l’ esempio, principalmente tra i loro vicini, i popoli dell’ Asia. Sappiamo che per questo compito voi impiegate un grande mezzo di comunicazione : Radio Veritas. E’ nostra grande speranza che di questo strumento e di ogni altro mezzo si avvalgano i filippini per affermare con tutta la Chiesa che Gesù Cristo è il Figlio di Dio e il Salvatore del mondo.<br /> <br />I nostri saluti vadano a tutta la vostra comunità, specialmente ai preti e alle religiose. Vi incoraggiamo a raggiungere una sempre più grande santità di vita, come condizione per una soprannaturale efficacia del vostro apostolato. Amiamo e benediciamo le famiglie delle vostre diocesi e tutto il laicato. Chiediamo agli infermi e agli handicappati di capire quale importante parte abbiano nel piano di Dio e quanto l’ evangelizzazione dipenda da loro.<br /> <br />A tutti voi, fratelli, impartiamo la nostra speciale benedizione apostolica, invocando su di voi gioia e forza in Gesù Cristo.<br /><br /><br /><br /><br /><a name="AI_GESUITI">AI GESUITI </a><br /> <br /> <br />Messaggio (postumo) che il Pontefice doveva rivolgere durante l’ udienza ai procuratori della Compagnia di Gesù, il 30 settembre 1978.<br /> <br /> <br />Carissimi Padri della Compagnia di Gesù !<br /> <br />A tre anni dalla conclusione della XXXII Congregazione Generale siete venuti da tutte le Province dell’ Ordine a Roma per riflettere insieme, per consultarvi, per fare un esame di coscienza, intorno al vostro Preposito Generale, circa la vita e l’ apostolato della Compagnia, secondo quanto prescrivono le Costituzioni.<br /> <br />Desidero dirvi, anzitutto, la mia gioia per questo mio primo incontro con un gruppo così qualificato di figli di S. Ignazio e, altresì, manifestare a voi, ed in voi a tutti i vostri confratelli sparsi per il mondo, la riconoscenza della Chiesa per tutto il bene che il vostro Ordine, fin dalla sua fondazione, ha operato nella Chiesa : un gruppo unito e compatto, quasi una “compagnia di ventura”, desiderosa di mettersi, non alla mercé delle ambizioni politiche di signorotti della terra, ma “sub crucis vexillo Deo militare, et soli Domino et Ecclesiae Ipsius Sponsae, sub Romano Pontifice, Christi in terris Vicario, servire”. L’ iniziale piccolo gruppo, riunito attorno ad Ignazio di Loyola, non si lasciò scoraggiare da alcuna difficoltà, ma, dilatando i propri orizzonti, si lanciò, “ad maiorem Dei gloriam”, alle forme più svariate di apostolato, come sono già descritte nella “Formula Instituti”, approvata dal mio Predecessore Paolo III, nel 1540, e confermata da Giulio III, nel 1550. La Compagnia di Gesù, aperta fin dalle sue origini alle complesse problematiche spirituali emergenti dalla cultura rinascimentale, si presentava saldamente compatta ed unita con uno speciale vincolo al Romano Pontefice a Lui obbedendo “sine ulla tergiversatione aut excusatione illico” ad ogni disposizione concernente il progresso spirituale delle anime, la propagazione della fede e le missioni.<br /> <br />I Papi hanno costantemente e puntualmente voluto esternarvi la loro fiducia. Non posso, in questo momento, non ricordare il mio immediato e venerato Predecessore, il compianto Paolo VI, il quale ha tanto amato, ha tanto pregato, ha tanto operato, ha tanto sofferto per la Compagnia di Gesù. Cito – tra i suoi vari documenti, testimoni della sua paterna sollecitudine per il vostro Ordine – la Lettera del 15 settembre 1973, scritta in vista della convocazione della XXXII Congregazione Generale; il mirabile discorso del 3 dicembre 1974, proprio all’ inizio della medesima Congregazione Generale, nel quale, parlando anche nella sua qualità di “Superiore Supremo della Compagnia”, dava alcune preziose indicazioni come espressione delle sue speranze nei lavori che stavano per iniziare; ed infine, la Lettera del 15 febbraio 1975, nella quale, ribadendo il suo “rispetto profondo e l’ amore appassionato” verso la Compagnia, riaffermava che essa aveva “una spiritualità, una dottrina, una disciplina, un’ obbedienza, un servizio, un esempio da custodire, da testimoniare”. Ho provato sereno conforto nell’ apprendere che, tra gli argomenti che dovrete trattare nelle vostre riflessioni in comune, ci sarà anche quello che riguarda l’ applicazione delle osservazioni fatte dal Santo Padre Paolo VI.<br /> <br />Anch’ io mi unisco ai miei Predecessori nel dirvi l’ affetto che provo per il vostro Ordine, tra l’ altro, anche per la lunga consuetudine che mi ha legato al Padre Felice Cappello, mio conterraneo e lontano parente, la cui memoria è sempre in benedizione.<br />Ma poiché voi, in questi giorni nel raccoglimento e nella preghiera, dovete procedere ad un esame circa lo stato della Compagnia, mediante una valutazione sincera, realistica e coraggiosa della situazione oggettiva, analizzandole, se necessario, le deficenze, le lacune, le zone d’ ombra, voglio affidare alla vostra responsabile meditazione, alcuni punti che mi stanno particolarmente a cuore. Nel vostro lavoro apostolico abbiate sempre presente il fine proprio della Compagnia “Istituita principalmente per la difesa e propagazione della fede e per il profitto delle anime nella vita e dottrina cristiana” (Formula dell’ Istituto). A questo fine spirituale e soprannaturale va subordinata ogni altra attività, che dovrà essere esercitata in maniera adatta ad un Istituto religioso e sacerdotale. Voi ben conoscete e giustamente vi preoccupate dei grandi problemi economici e sociali, che oggi travagliano l’ umanità e tanta connessione hanno con la vita cristiana. Ma, nella soluzione di questi problemi, sappiate sempre distinguere i compiti dei sacerdoti religiosi da quelli che sono propri dei laici. I sacerdoti devono ispirare e animare i laici all’ adempimento dei loro doveri, ma non devono sostituirsi ad essi, trascurando il proprio specifico compito nella azione evangelizzatrice.<br /> <br />Per questa azione evangelizzatrice, S. Ignazio esige dai suoi figli una soda dottrina, acquistata mediante una lunga e accurata preparazione. Ed è stata una caratteristica della Compagnia la cura sollecita di presentare nella predicazione e nella direzione spirituale, nell’ insegnamento e nella pubblicazione di libri e riviste, una dottrina solida e sicura, pienamente conforme all’ insegnamento della Chiesa, per cui la sigla della Compagnia costituiva una garanzia per il popolo cristiano e vi meritava la particolare fiducia dell’ Episcopato.<br />Procurate di conservare questa encomiabile caratteristica; non permettete che insegnamenti e pubblicazioni di gesuiti abbiano a causare confusione e disorientamento in mezzo ai fedeli; ricordatevi che la missione affidatavi dal Vicario di Cristo è di annunciare, in maniera bensì adatta alla mentalità di oggi, ma nella sua integrità e purezza, il messaggio cristiano, contenuto nel deposito della rivelazione, di cui interprete autentico è il Magistero della Chiesa.<br /> <br />Questo naturalmente comporta che negli istituti e facoltà, ove si formano i giovani gesuiti, sia parimente insegnata una dottrina solida e sicura, in conformità con le direttive contenute nei decreti conciliari e nei successivi documenti della Santa Sede riguadanti la formazione dottrinale degli aspiranti al sacerdozio. E ciò è tanto più necessario in quanto le vostre scuole sono aperte a numerosi seminaristi, religiosi e laici, che le frequentano proprio per la sodezza e sicurezza di dottrina che sperano di attingervi.<br />Insieme con la dottrina, deve starvi particolarmente a cuore la disciplina religiosa, che ha pure costituito una caratteristica della Compagnia ed è stata da alcuni indicata come il segreto della sua forza. Acquistata attraverso la severa ascesi ignaziana, alimentata da un’ intensa vita spirituale, sorretta dall’ esercizio di una matura e virile obbedienza, essa naturalmente si manifestava nell’ austerità della vita e nell’ esemplarità del comportamento religioso.<br /> <br />Non lasciate cadere queste lodevoli tradizioni; non permettete che tendenze secolarizzatrici abbiano a penetrare e turbare le vostre comunità, a dissipare quell’ ambiente di raccoglimento e di preghiera in cui si ritempra l’ apostolo, ed introducano atteggiamenti e comportamenti secolareschi, che non si addicono a religiosi. Il doveroso contatto apostolico col mondo non significa assimilazione al mondo; anzi, esige quella differenziazione che salvaguarda l’ identità dell’ apostolo, in modo che veramente sia sale della terra e lievito capace di far fermentare la massa.<br />Siate perciò fedeli alle sagge norme contenute nel vostro Istituto; e siate parimente fedeli alle prescrizioni della Chiesa riguardante la vita religiosa, il ministero sacerdotale, le celebrazioni liturgiche, dando l’ esempio di quella amorosa docilità alla “nostra Santa Madre Chiesa gerarchica” – come scrive S. Ignazio nelle “Regole per il retto sentire con la Chiesa” – perché essa è la “vera sposa di Cristo, Nostro Signore” (cf. Exerc. Spirit., n. 353). Questo atteggiamento di S. Ignazio verso la Chiesa deve essere tipico anche dei suoi figli; e mi piace a questo proposito ricordare la lettera dello stesso Santo a S. Francesco Borgia, del 20 settembre 1548, nella quale raccomandava “L’ umiltà e la riverenza verso la nostra Santa Madre Chiesa e quelli che hanno il compito di governarla e di ammaestrarla” (Epist. et Instruct., 11, 236).<br /> <br />Accogliete queste mie paterne raccomandazioni con lo stesso spirito di sincera carità con cui ve le rivolgo, unicamente desideroso che la vostra e mia Compagnia anche oggi pienamente corrisponda alle intenzioni del Fondatore ed alle attese della Chiesa e del mondo. Precedano i Superiori col loro esempio “Forma facti gregis ex animo” (1 Petr. 5, 3) e con la loro azione paterna, ma ferma e concorde, conscii della loro responsabilità davanti a Dio e alla Chiesa. Cooperino tutti i Padri e Fratelli, memori dei sacri impegni che hanno assunto con la loro professione religiosa in questo Ordine, unito al Vicario di Cristo con uno speciale vincolo di amore e di servizio.<br />E’ il Vicario di Cristo che vi parla, è il nuovo Papa che tanto aspetta e spera della Compagnia, dal suo molteplice e coraggioso apostolato, e ripete fiduciosamente all’ odierno Preposito Generale quel detto, attribuito – se ben ricordo – a Papa Marcello II e rivolto a S. Ignazio : “Tu milites collige et bellatores instrue; nos utemur” (N. Orlandini, Historia Societatis Iesu, p. I, I. XV, n. 3).<br /> <br />La Chiesa anche oggi ha bisogno di apostoli fedeli e generosi che, come tanti figli della Compagnia, sappiano intraprendere e sostenere le più gravi e urgenti imprese apostoliche. “Ovunque nella Chiesa – diceva il mio venerato Predecessore Paolo VI – anche nei campi più difficili e di punta, nei crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali, vi è stato e vi è il confronto fra le esigenze brucianti dell’ uomo e il perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i Gesuiti” (Discorso del 3 dicembre 1974).<br />Ma quanto più ardue e difficili sono le imprese apostoliche a cui siete chiamati, tanto maggiore è la necessità di intensa vita interiore e costante unione con Dio, di cui S. Ignazio vi ha lasciato così luminoso esempio. Da semplice Vescovo, quante volte ho portato S. Ignazio come modello da imitare ai miei sacerdoti ! “Sia ciascuno di voi come Ignazio, in contemplatione activus et in actione contemplativus”, dicevo. E sottolineavo che già S. Agostino aveva scritto : “Nessuno deve essere così contemplativo da non pensare all’ utilità del prossimo; né così attivo da non cercare contemplazione di Dio” (De Civ. Dei, XIX, 19; PL 41, 647).<br />Per realizzare questo ideale è necessario vivere intimamente la propria consacrazione a Dio, osservare in pienezza i voti religiosi, conformarsi fedelmente alle regole del proprio Istituto, come hanno fatto i Santi della vostra Compagnia. Proprio nel giorno della sua professione religiosa, il gesuita S. Pietro Claver sottoscriveva l’ atto con le parole : “Pietro, schiavo dei negri per sempre”, consegnandosi, per i quarant’ anni di vita che gli rimanevano, alle stive delle navi negriere, al porto e alle capanne di Cartagena, fratello vero di tutti i miseri che, dall’ Africa, venivano portati a lavorare come schiavi in America. Anch’ egli, però, in questa immane opera, come S. Ignazio, fu “in actione contemplativus”, fedelissimo, nella lettera e nello spirito, alle Regole della Compagnia.<br /> <br />In questo modo, il fervore delle opere, unito alla santità della vita autenticamente religiosa, renderà efficace e feconda la vostra azione apostolica e sarà un magnifico esempio, che avrà un benefico influsso, sia nella Chiesa, sia specialmente in molti istituti religiosi, che guardano alla Compagnia di Gesù come un costante punto di riferimento.<br /> <br />Con questi voti, invoco sui vostri lavori, larga effusione dei lumi dello Spirito Santo e impartisco di gran cuore a voi ed a tutti i Padri e fratelli della Compagnia sparsi in ogni parte del mondo, la mia Paterna Benedizione Apostolica. </div>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-90213517897152623532008-03-24T17:12:00.006+01:002008-03-24T17:38:19.570+01:00Via Crucis 2008<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">I Colossei si moltiplicano<br /></span></strong><br />di <em>Roberto Maurizio</em><br /><br /></div><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5181347848890569266" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuc8yYk4ER-DXm0_Z5on7a6icvErx8AjE4jpi53Ni8KHxy8N6hCGFiJNBBhHXw538XjHFwehp4PjbKE_xpqkc67wGAkBFJ8mSvCeyIUooYAMvH05ZCWw-ouu5MsHH4KGAxZftiQYwSn8s/s400/240px-Cardinal_Zen.jpg" border="0" /><br /><div align="left"><em>Presentiamo il testo integrale della “Via Crucis”, </em><a title="" href="http://www.asianews.it/files/img/VIA_CRUCISOK.jpg"></a><em>meditazioni e preghiere di sua Eminenza reverendissima il card. Joseph Zen Ze-kiun, S.D.B, Vescovo di Hong Kong. Roma, Colosseo, Venerdì Santo, 21 marzo 2008. Il commento si trova sul sito “Stampa, Scuola e Vita”, </em><a href="http://www.robertomaurizio1947.blogspot.com/"><em>www.robertomaurizio1947.blogspot.com</em></a><br /><br /><strong>Joseph Zen Ze-kiun<br /></strong></div><br /><div align="left">Il Cardinale Joseph Zen Ze-kiun, S.D.B., Vescovo di Hong Kong (Cina), è nato a Yang King-pang, diocesi di Shanghai, il 13 gennaio 1932, da Vincent e Margaret Tseu. «I miei genitori erano cristiani - ricorda - mio padre era così fervente che voleva diventare sacerdote, ma il missionario che lo battezzò lo convinse invece a sposarsi. Ancora oggi - aggiunge - secondo un'antica consuetudine e una pratica saggezza, nella Chiesa cattolica solitamente si tende a non ammettere agli ordini sacri gli appartenenti alla prima generazione di convertiti».«Quando ero bambino alla domenica mio padre mi portava a cinque Messe, due in parrocchia e tre in altre chiese - ricorda ancora il Vescovo di Hong Kong - ma non mi sono mai annoiato. I miei genitori avevano un buon livello di educazione. Sfortunatamente, durante la guerra con il Giappone, mio padre che era ingegnere, si ammalò gravemente, e perdemmo ogni fonte di sostentamento. Per qualche anno vivemmo in estrema povertà, e mia madre fu costretta a vendere i suoi pochi gioielli per procurarci il pane. Il parroco ci aiutò e, conoscendo le mie intenzioni, mi indirizzò presso l'aspirantato che i Salesiani avevano aperto a Shanghai. Essi mi accolsero, e feci il noviziato a Hong Kong. Fu un anno bellissimo. Il superiore, don Carlo Braga, era un sant'uomo, dal cuore grande. Don Braga fu definito il "Don Bosco della Cina"».Nella famiglia salesiana il futuro Vescovo di Hong Kong ha emesso la prima professione il 16 agosto 1949 e quella perpetua il 16 agosto 1955.Ha poi studiato in Italia, alla Facoltà di Teologia del Pontificio Ateneo Salesiano a Torino Crocetta (Istituto internazionale Don Bosco), quindi a Roma. Ordinato sacerdote a Torino l'11 febbraio 1961, ha respirato l'aria del Concilio prima di far ritorno ad Hong Kong nel 1946.Dal suo rientro, è stato insegnante allo studentato salesiano di Hong Kong e al Seminario diocesano «Holy Spirit». Per sei anni è stato Superiore Provinciale per la Cina della Società Salesiana di San Giovanni Bosco. Dal 1989 al 1996, ha insegnato filosofia e teologia sacramentaria in alcuni Seminari cinesi, tra cui quello di Sheshan, alla periferia di Shanghai. Questa struttura ospita i seminaristi delle diocesi delle sei province dell'est della Cina: Fujen, Shandong, Zhejiang, Jiangsu, Hanshui e Shanghai.Il 13 settembre 1996, un anno prima del ritorno di Hong Kong alla Cina, è stato nominato da Giovanni Paolo II Coadiutore della Diocesi di Hong Kong ed ha ricevuto l'ordinazione episcopale il successivo 9 dicembre. Il 23 settembre 2002 è succeduto per coadiuzione.In occasione della XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi nell'ottobre 2005, ha tenuto un applaudito intervento su «Sensus ecclesiae e libertà religiosa». «La Chiesa in Cina - disse - apparentemente divisa in due, una ufficiale riconosciuta dal governo e una clandestina che rifiuta di essere indipendente da Roma, è in realtà una Chiesa sola, perché tutti vogliono stare uniti al Papa. Dopo lunghi anni di separazione forzata, la stragrande maggioranza dei Vescovi della Chiesa ufficiale è stata legittimata dalla magnanimità del Santo Padre. Specialmente negli ultimi anni è risultato sempre più chiaro che i Vescovi ordinati senza approvazione del Romano Pontefice non vengono accettati né dal clero né dai fedeli. Si spera che davanti a questo sensus Ecclesiae il governo veda la convenienza di venire a una normalizzazione della situazione, anche se gli elementi "conservatori" interni alla Chiesa ufficiale vi pongono resistenza, per ovvi motivi di interesse».A conclusione dell'udienza generale di mercoledì 22 febbraio 2006, Papa Benedetto XVI ha annunciato l'intenzione di elevarlo alla dignità cardinalizia. Egli ha così commentato: «Questa nomina è un segno di benevolenza e di affetto del Papa per tutta la Cina. E se io accetto, l'accetto per tutta la Cina. Ho ormai quasi 75 anni e pensavo di andare in pensione. Adesso non so cosa mi accadrà. Staremo agli ordini ed obbediremo. Forse il Papa avrà bisogno ogni tanto di qualche consiglio. Sulla Cina ci sarà molto da lavorare».Parla inglese, italiano, cinese-mandarino e shango.Da Benedetto XVI creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 24 marzo 2006, del Titolo di Santa Maria Madre del Redentore a Tor Bella Monaca.È Membro:delle Congregazioni: per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; per l'Evangelizzazione dei Popoli;dell’XI Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi;del Consiglio Speciale per l’Asia della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.<br /><br /><br /><strong>PRESENTAZIONE<br /></strong><br />Quando Sua Santità Papa Benedetto XVI, per mezzo dell’Eminentissimo Signor Cardinale Tarcisio Bertone, mi chiese di preparare le meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo di quest’anno al Colosseo, non ho avuto la minima esitazione ad accettare tale compito.<br />Ho capito che il Santo Padre, con quel gesto, intendeva manifestare la propria attenzione al grande Continente asiatico e coinvolgere, in particolare, in questo solenne esercizio di pietà cristiana i fedeli della Cina, per i quali la Via Crucis è una devozione molto sentita. Il Papa ha voluto che io portassi al Colosseo la voce di quelle sorelle e di quei fratelli lontani.<br />Certamente il protagonista di questa Via dolorosa è Nostro Signore Gesù Cristo, come ci viene presentato dai Vangeli e dalla tradizione della Chiesa. Ma dietro di Lui c’è tanta gente del passato e del presente, ci siamo noi. Lasciamo che stasera tanti nostri fratelli lontani anche nel tempo siano presenti spiritualmente in mezzo a noi. Essi probabilmente più di noi oggi hanno vissuto nel loro corpo la Passione di Gesù . Nella loro carne Gesù è stato nuovamente arrestato, calunniato, torturato, deriso, trascinato, schiacciato sotto il peso della croce ed inchiodato su quel legno come un criminale.<br />Ovviamente questa sera al Colosseo non ci siamo solo noi. Sono presenti al cuore del Santo Padre e al nostro cuore tutti i « martiri viventi » del ventunesimo secolo. « Te martyrum candidatus laudat exercitus ».<br />Pensando alla persecuzione, pensiamo anche ai persecutori. Nello stendere il testo di queste meditazioni, con grande mio spavento mi sono accorto di essere poco cristiano. Ho dovuto fare grande sforzo per purificarmi dai sentimenti di poca carità verso quelli che hanno fatto soffrire Gesù e quelli che stanno facendo soffrire, nel mondo di oggi, i nostri fratelli. Solo quando mi sono messo davanti ai miei peccati ed alle mie infedeltà, sono riuscito a vedere me stesso tra i persecutori e ho potuto struggermi di pentimento e di gratitudine per il perdono del Maestro misericordioso.<br />Mettiamoci, dunque, a meditare, a cantare e a pregare Gesù e con Gesù per quelli che soffrono a causa del Suo nome, per quelli che fanno soffrire Lui e i Suoi fratelli e per noi stessi peccatori e qualche volta anche Suoi persecutori.<br /><br /><strong>PREGHIERA INIZIALE<br /></strong><br />Il Santo Padre:<br />Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.<br /><br />R. Amen.<br /><br />Gesù Salvatore,<br />ci troviamo riuniti in questo giorno, in quest’ora e in questo luogo, che ci ricorda i tanti Tuoi servi e serve, che, secoli orsono, tra i ruggiti dei leoni affamati e le grida della folla divertita, si sono lasciati sbranare e colpire a morte per la fedeltà al Tuo nome.<br />Noi oggi veniamo qui ad esprimere a Te la gratitudine della Tua Chiesa per il dono della salvezza, operata mediante la Tua Passione.<br />I Colossei si sono moltiplicati attraverso i secoli, là dove i nostri fratelli, in varie parti del mondo, in continuazione della Tua Passione, vengono ancora oggi duramente perseguitati. Insieme con Te e con i nostri fratelli perseguitati di tutto il mondo, iniziamo pieni di commozione questo cammino sulla Via dolorosa, da Te un giorno percorsa con tanto amore.<br /><br /><br /><strong>PRIMA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù in agonia nell’Orto degli ulivi<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 14, 32-36<br /><br />Giunsero ad un podere chiamato Getsèmani, e Gesù disse ai suoi discepoli: « Sedetevi qui, mentre io prego ». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura ed angoscia. Disse<br />loro: « La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate ». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell’ora. E diceva: « Abbà, Padre!<br />Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu».<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Gesù sentiva paura, angoscia e tristezza fino a morire. Si scelse tre compagni, che però presto caddero addormentati, e cominciò a pregare, solo: « Passi da me quest’ora, allontana da me questo calice... Però, Padre, sia fatta la tua volontà ». Era venuto nel mondo per fare la volontà del Padre,<br />ma mai come in quel momento gustò la profondità dell’amarezza del peccato e si sentı` smarrito.<br />Nella Lettera ai Cattolici in Cina, Benedetto XVI ricorda la visione nell’Apocalisse di San Giovanni che piange davanti al libro sigillato della storia umana, del « mysterium iniquitatis ». Solo l’Agnello immolato è capace di togliere quel sigillo. In tante parti del mondo la Sposa di Cristo sta attraversando l’ora tenebrosa della persecuzione, come un tempo Ester, minacciata da Aman, come la « Donna » dell’Apocalisse minacciata dal drago. Vegliamo e accompagniamo la Sposa di Cristo nella preghiera.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù , Dio onnipotente, che Ti sei fatto debolezza a causa dei nostri peccati, Ti sono familiari le grida dei perseguitati, che sono l’eco della tua agonia. Essi chiedono: Perché questa oppressione? Perché questa umiliazione? Perché questa prolungata schiavitù? Tornano alla mente le parole del Salmo: « Svégliati, perchè dormi Signore? Déstati! Non ci respingere per sempre! Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Poiché siamo prostrati nella polvere,<br />il nostro corpo è steso a terra. Sorgi, vieni in nostro aiuto! » (Sal 43, 24-26).<br />No, Signore! Tu non hai usato questo Salmo nel Getsèmani, ma hai detto: « Sia fatta la tua volontà! ». Avresti potuto mobilitare dodici legioni di angeli, ma non l’hai fatto.<br />Signore, la sofferenza ci fa paura. Torna in noi la tentazione di aggrapparci ai mezzi facili di successo. Fa’ che non abbiamo paura della paura, ma confidiamo in Te.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Stabat mater dolorosa<br />iuxta crucem lacrimosa,<br />dum pendebat Filius.<br /><br /><br /><strong>SECONDA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù tradito da Giuda<br />e abbandonato dai suoi<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 14, 43a.45-46.50-52<br /><br />E subito, mentre ancora Gesù parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici. Appena giunto, Giuda gli si avvicinò e disse: « Rabbı` » e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono.<br />Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggı` via nudo.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Tradimento e abbandono da parte di coloro che Egli aveva scelto come apostoli, ai quali aveva confidato i segreti del Regno, nei quali aveva riposto piena fiducia! Dunque, fallimento completo. Quale dolore e quale umiliazione! Ma tutto ciò avvenne come adempimento di quello che<br />avevano detto i profeti. Altrimenti come si sarebbe potuto conoscere la bruttezza del peccato, che è appunto tradimento dell’amore? Il tradimento sorprende, soprattutto se riguarda anche i<br />pastori del gregge. Come hanno potuto fare questo a Lui? Lo spirito è forte, ma la carne è debole. Tentazioni, minacce e ricatti piegano le volontà. Ma quanto scandalo! Quanto dolore al cuore del Signore! Non scandalizziamoci! Le defezioni non sono mai mancate nelle persecuzioni. E dopo ci sono stati spesso i ritorni. In quel giovane, che buttò via il lenzuolo e fuggì nudo (cfr Mc 14, 51-52), autorevoli interpreti hanno visto il futuro evangelista Marco.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Signore, chi fugge dalla Tua Passione rimane senza dignità. Abbi pietà di noi. Noi ci denudiamo dinanzi alla Tua maestà. Mostriamo a Te le nostre piaghe, le più vergognose. Gesù , abbandonare Te è abbandonare il sole. Volendoci sbarazzare del sole, cadiamo nel buio e nel freddo. Padre, ci siamo allontanati dalla Tua casa. Non siamo degni di essere ricevuti di nuovo da Te. Ma Tu dai<br />ordini perché siamo lavati, vestiti, calzati e ci sia messo l’anello al dito.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Cuius animam gementem,<br />contristatam et dolentem<br />pertransivit gladius.<br /><br /><strong>TERZA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è condannato dal Sinedrio<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 14, 55.61b-62a.64b<br /><br />I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: « Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto? ». Gesù rispose: « Io lo sono! ». Tutti sentenziarono che era reo di morte.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Il Sinedrio era la corte di giustizia del popolo di Dio. Ora questa corte condanna il Cristo, il Figlio di Dio benedetto, e lo giudica reo di morte. L’Innocente viene condannato « perché ha bestemmiato», dichiarano i giudici e si stracciano le vesti. Ma noi dall’Evangelista sappiamo che lo hanno fatto per invidia e odio. San Giovanni dice che, in fondo, il sommo sacerdote aveva parlato a nome di Dio: solo lasciando condannare l’innocente Suo Figlio, Dio Padre poté salvare i colpevoli fratelli di Lui. Attraverso i secoli, schiere di innocenti sono state condannate a sofferenze atroci. Qualcuno grida all’ingiustizia, ma sono essi, gli innocenti, che espiano in comunione con Cristo, l’Innocente, i peccati del mondo.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù , Tu non Ti preoccupi di far valere la Tua innocenza, intento come sei solo a ridonare all’uomo la giustizia che ha perduto a causa del peccato. Eravamo Tuoi nemici, non c’era modo di poter cambiare la nostra condizione. Tu Ti sei fatto condannare per darci il perdono. Salvatore, fa’ che non ci facciamo condannare nell’ultimo giorno. « Iudex ergo cum sedebit, quicquid latet apparebit; nil inultum remanebit. Iuste iudex ultionis, donum fac remissionis ante diem rationis».<br /><br />Tutti:<br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />O quam tristis et afflicta<br />fuit illa benedicta<br />mater Unigeniti!<br /><br /><br /><strong>QUARTA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è rinnegato da Pietro<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 14, 66-68.72<br /><br />Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: « Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù ». Ma egli negò dicendo: « Non so e non capisco che cosa dici ». E subito, per la seconda volta un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: « Prima che due volte il gallo<br />canti, tre volte mi rinnegherai ». E scoppiò in pianto.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />« Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò » (Marco 14, 31). Pietro era sincero quando diceva questo, ma non conosceva se stesso, non conosceva la propria debolezza. Era generoso, ma aveva dimenticato di avere bisogno della generosità del Maestro. Pretendeva di morire per Gesù , mentre era Gesù che doveva morire per lui, per salvarlo. Facendo di Simone la « pietra » su cui fondare la Chiesa, Cristo coinvolse l’apostolo nella sua iniziativa di salvezza. Pietro credette ingenuamente di poter dare qualcosa al Maestro, mentre tutto gli veniva dato gratuitamente<br />da Lui, anche il perdono dopo il rinnegamento. Gesù non ritirò la sua scelta di Pietro come fondamento della sua Chiesa. Dopo il pentimento, Pietro fu reso capace di confermare i suoi fratelli.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Signore, quando Pietro parla, illuminato dalla rivelazione del Padre, Ti riconosce Cristo, Figlio del Dio vivente. Quando invece si fida della sua ragione e della sua buona volontà, diventa ostacolo alla Tua missione. La presunzione gli fa rinnegare Te, suo Maestro, mentre l’umile pentimento lo riconfermerà roccia su cui Tu edifichi la Tua Chiesa. La Tua scelta di affidare la continuazione<br />dell’opera di salvezza a uomini deboli e vulnerabili manifesta la Tua saggezza e potenza.<br />Proteggi gli uomini che Tu hai prescelto, Signore, perché le porte degli inferi mai prevalgano contro i Tuoi servi. Rivolgi a noi tutti il Tuo sguardo come quella notte a Pietro, dopo il canto del gallo.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Quæ mærebat et dolebat<br />pia mater, cum videbat<br />Nati poenas incliti.<br /><br /><br /><strong>QUINTA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è giudicato da Pilato<br /><br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 15, 12-15<br /><br />Pilato disse loro di nuovo: « Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei? ». Ed essi di nuovo gridarono: « Crocifiggilo! ». Pilato diceva loro: « Che male ha fatto? ». Ma essi gridarono più forte: « Crocifiggilo! ». Pilato, volendo dar soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Pilato sembrava potente, aveva diritto di vita e di morte su Gesù . Prendeva gusto ad ironizzare sul «Re dei Giudei », ma in realtà egli era debole, vile e servile. Temeva l’imperatore Tiberio, temeva il popolo, temeva quei sacerdoti, che pur disprezzava nel cuore. Consegnò alla crocifissione Gesù , che egli sapeva essere innocente. Nel velleitario tentativo di salvare Gesù , diede pure<br />libertà ad un pericoloso omicida. Inutilmente cercava di lavarsi quelle mani grondanti di sangue innocente. Pilato è immagine di tutti coloro che detengono l’autorità come strumento di potere e non si curano della giustizia.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù , con il Tuo coraggio di dichiararti re hai cercato di risvegliare Pilato alla voce della sua coscienza. Illumina la coscienza di tante persone costituite in autorità, perché riconoscano l’innocenza dei tuoi seguaci. Da’ loro il coraggio di rispettare la libertà religiosa. E ` molto diffusa la tentazione di adulare il potente e di opprimere il debole. E i potenti sono coloro che sono costituiti in autorità, quelli che controllano il commercio e i mass media; ma c’è anche la gente che si lascia facilmente manipolare dai potenti per opprimere i deboli. Come poteva gridare « Crocifiggilo! » quella gente che pur Ti aveva conosciuto come amico compassionevole, che aveva fatto solo del bene a tutti?<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Quis est homo qui non fleret,<br />matrem Christi si videret<br />in tanto supplicio?<br /><br /><br /><strong>SESTA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è flagellato e coronato di spine<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 15, 15b.17-19<br /><br />Pilato dopo aver fatto flagellare Gesù lo consegnò perché fosse crocifisso. Allora i soldati lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: « Salve, re dei Giudei! ». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />La flagellazione in uso allora era una punizione terrificante. L’orribile flagellum dei Romani strappava la carne a brandelli. E la corona di spine, oltre che causare acutissimo dolore, costituiva anche uno scherno alla regalità del divino Prigioniero, come pure gli sputi e gli schiaffi.<br />Torture tremende continuano a emergere dalla crudeltà del cuore umano – e quelle psichiche non sono meno tormentose di quelle fisiche – e sovente le vittime stesse diventano carnefici. Sono senza senso tante sofferenze?<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />No, Gesù , sei Tu che continui a raccogliere e a santificare tutte le sofferenze: quelle degli ammalati, di coloro che muoiono di stenti, di tutti i discriminati; ma le sofferenze che brillano tra tutte sono quelle per il Tuo nome. Per le sofferenze dei martiri, benedici la Tua Chiesa; che<br />il loro sangue diventi seme di nuovi cristiani. Crediamo fermamente che le loro sofferenze, anche se sul momento sembrano completa sconfitta, porteranno la vera vittoria alla tua Chiesa. Signore, da’ costanza ai nostri fratelli perseguitati!<br /><br />Tutti:<br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Pro peccatis suæ gentis<br />vidit Iesum in tormentis<br />et flagellis subditum.<br /><br /><br /><strong>SETTIMA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è caricato della Croce<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 15, 20<br /><br />Dopo essersi fatti beffe di Gesù, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />La croce, il grande simbolo del cristianesimo, da strumento di punizione ignominiosa è diventata vessillo glorioso di vittoria. Ci sono atei coraggiosi che sono pronti a sacrificarsi per la rivoluzione: sono disposti ad abbracciare la croce, ma senza Gesù . Tra i cristiani vi sono « atei » di fatto che<br />vogliono Gesù , ma senza la croce. Ora senza Gesù la croce è insopportabile e senza la croce non si può pretendere di essere con Gesù . Abbracciamo la croce e abbracciamo Gesù e con Gesù<br />abbracciamo tutti i nostri fratelli sofferenti e perseguitati!<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />O divino Redentore, con quale trasporto hai abbracciato la croce, che da lungo desideravi! Essa pesa sulle Tue spalle piagate, ma viene sostenuta da un cuore pieno di amore.<br />I grandi Santi hanno capito cosı` profondamente il valore salvifico della croce da esclamare: «O patire o morire! ». Concedi a noi di accogliere almeno il Tuo invito a portare la croce dietro di Te. Tu hai preparato una croce su misura per ciascuno di noi. Abbiamo davanti alla mente l’immagine di Papa Giovanni Paolo II, che sale la « Collina delle croci » in Lituania. Ognuna di quelle croci aveva una storia da raccontare, storia di dolore e di gioia, di umiliazione e di trionfo, di morte e di<br />risurrezione.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Quis non posset contristari,<br />piam matrem contemplari<br />dolentem cum Filio?<br /><br /><br /><strong>OTTAVA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è aiutato dal Cireneoa portare la Croce<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 15, 21<br /><br />Costrinsero a portare la croce di Gesù un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Simone di Cirene veniva dalla campagna. Si imbatté nel corteo di morte e venne angariato a portare la croce insieme a Gesù . In un secondo tempo, egli ratificò questo servizio, si mostrò felice di essere stato di aiuto al povero Condannato e divenne uno dei discepoli nella Chiesa primitiva.<br />Certamente fu oggetto di ammirazione e quasi di invidia per la sorte speciale di aver sollevato Gesù nelle sue<br />sofferenze.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Caro Gesù , Tu probabilmente hai mostrato al Cireneo la Tua riconoscenza per il suo aiuto, mentre la croce in realtà era dovuta a lui e a ciascuno di noi. Cosı`, Gesù , sei riconoscente a noi ogni volta che aiutiamo i fratelli a portare la croce, mentre facciamo semplicemente il nostro dovere per espiare i nostri peccati. Sei Tu, Gesù , all’inizio di questo circolo di compassione.<br />Tu porti la nostra croce, cosı` che noi siamo resi capaci di aiutare Te nei Tuoi fratelli a portare la croce. Signore, come membra del Tuo Corpo, noi ci aiutiamo a vicenda a portare la croce e ammiriamo l’esercito immenso di cirenei che, pur non avendo ancora la fede, hanno generosamente alleviato le Tue sofferenze nei Tuoi fratelli.<br />Quando aiutiamo i fratelli della Chiesa perseguitata, facci ricordare che, in realtà, siamo noi a essere ancor più aiutati da loro.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Tui Nati vulnerati,<br />tam dignati pro me pati<br />poenas mecum divide.<br /><br /><br /><strong>NONA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù incontra le donne di Gerusalemme<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Luca. 23, 27-28<br /><br />Seguiva Gesù una grande moltitudine di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: « Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli ».<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Le donne, le mamme attingono dall’amore una immensa capacità di sopportazione nella sofferenza. Soffrono a causa degli uomini, soffrono per i loro figli. Pensiamo alle mamme di tanti giovani perseguitati e imprigionati a causa di Cristo. Quante lunghe notti passate nella veglia e in lacrime da quelle mamme! Pensiamo alle mamme che, rischiando arresti e persecuzioni, hanno perseverato<br />a pregare in famiglia, coltivando nel cuore la speranza di tempi migliori.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù , come Ti sei preoccupato, nonostante i tuoi patimenti, di rivolgere la Tua parola alle donne sulla Via della Croce, fa’ sentire anche oggi la Tua voce consolatrice e illuminante a tante donne sofferenti. Tu le esorti a non piangere su di Te, ma su se stesse e sui loro figli.<br />Piangendo su di Te, piangono sofferenze che portano la salvezza all’umanità e sono quindi causa di gioia. Ciò su cui devono piangere, invece, sono le sofferenze dovute ai peccati, che rendono esse e i loro figli e noi tutti come legni secchi meritevoli di essere gettati nel fuoco. Tu, Signore, hai mandato Tua Madre a ripeterci questo stesso messaggio a Lourdes e a Fatima: « Fate penitenza<br />e pregate per fermare l’ira di Dio ». Fa’ che noi finalmente accogliamo con cuore sincero l’accorato appello!<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Eia, mater, fons amoris,<br />me sentire vim doloris<br />fac, ut tecum lugeam.<br /><br /><br /><strong>DECIMA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è crocifisso<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 15, 25.31.34<br /><br />Erano le nove del mattino quando crocifissero Gesù. Anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, fra loro, si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! ». Alle tre, Gesù gridò a gran voce: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? ».<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Gesù denudato, inchiodato, in preda a indicibili dolori, deriso dai suoi nemici, si sente perfino abbandonato dal Padre. E ` l’inferno meritato dai nostri peccati. Sulla croce Gesù è rimasto, non si è liberato. Si sono realizzate in Lui le profezie del Servo sofferente: « Non ha apparenza né bellezza ... non splendore ... Noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio ... Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprı` la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori » (Is 53, 2.4.6-7).<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù crocifisso, non tanto sul Tabor quanto sul Calvario, Tu ci hai rivelato il Tuo vero volto, il volto di un amore che si è spinto fino alla fine. C’è chi per riverenza vuole rappresentarTi coperto dal manto regale anche sulla croce. Ma noi non temiamo di esporTi cosı` come pendevi sul patibolo quel venerdı`, dall’ora sesta all’ora nona.<br />La visione di Te crocifisso ci sprona a vergognarci delle nostre infedeltà e ci riempie di gratitudine per la Tua infinita misericordia. O Signore, quanto Ti è costato l’averci amato!<br />Fidandoci della forza che viene dalla Tua Passione, promettiamo di mai più offenderTi. Desideriamo di avere un giorno l’onore di essere messi noi pure in croce come Pietro e Andrea. Ci incoraggia la serenità e la gioia che abbiamo avuto la grazia di contemplare sui volti dei Tuoi servi fedeli, i martiri del nostro secolo.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Fac ut ardeat cor meum<br />in amando Christum Deum,<br />ut sibi complaceam.<br /><br /><br /><strong>UNDICESIMA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù promette il suo Regno al buon ladrone<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Luca. 23, 33.42-43<br /><br />Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero Gesù e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. Uno dei malfattori disse: « Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno ». Gli rispose: « In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso ».<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Era un malfattore. Rappresenta tutti i malfattori, cioè tutti noi. Ha avuto la fortuna di essere vicino a Gesù nella sofferenza, ma noi tutti abbiamo questa fortuna. Diciamo anche noi: « Signore, ricordati di noi, quando arriverai nel Tuo regno ». Avremo la stessa risposta. E quelli che non hanno la fortuna di essere vicini a Gesù? Gesù è vicino a loro, a tutti e a ciascuno.<br />« Gesù , ricordati di noi »: diciamoglielo per noi, per i nostri amici, per i nostri nemici, e per i persecutori dei nostri amici. La salvezza di tutti è la vera vittoria del Signore.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù , ricordati di me quando, conscio delle mie infedeltà, sono tentato di disperazione.<br />Gesù , ricordati di me, quando, dopo sforzi ripetuti, mi trovo ancora in fondo alla valle.<br />Gesù , ricordati di me, quando tutti si sono stancati di me e nessuno più mi concede fiducia, e io mi ritrovo solo e abbandonato.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Sancta mater, istud agas,<br />Crucifixi fige plagas<br />cordi meo valide.<br /><br /><br /><strong>DODICESIMA STAZIONE<br /></strong><br />La madre e il discepolo accanto alla croce di Gesù<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 25-27<br /><br />Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: « Donna, ecco tuo figlio! ». Poi disse al discepolo: « Ecco tua madre! ». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Gesù dimentica se stesso anche in quel momento supremo e pensa a Sua Madre, pensa a noi. Affida anzitutto Sua Madre al discepolo, come sembra suggerire San Giovanni, o piuttosto affida il discepolo alla Madre? Comunque, per il discepolo Maria sarà sempre la Madre che il Maestro morente gli ha affidato e per Maria il discepolo sarà sempre il figlio che il Figlio morente le<br />ha affidato e a cui sarà spiritualmente vicina soprattutto nell’ora della morte. A fianco poi dei martiri morenti, ci sarà sempre la Madre che sta in piedi, accanto alla loro croce, a sostenerli.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù e Maria, avete condiviso fino in fondo anche la sofferenza: Tu, Gesù , sulla croce e tu, Madre, ai piedi di essa. La lancia ha squarciato il costato del Salvatore e la spada ha trafitto il cuore della Vergine Madre.<br />In realtà, siamo stati noi coi nostri peccati a causare tanto dolore. Accettate il pentimento di noi tutti, che per la nostra debolezza siamo sempre esposti al rischio di tradire, rinnegare e disertare.<br />Accettate l’omaggio di fedeltà di tutti quelli che hanno seguito l’esempio di San Giovanni, che restò coraggiosamente accanto alla croce.<br />Gesù e Maria, vi dono il cuore e l’anima mia. Gesù e Maria, assistetemi nell’ultima agonia. Gesù e Maria, spiri in pace con voi l’anima mia.<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Fac me vere tecum flere,<br />Crucifixo condolere,<br />donec ego vixero.<br /><br /><br /><strong>TREDICESIMA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù muore sulla Croce<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Luca. 23, 46<br /><br />Gesù, gridando a gran voce, disse: « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito ».<br />Detto questo, spirò.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Gesù muore veramente, perché è vero uomo. Consegna al Padre l’ultimo respiro. Oh, com’è prezioso il respiro! Il soffio di vita fu dato al primo uomo, è ridato a noi in modo nuovo dopo la risurrezione di Gesù , affinché siamo capaci di offrire ogni respiro al suo Datore. Quanta<br />paura abbiamo della morte e come siamo tenuti schiavi da questa paura! Il senso e il valore di una vita sono decisi dal come la si sa donare. Già per l’uomo senza fede non è ammissibile che s’aggrappi alla vita perdendone il senso. Per Gesù , poi, non c’è amore più grande di quello di dare la vita per l’amico. Chi è attaccato alla vita la perderà. Chi è pronto a sacrificarla la conserverà.<br />I martiri danno la più alta testimonianza del loro amore. Non si vergognano del loro Maestro davanti agli uomini. Il Maestro sarà orgoglioso di loro davanti a tutta l’umanità nell’ultimo giorno.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Gesù , Tu hai preso la vita umana proprio per poterla donare. Indossando la nostra carne di peccato, Tu, Re immortale, sei diventato mortale. Accettando la morte più tragica e oscura, frutto estremo del peccato, Tu hai posto l’atto supremo di completa fiducia nel Padre. « In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum ».<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Vidit suum dulcem Natum<br />morientem desolatum,<br />cum emisit spiritum.<br /><br /><br /><strong>QUATTORDICESIMA STAZIONE<br /></strong><br />Gesù è deposto dalla croce nel sepolcro<br /><br />D. Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.<br />R.Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.<br /><br />Dal Vangelo secondo Marco. 15, 46<br /><br />Giuseppe d’Arimatea, comprato un lenzuolo, depose il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del<br />sepolcro.<br /><br /><strong>MEDITAZIONE<br /></strong><br />Gesù ha scelto non di scendere vivo dalla croce, ma di risorgere dal sepolcro. Vera morte, vero silenzio, la Parola di Vita tacerà per tre giorni. Immaginiamo lo smarrimento dei nostri progenitori davanti al corpo esanime di Abele, la prima vittima della morte.<br />Pensiamo al dolore di Maria, che accoglie sul suo seno Gesù ridotto a un cumulo di piaghe, verme piuttosto che uomo, non più capace di ricambiare lo sguardo d’amore di Sua Madre. Ora ella deve consegnarlo alle gelide pietre del sepolcro, dopo averlo affrettatamente pulito e composto. Ora c’è solo da aspettare. Sembra interminabile l’attesa del terzo giorno.<br /><br /><strong>PREGHIERA<br /></strong><br />Signore, i tre giorni ci sembrano tanto lunghi. I nostri fratelli forti si stancano, i fratelli deboli scivolano sempre più giù , mentre i prepotenti si ergono spavaldi. Da’ perseveranza ai forti, Signore, scuoti i deboli e converti tutti i cuori.<br />Abbiamo noi ragione ad avere fretta e pretendere di vedere subito la vittoria della Chiesa? Non è forse la nostra vittoria che siamo ansiosi di vedere? Signore, rendici perseveranti nello stare accanto alla Chiesa del silenzio e nell’accettare di scomparire e morire come il chicco di grano.<br />Facci sentire sempre la Tua parola, Signore: « Non abbiate paura! Io ho vinto il mondo. Non manco mai all’appuntamento. Sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo ».<br />Signore, aumenta la nostra fede!<br /><br />Tutti:<br /><br />Pater noster, qui es in cælis:<br />sanctificetur nomen tuum;<br />adveniat regnum tuum;<br />fiat voluntas tua, sicut in cælo, et in terra.<br />Panem nostrum cotidianum da nobis hodie;<br />et dimitte nobis debita nostra,<br />sicut et nos dimittimus debitoribus nostris;<br />et ne nos inducas in tentationem;<br />sed libera nos a malo.<br />Quando corpus morietur,<br />fac ut animæ donetur<br />paradisi gloria.<br />Amen. </div>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-35485154471872002262008-02-18T01:01:00.006+01:002008-02-20T10:21:39.222+01:00Guido Rey. Caffè: un grande Maestro<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">Federico Caffè: profilo di un maestro</span></strong><br /><br /></div><div align="center"><strong>Estratto dal discorso del Prof. Guido Rey</strong></div><br /><div align="center"><strong></strong></div><div align="center">Per l'intitolazione della Facoltà a Federico Caffè in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico 1993-94 (18 gennaio 1994)<br /><br /></div><p align="left"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5168988160552783506" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6if0Rtt8rzkMlP4xQ8RPwTdymgQ9OHrmIkO84FHzR-whF00b7HoMezFu73DLTroog9ujvu5Cf7pj3_ORq5PVFgPtodfItRsmitfycTkbYXDXM8yPsa19O1ahshAG1dYwBxWhxPWlQjU8/s400/caff%C3%A8manifesto.jpg" border="0" /><br />Alle migliaia di studenti che hanno avuto la fortuna di avere F. Caffè come educatore e docente di politica economica egli ha fornito una «concezione della scienza economica come un'opera costante e successiva per cui l'edificio della scienza stessa risulta come una serie di piani che si aggiungono a quelli precedenti in modo da costruire un tutto solido ed armonico».A questi giovani F. Caffè ha dedicato tutta intera la sua vita e a loro volta i giovani lo amavano per la lucidità espositiva, la veemenza nella condanna delle ingiustizie, la profonda dottrina, la vasta cultura e la prosa preziosa e al tempo stesso essenziale. Ai giovani delle ultime generazioni ha saputo trasmettere il suo sdegno all'«idea che un'intera generazione di giovani debba considerare di essere nata in anni sbagliati e debba subire come fatto ineluttabile il suo stato di precarietà occupazionale»Continuo era il suo richiamo all'idea che «l'Università statale non può rinunciare, senza screditarsi, a realizzare quella "eguaglianza delle posizioni di partenza" che è precetto tipico di ogni rispettabile concezione "liberale"».È stato un Maestro severo, esigente, un esempio difficile da imitare, attento a non forzare le inclinazioni dei singoli, sempre pronto ad immedesimarsi ed incuriosirsi per le nuove linee di ricerca proposte dai giovani studiosi ai quali ha insegnato il profondo rispetto per tutte le scuole di pensiero economico. Ricordava ai suoi allievi che: «il compito dell'intellettuale è quello di rimanere fedele al dubbio sistematico come appropriato antidoto alla riaffermazione intransigente di cui spesso si finisce di essere prigionieri» e soprattutto ammoniva che è innaturale ed illusoria la scissione mentale dell'economista in quanto teorico ed in quanto cittadino.Per molti economisti italiani è stato un partecipe fratello maggiore e per molti altri è stato un esempio ed un punto di riferimento per la sua produzione scientifica e per la sua universalmente riconosciuta equanimità e severità di giudizio. Anche lui come Schumpeter ironizzava sulla «originalità soggettiva e cioè il conseguimento autonomo di risultati già da altri raggiunti e la cui tempestiva conoscenza avrebbe potuto evitare una costosa moltiplicazione di sforzi».Non sono mancati gli oppositori alle sue idee e alla sua scuola ma questo, se a volte gli ha procurato cocenti delusioni, non gli ha impedito di essere obiettivo nei suoi giudizi.Il suo pensiero lo si può sintetizzare nell'esigenza di rinnovamento e di continuità poiché il progresso della scienza economica deve necessariamente inglobare quello che di valido vi è nel pensiero degli economisti di qualsiasi indirizzo: in quanto tale il progresso è pluralistico e non monocorde.Al decisore di politica economica F. Caffè raccomandava l'attenzione alla gente comune che produce e risparmia, ai giovani senza lavoro, alla solidarietà verso i più deboli e condannava l'indifferenza verso i trabocchetti, le insidie ed i tripli giochi di personaggi in posizione di autorità che inviavano al Paese chiari ed insinuanti inviti ad arricchirsi.L'obiettivo primario deve essere «il pieno impiego che non è soltanto un mezzo per accrescere la produzione e intensificare l'espansione. È un fine in sé, "poiché porta al superamento dell'atteggiamento servile di chi stenta a trovare un lavoro o nutre il timore di perderlo".Riformista che così definiva: «Egli preferisce, il poco al tutto, il realizzabile all'utopico, il gradualismo delle trasformazioni a una sempre rinviata trasformazione radicale del sistema». «Il riformista è anche consapevole che alla derisione di chi lo considera un impenitente tappabuchi (...) si aggiunge lo scherno di chi pensa che ci sia poco da riformare, né ora né mai in quanto a tutto provvede l'operare spontaneo del mercato».Il suo testamento spirituale lo si legge in uno dei suoi ultimi scritti in cui afferma: «La prospettiva di vita intellettuale valida che mi rimane è troppo limitata perché sia disposto a considerare vacui ideali, a mio avviso irrinunciabili, l'egualitarismo, l'assistenzialismo, lo Stato del benessere».Il suo riformismo è stato sempre rigoroso e ha condannato con dure parole «lo sfruttamento politico degli emarginati; la pressione dei furbi rispetto ai veri bisognosi nell'avvalersi delle varie prestazioni assistenziali, le ripercussioni dannose a carico del bilancio dello Stato dell'inclinazione lassista a voler dare tutto a tutti».La sua profonda conoscenza dei fallimenti del mercato non gli nascondeva il pericolo dei fallimenti dello Stato che considerava ancora più gravi poiché colpiscono le fasce deboli ed emarginate del Paese e ammoniva che la miseria genera odio.Era un profondo conoscitore degli scritti degli studiosi liberali italiani a cominciare da F. Ferrara per finire con G. Del Vecchio e L. Einaudi ai quali F. Caffè era legato dalla comune convinzione che «è soltanto rifacendosi all'uomo come valore in sé che si potrà confidare di apportare qualche elemento di chiarificazione in materie in cui si può dimostrare frastornante non la schematizzazione teorica ma l'esibizione di certezze nelle discussioni di politica economica». Fra queste fragili certezze egli inseriva l'inefficienza dello Stato, la forza creativa del mercato, il parassitismo arrogante della burocrazia.F. Caffè è stato e rimane un Maestro per la convinta e anticipatrice capacità di cogliere gli elementi di novità che si ritrovavano nel pensiero di Keynes del quale amava ricordare che «presto o tardi sono le idee e non gli interessi costituiti che sono pericolose sia in bene che in male». Ugualmente fondamentale è stato il suo impegno ad approfondire gli aspetti analitici e normativi che erano impliciti nell'economia del benessere e a segnalare le sfide che l'economista deve trarre dall'economia del benessere con gli impliciti giudizi di valore da contrapporre alla pilatesca visione dell'economista che si rifugia nel formalismo per non vedersi coinvolto nelle scelte di politica economica. Introdusse in Italia i lavori di J. Tinbergen e R. Frisch come ponte fra l'eleganza formale dell'economia del benessere e l'impegnativa funzione della politica economica come guida alle decisioni.Esemplari sono state le sue ricerche sulle conseguenze occupazionali del progresso tecnico, sul trade-off tra occupazione ed inflazione, sull'esigenza di evitare le ambiguità politiche e teoriche della politica dei redditi.Alcune pagine lungimiranti lo vedono critico delle partecipazioni statali, si può dire dalla loro nascita. Egli affermava che da organismi ambigui non possono che discendere criteri operativi distorti e non era lecito decidere sulla frontiera fra pubblico e privato e sull'alienazione di un patrimonio pubblico costruito con gli sforzi e i sacrifici della collettività, secondo le regole definite per gli amministratori di un patrimonio lasciato loro dai nonni.Un suo intervento particolarmente efficace ed innovativo riguardò la strategia dell'allarmismo economico come riedizione del crollismo ossia l'uso spregiudicato dell'informazione economica da parte dei grandi oligopoli per colpire i lavoratori e le componenti più deboli della società. La sua analisi consentiva di evidenziare un ulteriore fallimento del mercato e al tempo stesso riaffermava il ruolo fondamentale dello studioso libero a tutela dei più deboli economicamente e culturalmente.Scrisse sulla convertibilità della lira, analizzò i movimenti di capitali e denunciò il semplicistico richiamo alla libertà dei mercati senza che venisse ugualmente considerato l'interesse del Paese a vedersi tutelato nei confronti degli incappucciati (come egli amava definirli) ossia gli anonimi speculatori finanziari che privilegiano il lucro di breve periodo e intralciano l'accumulazione produttiva. Del resto i mercati monetari e finanziari nonché le Borse sono sempre stati criticati da Caffè per la loro scarsa trasparenza e per la illusoria capacità di allocare efficientemente il risparmio.Nel dibattito sulle misure di riequilibrio della bilancia dei pagamenti egli ha ricordato incessantemente l'esigenza di non procedere unicamente dal lato delle esportazioni poiché sovente può essere più efficiente per il benessere sociale puntare sulla sostituzione delle importazioni. La sua convinta accettazione dell'idea dell'Europa unita non gli impedì di analizzare e criticare l'aprioristica accettazione del Sistema Monetario Europeo in assenza di politiche di struttura che rafforzassero l'apparato produttivo dei paesi più deboli.E sempre in tema di economia internazionale egli evidenziava la colpevole ignoranza di coloro, specie gli organismi internazionali, che raccomandavano "il lasciar fare" ai paesi poveri e dimenticavano di dimostrare analiticamente come potesse operare la mano invisibile in un'economia mondiale dominata dagli squilibri e dalla concentrazione del benessere in pochi paesi industrializzati.La rassegna dei contributi scientifici di F. Caffè non sarebbe completa se venisse dimenticata la raccolta critica delle opere di F. Ferrara, F.S. Nitti e L. Einaudi, la preziosa azione a favore della diffusione degli autori stranieri meno noti ma precursori dei nuovi filoni di ricerca, la direzione di importanti collane di opere di studiosi italiani e stranieri e infine la sua partecipazione al dibattito economico e politico con appassionati lucidi e eruditi articoli sui principali giornali e riviste italiani.Per concludere vorrei riprendere una frase del discorso di commemorazione di F. Ferrara, il Maestro al quale si ispirò F. Caffè nella sua ultima lezione. Sono parole che ritengo consentano di ricordare degnamente anche F. Caffè: «tutta una generazione si abbeverò alle fonti limpide della sua dottrina e la sua produzione scientifica, così ricca e varia e forte, dovrà essere studiata da chiunque voglia tutti conoscere i segreti dell'economia politica».Credo sia giusto ricordare anche il suo ammonimento: «occorre fare appello ad un vigile senso critico e ad una lunga memoria che, nell'efficace collegamento tra il presente ed il passato, trovi il migliore antidoto al sottile veleno delle presunte certezze».<br /><br /><strong><br /></strong><strong></strong></p><p align="center"><strong>NOTA BIOGRAFICA</strong></p><strong></strong><p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5168988714603564706" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi3yW9-fiBv7hAvnD3BMn0VikFlRqI5oaSOnCLHI45ff5noksPiGflA4LRGxvJnZ-PewUlggphVhHZDKLhst1CAGSW3-gQRHqSZWLvsNpkq0enfCwtxOrevKnC4dBFfjFZwB87Nqqg3Vjw/s400/federico+caff%C3%A8+4.jpg" border="0" />Federico Caffè, nato a Pescara il 6.1.1914, si è laureato con lode in Scienze Economiche e Commerciali presso l'Università di Roma nel 1936. Assistente volontario alla cattedra di Politica economica e finanziaria dal 1939, nell'anno accademico 1946/47 ha vinto una borsa di studio per un soggiorno presso la London School of Economics. Libero docente di politica economica e finanziaria nel 1949 nello stesso anno è stato nominato assistente incaricato alla cattedra di Scienza delle Finanze di cui era titolare G. Del Vecchio. Vincitore nel 1954 del primo concorso a cattedra di Politica economica e finanziaria tenutosi dopo la fine della guerra, è stato professore straordinario della stessa disciplina a Messina passando poi all'insegnamento di Economia politica a Bologna ed infine è stato chiamato a Roma nel 1959 come professore ordinario di Politica economica e finanziaria presso la facoltà di Economia e Commercio. Nel 1984 gli è stato conferito il diploma di prima classe, con medaglia d'oro, per i benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte.Dal 1970 è stato socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei ed è divenuto socio nazionale nel 1986. Alla sua lunga e intensa carriera universitaria si è affiancata un'altrettanto lunga e prestigiosa carriera pubblica che lo vide per un breve periodo capo di gabinetto del Ministro della Ricostruzione Meuccio Ruini nel Governo Parri. Non meno rilevanti sono stati gli incarichi che gli vennero affidati come funzionario del Servizio Studi della Banca d'Italia dove venne assunto nel 1937. Nel 1954, con la sua nomina a professore straordinario, si concluse il rapporto di lavoro e venne nominato consulente del Governatore della Banca d'Italia, incarico che mantenne sino al 1969. Inoltre dalla data della sua istituzione nel 1965 e sino al 1975 ha diretto l'Ente Einaudi per gli studi monetari bancari e finanziari. Ha curato con grande erudizione e gusto filologico la raccolta di opere di F. Ferrara, di F. S. Nitti e di L. Einaudi nonché significative raccolte di saggi di autori italiani e stranieri. La sua dedizione all'Università e gli incarichi ricevuti non lo hanno mai allontanato da un impegno civile che lo ha visto antifascista negli anni della guerra, a contatto con le forze democratico-liberali e azioniste nel dopoguerra, vicino al riformismo cattolico di Cronache Sociali di Dossetti all'inizio degli anni '50 e infine vigile e critico consigliere del sindacato unitario. Era piccolo di statura, riservato, mite ma capace di terribili sfuriate, lettore instancabile, amante della musica, erudito, storico del pensiero economico italiano. Federico Caffè è scomparso nella notte fra il 14 ed il 15 aprile 1987. Autore di oltre 200 pubblicazioni, fra le quali si segnalano le seguenti: - Vecchi e nuovi indirizzi nelle indagini sull'economia del benessere, Tecnica Grafica, Roma, 1953; - Saggi critici di economia, De Luca, Roma, 1958;- Politica economica - Sistematica e tecniche di analisi (2 voll.) Boringhieri, Torino, 1966; - Teorie e problemi della politica sociale, Laterza, Bari, 1970; - Un'economia in ritardo, Boringhieri, Torino, 1976; - Lezioni di Politica Economica, Boringhieri, Torino, 1980;- L'economia contemporanea, Edizioni Studium, Roma, 1981;- In difesa del Welfare State, Rosenberg & Sellier, Torino, 1986. </p>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-80692303147232297002008-02-18T00:51:00.007+01:002008-02-20T10:20:58.637+01:00Federico Caffè<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">UN RICHIAMO AL REALISMO</span></strong><br /><br />di <em>Federico Caffè<br /></em></div><div align="center"><em></em></div><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5168987585027165826" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFA4ZLNjuLY9ozMvqYR_NbZwg5CIrCrJksVyI7ocRB1qYaR9qksaqbj1T3V6c_HJMu2lJCycffJN_IwbHeCPEFA1ejNRdrMCsrsOZ87erOR5CaujfuQKIUeju4fDXRMb66JN7NN24DXaY/s400/federico+caff%C3%A8+banca+d%27italia.gif" border="0" /> <p><em>Questo che segue è l'articolo pubblicato dalla rivista "Cooperazione" del Ministero degli Affari Esteri, sul numero 19, aprile 1981. L'intervento del Prof. Federico Caffè è all'interno del "Primo Piano" "Verso il Nuovo Ordine monetario internazionale", curato da Roberto Maurizio. L'articolo è inserito all'interno del "Dibattito Aperto" su "Moneta e Sviluppo". Oltre al Professore, parteciparono, tra gli altri, Mahbub Ul Haq, Paolo Leon, e Fabrizio Saccomanni.</em></p>Federico Caffè è Professore ordinario di Politica Economica e Finanziaria nella Facoltà di Economia e Commercio dell'Università di Roma.<br /><br />Pareto ha scritto, in qualche parte, che esistono biblioteche intere di volumi dedicati alla moneta catti­va, ma che basterebbe qualche pa­gina per discutere in modo esau­riente sulla moneta buona. Indi­pendentemente dal valore che vo­glia attribuirsi a questa o ad analo­ghe frasi celebri (e non ritengo, per mio conto, che la frase riportata possa essere condivisa), ci trovia­mo in presenza di uno studioso che, con la potenza eccezionale del suo ingegno, è riuscito più di una volta a condensare in una pa­rola o in una formula i semi che hanno alimentato interi rami della letteratura economica. Ma, scen­dendo da simili altezze stratosferi-che di vigore intellettuale al livello ìnfimo in cui mi trovo, condensare in poco tempo il tema che mi è sta­to assegnato appare, a prima vi­sta, ben poco significativo. Poi, ri­flettendo che questa limitatezza di significatività rimarrebbe immuta­ta anche se disponessi di uno spa­zio ben più ampio e considerando soprattutto che negli anni ottanta già ci siamo, credo di poter indica­re, in modesta semplicità, il mio punto di vista sulle prospettive del sistema monetario internazionale. Credo che esso trovi i suoi incon­sapevoli nemici, da un lato, nei profeti del futuro, che inventano con monotona insistenza innume­revoli varianti di nuove monete o di panieri di monete; dall'altro, nei nostalgici del passato che, avendo utilizzato con profitto in una speci­fica circostanza la formula della «messa in comune delle riserve va­lutarie», la ripropongono in ogni occasione, con patetico convinci­mento.<br />Tra l'utopia e l'attaccamento al passato, si colloca ciò che è stori­camente possibile, nell'arco di tempo considerato. Viviamo in an­ni di profonda involuzione cultura­le, in cui atteggiamenti che veni­vano rimproverati a membri del mondo accademico di paesi del socialismo reale rivivono in incre­dibili affermazioni, come quelle dell'economista americano David A. Stockman, il quale ha rimprove­rato ai maggiori modelli econome­trici del suo paese di produrre pre­visioni «ciniche e distruttive». In questo clima da crociata, che è la negazione stessa della dialettica scientifica, penso che gli anni ot­tanta debbano essere dedicati al­la riflessione e all'autocritica, lasciando sedimentare le idee pri­ma di imbarcarsi in nuovi ambizio­si quanto fragili progetti. Su que­sta via dell'autocritica si è lodevolmente posta la Banca Mondia­le, con il completo abbandono del tradizionale concetto di incremen­to di reddito pro-capite su cui ba­sava i suoi prestiti, una volta ac­certato che esso si traduceva nell'accrescere il vantaggio della parte già privilegiata dei paesi sottosviluppati. Tetragono ad ogni spirito autocritico appare, in­vece, il Fondo Monetario Interna­zionale, che persiste nella illusio­ne di poter condizionare le altrui economie senza una effettiva co­noscenza dell'intreccio dei proble­mi economici e sociali che le contraddistingue. Senza una profon­da autocritica di questo atteggia­mento, che offende la scienza più di quanto mortifichi la consapevo­lezza critica dei cittadini dei paesi coinvolti, non vedo un utile futuro per l'attività del Fondo, nel quadro di un sistema monetario interna­zionale che unisca la capacità tecnica con il rispetto della civiltà e della indipendenza politica di ogni membro.<br />Per quanto il quadro degli anni im­mediatamente innanzi a noi sia fo­sco, non mancano segni di speran­za. Un imponente numero di eco­nomisti inglesi ha assunto una fer­ma posizione critica nei confronti del monetarismo. Un autorevole banchiere centrale, Karl Otto Pöhl, presidente della Deutsche Bunde­sbank, ha avuto occasione di affermare, di recente: «La nostra po­litica non mira a un dato insieme di tassi di interesse, considerati come economicamente desidera­bili, né si propone di difendere un particolare tasso di cambio. Persi­no la nostra politica di offerta del­la moneta costituisce uno stru­mento, un obiettivo intermedio, in quanto è legata all'impiego pieno del potenziale produttivo». Questo mi sembra il seme fecondo su cui si potrà cercare di ricostruire la trama di promettenti e stabili inte­se future. Purtroppo, questa lucida affermazione è offuscata dalla preoccupazione che lo stesso per­sonaggio manifesta per l'eccessi­va espansione della spesa pubbli­ca (nella Germania Occidentale!). Allorché questi residui della sag­gezza convenzionale si saranno dissolti e, nel pieno utilizzo del po­tenziale produttivo, si sarà trovato il fine al cui servizio porre lo stru­mento monetario, sul piano inter­nazionale come su quello interno, si sarà compiuto un passo decisi­vo per ricomporre un valido siste­ma monetario tra i vari paesi. Ma questo richiede che gli anni ottan­ta siano dominati dall'autocritica, più che da una vacua progettua­lità.willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-35330024759838040722008-02-01T01:13:00.000+01:002008-02-01T13:43:07.561+01:00La storia della Zizzi<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">La meraviglia e lo stupore<br /></span></strong><strong><span style="font-size:180%;"></span></strong><br /></div><div align="center"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5161804302904257842" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSacnnVLWDbJ59C_5ItKuk9JZL7VySxIZGla2im8pqg6SZluUkjR1xPeCByfY0l9IJu_7qxHNp8u8ULxhn3iM_NE-CncaU_a8oSIQNbWMNGMsm9qGQUn_JHRigPX6z41wIAUfvcn804B8/s400/affido2.jpg" border="0" />di <em>Riccardo Ripoli<br /></em><span style="font-size:85%;">Presidente “Amici della Zizzi”</span></div><br /><div align="center"><em></em></div><div align="justify"><em>Una storia che ha dell’incredibile! Una persona si sveglia la mattina e decide di costruire qualcosa di grandioso. E’ nata così l’idea “imprenditoriale” più sbalorditiva della Toscana, ma che dico Toscana, dell’Italia, e anche di più. Il suo capitale circolante, l'amore, l’indebitamento a breve, la solidarietà, il capitale sociale, tanti sorrisi di bambini e bambine che domani diventeranno grandi. L’ispirazione di costruire un’”Azienda funzionante” per aiutare i bimbi in difficoltà venne 22 anni fa al Dott. Riccardo Ripoli. Tra mille difficoltà, il Presidente dell’Onlus “Amici della Zizzi” (Zizzi era il nomignolo della madre di Riccardo) è riuscito a creare dal nulla una comunità che oggi possiede, tra l’altro, una casa in campagna ad Orentano (Pi) molto bella, con piscina e cavalli e tanto terreno e bosco dove i bambini possono giocare e sfogarsi senza alcun pericolo. Questa storia, tra le tante altre cose belle, ci insegna come per fare del bene non occorre per forza andare in Africa. (RM)</em></div><br /><p><strong>In Africa</strong><br /></p><p align="justify">L'associazione è nata nel 1986, come gruppo, dopo la morte della mia mamma, il cui soprannome era appunto Zizzi, per scopi puramente egoistici.<br />Fino a quel giorno ero pieno di amici, quasi ogni sabato e domenica ne venivano in casa mia 60 o anche più, ma pochi erano i veri amici che mi stettero vicini in quel momento di crisi. Cominciai così a riflettere sul fatto che la mia vita doveva cambiare, che non mi sentivo più adatto ad un certo tipo di vita, che i valori che i miei genitori mi avevano insegnato erano ben altri ed era arrivato il momento di metterli in pratica. Insomma, avevo voglia di fare qualcosa per gli altri con lo scopo di non pensare alla disgrazia che mi era capitata, accorgendomi in seguito che nella vita c'è di peggio. Così a 21 anni, pensai di recarmi in Africa per fare un'esperienza in qualche missione. Ne parlai con un sacerdote, Don Luigi, del Santuario Mariano di Montenero, vicino a Livorno, il quale mi fece riflettere sul fatto che, essendo figlio unico, se me ne fossi andato, avrei lasciato solo mio padre; che avevo iniziato l'università e che ciò che si inizia si deve portare a termine; ma soprattutto mi disse che sarebbe stato meglio se fossi rimasto a Livorno dove c'era tanto da fare per gli altri, senza bisogno di recarsi in Africa. Ero stupito perché reputavo che nella mia città non esistesse miseria o abbandono, ma mi fidai di quel sacerdote dal modo di fare spiccio e sbrigativo e seguii il suo consiglio.<br /><br /><strong>Tre giorni di digiuno</strong><br /></p><p align="justify">Così nel Settembre 1986 andai a parlare con una signora, Olimpia Sgherri, indicatami da Don Luigi come una persona che tanto faceva per gli altri, al punto da essere soprannominata la Madre Teresa di Livorno. Olimpia, dopo avermi ascoltato, mi chiese di andare con lei a dare ripetizioni scolastiche a dei bambini. Ero meravigliato. Era solo quello il tipo di aiuto che potevo dare? Continuò l'atto di fiducia e andai con lei. Mi trovai dinanzi ad una realtà di miseria e di abbandono che non credevo potesse esistere, almeno in Italia. Per tre giorni non mangiai ed il pensiero di quella famiglia, bisognosa di tutto, specialmente di amicizia, di affetto e di considerazione, mi attanagliava. Quello fu l'inizio.<br /><strong><br />Al Santuario di Montenero</strong></p><p align="justify">Cominciai a far visita a quella famiglia insieme a Roberta, l'unica amica che mi fosse sempre stata vicina, a portare loro generi alimentari e vestiario, davo ripetizioni scolastiche ai tre bambini, andavo a parlare con i loro insegnanti, facevo per loro le pratiche burocratiche per avere una casa o un sussidio, li portavo fuori il sabato e la domenica. Olimpia, visto il mio impegno, mi chiese di aiutare un'altra famiglia e poi un'altra, ed un'altra ancora, tanto da averne sette da seguire nel dicembre dello stesso anno attorno alle quali ruotavano circa 50 bambini tra figli, cugini e amici vari. Erano troppi per le mie sole forze. Cominciò così la strenua ricerca di persone che volessero contribuire a darci una mano in questo cammino, sia con la loro opera di volontariato, sia con denaro e generi di prima necessità. Riuscimmo così a radunare una piccola folla e nel Natale 1986 organizzammo una festa al Santuario di Montenero.<br /><strong><br />Dal notaio. Ecco l'Associazione</strong></p><div align="justify">Da quel giorno ognuno di noi si auto tassò ed ogni mese facevamo la spesa per quelle famiglie, continuando parallelamente ad andare nelle loro case per aiutare i bambini nella lezione e farli giocare e portandoli fuori nei fine settimana. Tra quelle famiglie, bisognose di tutto, la voce si sparse e le richieste di aiuto aumentarono. Ci vedevamo così costretti a chiedere denaro al di fuori della nostra cerchia di conoscenze, così, per essere più credibili, decidemmo di dare una veste giuridica al gruppo che si era creato e il 19 maggio 1987 nacque, davanti ad un notaio di Livorno, l'Associazione "Amici della Zizzi", il cui nome voleva ricordare la mia mamma, Zizzi era il soprannome con cui i suoi amici erano soliti chiamarla (il vero nome è Anna Sofia Fulceri). </div><br /><p><strong>La cerimonia inaugurale</strong></p><div align="justify">Cominciammo a darci da fare per farci conoscere e per avere denaro con volantini su tutta Livorno, partecipazioni a trasmissioni sulle Tv locali, organizzazioni di iniziative quali tornei di ping pong, cacce al tesoro, spettacoli, feste, cene.Il 19 Giugno 1987, presso l'hotel Palazzo di Livorno, ci fu la cerimonia di inaugurazione alla quale intervennero oltre 200 persone con la partecipazione del Comune di Livorno rappresentato dall'Assessore allo sport e ai giovani in carica all'epoca, che ci promise una sede. E così è stato. </div><br /><p><strong>Scontro - incontro con i "tossici"</strong></p><div align="justify">Pochi giorni dopo ci fu un incontro con il Presidente della Circoscrizione 7, che prospettò l'uso dei locali di una ex scuola elementare prefabbricata in Via Piemonte 52 nel quartiere di Coteto, all'epoca abbandonata da oltre un anno e luogo abituale di ritrovo di tossicodipendenti. Subito cominciammo a pulire e riparare ciò che era nelle nostre possibilità e presto cominciarono i problemi. I tossicodipendenti, infatti, abituati a ritrovarsi in quel luogo, durante la notte distruggevano ciò che di giorno avevamo cercato di costruire, tanto da costringerci ad andarci a parlare per chiedere loro il favore di non danneggiarci, con la promessa che, una volta finito il lavoro, sarebbero stati ben accetti. Nacque così una sorta di amicizia, al punto che parteciparono anche ad alcune delle nostre iniziative. </div><br /><p><strong>Le segnalazioni di Olimpia</strong></p><div align="justify">A settembre finalmente cominciarono le attività con i bambini, in prevalenza appartenenti al limitrofo quartiere di Salviano, uno fra quelli a più alto tasso di delinquenza della città, facendoli giocare e studiare; parallelamente continuò la distribuzione mensile di un pacco alimentare e di vestiario alle famiglie bisognose segnalate da Olimpia e dagli assistenti sociali (nel giro di pochi mesi erano assistite circa 50 famiglie ed accuditi una ventina di bambini in ogni loro bisogno).</div><br /><p><strong>Dalla polvere ai riconoscimenti</strong></p><div align="justify">I problemi nella vita dell'Associazione non sono mancati nel corso di questi anni: furti, minacce, truffe, tentativi della circoscrizione di riappropriarsi della sede diventata ormai appetibile a molte associazioni e gruppi politici, una denuncia con relativa condanna per abusivismo edilizio per una stalla in legno, riparo per dei cavalli usati per fare ippoterapia con i bambini; ma parimenti non sono mancate neanche le soddisfazioni: riconoscimenti dal Presidente Cossiga, dal Presidente Scalfaro, dal Presidente Ciampi, articoli anche a livello nazionale (Famiglia Cristiana, Pratica, Tuttoturismo, Vita), partecipazione a molte trasmissioni TV su reti nazionali:<br />Unomattina su RAI 1 nel 1992<br />Cuori D'Oro su Retequattro nel 1995 con Enrica Bonaccorti<br />Milleunadonna su RAI 3 nel 1996 con Pamela Villorese<br />La Vita è Meravigliosa su Canale 5 nel Gennaio 2000 con Mara Venier<br />Mediamente su RAI 3 nel Febbraio 2000<br />Al Posto tuo su RAI 2 nel Marzo 2000 con Alda D'Eusanio<br />Unomattina su RAI 1 nell'Ottobre 2000<br />Intervista su Radio Maria nel Novembre 2000.<br />Vincita di taluni premi quali: il Premio Emilio Cagidiaco nel 1989 da parte del Rotary Club di Livorno, il Premio Natale Ina nel 1995, il Premio Al Servizio degli Ultimi da parte del Lions Club di Certaldo nel mese di Aprile del 2000 su segnalazione del Club Lions Porto Mediceo di Livorno.</div><br /><p><strong>A Roma, dal Papa </strong></p><div align="justify">Incontro con il Papa a Roma, 18 Ottobre 2000, durante la settimanale udienza del mercoledì. Non è stato possibile avvicinarlo, ma i posti che erano stati riservati ai membri dell'Associazione da parte della Prefettura Pontificia, erano sul palco. </div><br /><p><strong>e poi, da Violante</strong></p><div align="justify">Anche l'amicizia con l'On. Luciano Violante, Presidente della Camera dei Deputati, è per noi un importante riconoscimento all'opera che svolgiamo. Il primo incontro è stato cercato e duramente conquistato, vincendo lo sbarramento da parte del servizio d'ordine, durante la visita da parte dell'On. Violante al quinto Salone Internazionale sul Volontariato di Padova, organizzato da Civitas alla fine di Aprile del 2000.Appena rientrati a Livorno gli abbiamo scritto una lettera, nella quale gli chiedevamo la possibilità di essere ricevuti a Roma, cosa che è prontamente avvenuta il giorno 8 Giugno 2000. Durante tale incontro l'On. Violante ha voluto sapere tutto delle varie attività con i bambini, e ci ha chiesto se avessimo avuto piacere ad una sua visita a Livorno per avere la possibilità di conoscere i ragazzi. Così il 20 Luglio 2000 l'On. Violante si è recato a Livorno, rimanendo per più di un'ora con i piccoli. E' stata la visita di un amico, più che di un'autorità. I bambini gli hanno fatto una gran festa, ma lui non si è sentito il festeggiato, bensì l'animatore. Ha scherzato con loro, ha voluto sapere come si svolgessero le loro giornate, ha avuto parole di amicizia, ma non di compassione. E' stata una bellissima serata, alla fine della quale i ragazzi erano contentissimi ... e questo è quello che più conta. Dopo foto e brindisi i bambini, i veri protagonisti della serata, come era giusto che fosse, hanno mostrato le foto che scorrevano sul computer, della struttura di campagna, della vecchia casa di Orentano, della sede, delle loro vacanze estive, fornendo gli opportuni chiarimenti e rispondendo alle domande che l'onorevole, di volta in volta, faceva loro. E' stato poi il momento dei saluti e di una promessa da parte dell'On. Violante ... ritrovarsi a Roma in Ottobre, come ospiti, per visitare la Camera dei Deputati. </div><br /><p><strong>A Montecitorio</strong></p><div align="justify">E puntualmente, il 19 Ottobre 2000, siamo andati con i bambini a Roma per l'incontro a Montecitorio. Siamo stati fatti entrare dal portone principale e ricevuti con tutti gli onori. La meraviglia e lo stupore dei ragazzi erano alle stelle. Ognuno li ossequiava quando gli accompagnatori sussurravano "sono gli ospiti del Presidente". Il carissimo amico li ha ricevuti nella più importante sala di Montecitorio, la sala della Lupa (dove è nata la Repubblica italiana). Ha parlato con i bambini, ha donato loro un libro con la sua dedica, per poi mostrargli lo studio dove lavora. Dopo questo sono stati accompagnati a visitare l'intero palazzo con i bambini ammutoliti dallo stupore e dalla meraviglia di trovarsi in un posto tanto bello ed importante. E' nata proprio una bella amicizia, più con l'uomo, piuttosto che con il Presidente della Camera. E' stato fatto un altro piccolo passo avanti nel cammino dell'Associazione con e per i bambini. Un tale riconoscimento è motivo di orgoglio e forse sta a significare che l'Associazione e quanti ne fanno parte siano sulla giusta strada.</div><br /><p><strong>La casa di campagna</strong></p><div align="justify">Adesso abbiamo una casa in campagna ad Orentano (PI) molto bella, con piscina e cavalli e tanto terreno e bosco dove i bambini possono giocare e sfogarsi senza alcun pericolo. Purtroppo c'è da registrare l'assoluta indifferenza del Comune di Castelfranco di Sotto, di cui Orentano costituisce una frazione, che dopo aver preteso 40 milioni di tasse per la ristrutturazione della casa, non vuole ripristinare la strada vicinale di accesso alla struttura, opera primaria di cui deve farsi carico il comune. Questa struttura ci permette di ospitare tanti bambini nel periodo estivo (negli ultimi tre anni ne abbiamo avuti circa 50 ogni stagione estiva) e di portarci ogni fine settimana i 14 ragazzi di cui ci occupiamo quotidianamente.</div><br /><p><strong>Livorno, alti e bassi</strong> </p><div align="justify">A Livorno, invece, abbiamo una struttura fatiscente, comprata dopo mille peripezie (condono compreso) e per la quale siamo in attesa dei permessi e sopratutto dei soldi necessari per ristrutturarla e ad ampliarla, in modo che possa accogliere 24 bambini in maniera residenziale, altrettanti per il diurno e ci permetta di autofinanziarci in maniera sempre maggiore. Il costo per tale opera è assai alto, si parla di 5 miliardi e siamo già alla ricerca di sponsor, grandi e piccoli, che credano nel nostro grande sogno e nelle nostre attività a favore dei bambini più bisognosi. Tale struttura, attualmente, ospita gli uffici e il nostro "mercatino" dove raccogliamo ciò che la gente ci regala, oggetti che rimettiamo in vendita per autofinanziarci. Sempre su Livorno abbiamo un'altra struttura, questa abitativa, dove ospitiamo 10 bambini in affidamento dando loro quella famiglia che, per vari motivi, non hanno mai avuto. </div><br /><p><strong>Io e Roberta</strong></p><div align="justify">La nostra è proprio una scelta di vita, io e Roberta siamo visti come i loro genitori ai quali rendere conto delle marachelle e con i quali potersi confidare nella risoluzione dei problemi che incontrano nel loro cammino di crescita. Cerchiamo di dare loro tutto il nostro amore ed il nostro affetto e tutto ciò che di materiale hanno bisogno. </div><br /><p><strong>Il "miracolo" di Internet</strong></p><div align="justify">Nel Settembre dello scorso anno ho chiesto, tramite Internet, ad alcuni albergatori della Val di Fassa, la possibilità di ospitarci nei loro alberghi per trascorrere una settimana bianca con i bambini. Incredibilmente sono stati tanti gli albergatori che ci hanno risposto e così siamo stati a sciare per ben due volte, a Natale e a metà Marzo, completamente spesati di tutto: skipass, noleggio attrezzature, viaggio, pranzi e cene grazie alla nostra intraprendenza nel chiedere ai vari enti e, soprattutto, grazie alla generosità di tante persone che hanno avuto fiducia in noi ed hanno creduto alla nostra opera. In questo modo siamo già riusciti ad avere altre promesse per il periodo estivo riuscendo così a rendere maggiormente felici i bambini. Le necessità in una famiglia così grande sono sempre tante, basti pensare alla scuola e alle spese per vestiti e dentista. </div><br /><p><strong>Il grosso del finanziamento? La solidarietà dei cittadini</strong></p><div align="justify">Il finanziamento non arriva né dallo Stato, al quale abbiamo fatto richiesta in virtù della legge 626, né dal nostro comune dal quale abbiamo ricevuto 500.000 lire, in 14 anni, a fronte di richieste ben più consistenti. Riceviamo alcuni contributi, sotto forma di rette, dai comuni di appartenenza di alcuni dei bambini, ma il grosso del finanziamento è dovuto al nostro lavoro e alla generosità delle persone che credono in noi e che sono in sensibile aumento, grazie anche all'utilizzo di Internet, che ci permette di farci conoscere su tutto il territorio nazionale tramite il nostro sito <a href="http://www.zizzi.org/">http://www.zizzi.org/</a>. Ciò che tutti ci hanno sempre riconosciuto è la possibilità di vedere e partecipare alle attività con i bambini, potendo così osservare i frutti delle loro offerte (quante volte viene dato denaro ad associazioni che risultano, in seguito, fasulle) ". </div>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-34501538154843078412008-01-19T23:51:00.000+01:002008-01-20T23:27:15.512+01:00Per qualche sorriso in più<div align="center"> <strong><span style="font-size:180%;">Per qualche … sorriso in più<br /></span></strong>di Roberto Maurizio<br /><br /></div><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5157688264336254722" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVIKEDniIh2zWh23VVIa2LzFixITSJ-CEPkuMdqBirIsTdeaNh3PGXqtCEKcHq-IHflmAxy65Cpoeda51phIdaeqrYWdVcqeYd_nH5-cFk0e5UIlzmadJQJqjeN0up_Xr7_AxlGP5MiHM/s400/bonanni001.jpg" border="0" /><br /><div align="left"></div><p align="justify">Il libro di Stefano Bonanni, "Per qualche ... sorriso in più", della "Aletti Editore", poco più di quaranta pagine, racconta la storia, i momenti tristi, le ansie, le delusioni, le gioie e i sentimenti più intimi, di un ragazzo di "periferia". La lettura della piccola e agile pubblicazione è semplice e, via via, sempre più accattivante. Stefano disegna un personaggio sopra le righe, approndisce il suo ambiente, ama la vita e desidera che tutti facciano come il suo personaggio. La riscoperta della gestione del tempo è alla base della sua analisi. Bonanni, un giovane della periferia urbana di una Roma caotica e violenta sotto certi aspetti, cerca di lanciare se stesso nella competizione della vita con un impengno e un entusiasmo fuori dal comune. Una parte del ricavato della vendita del libro sarà devoluta in beneficenza.<br /><strong><br />Il contesto storico ambientale</strong><br /><br />Stefano Bonanni, l’autore del libro di questa recensione, è un giovane, romano, affabile, educato e simpatico. E’ conosciuto da quasi tutto il quartiere a sud-est della Capitale e ad est di Cinecittà. Il quartiere, come sanno i lettori di questo blog, che per mancanza di fantasia da parte degli amministratori capitolini, è stato denominato Cinecittà Est. Sono circa 50 mila gli abitanti dell’agglomerato urbano, un dormitorio assonnato anche durante il giorno, che vede spuntare il Sole dai Castelli romani (Albano, Marino, Rocca di Papa, Frascati, Monte Porzio e Montecompatri) e non sa dove tramontano i suoi raggi, affogati in un oceano di edifici, eretti l’uno addosso all’altro, come tante sagome spettrali sormontate da una foresta di antenne televisive che sventrano il bel cielo azzurro, nonostante tutto, con colori sbiaditi lattescenti e ingialliti non dall’età ma dall’inutilità di un’esistenza effimera senza programmi e prospettive.<br /><strong><br />L'impulso vitale</strong><br /><br />Ma a Cinecittà Est, per fortuna, la specie umana non si è ancora estinta. E dai suoi terrazzi si vedono ancora campeggiare cupole, chiese, campanili, i Sette Colli, il Mediterraneo e gli Appennini. L’impulso “vitale” al quartiere giunge dai gangli essenziali del quartiere, dalla gente comune, da alcuni commercianti “illuminati”.<br />La risposta all’oblio viene da un bar situato a cavallo della farmacia e di un super mercato. Da parecchi decenni, il bar di Stefano rappresenta un luogo di incontri repentini e fugaci, ma densi di umanità e di comunicativa, anche perché al di fuori di esso non esiste nient’altro se non la noia. All’interno del bar è cresciuto l’autore di questo splendido libro, che attrae l’attenzione subito, fin dal suo titolo: “Per qualche … sorriso in più”, che è più di uno slogan, di un messaggio luminoso, di un appunto incantevole, di un invito a prendere la vita così come viene. E’ un avviso preciso ad essere “gentili con il mondo”.<br /><strong><br />Le critiche</strong><br /><br />L’autore, data la sua “tenera” età letteraria, non si sofferma sui termini e sui significati intriseci di alcune parole o espressioni. Ad esempio, “gentile” significa pagano, non cristiano, politeista e idolatra. Ma sappiamo che intendeva un’altra cosa. “Gentile” come rispettoso delle idee altrui. Nella poesia “Fortuna” l’autore attacca i poveracci che cercano nel gioco del Lotto di raggiungere i loro sogni più nascosti e nello stesso tempo foraggiano lo Stato e le sue derivazioni (capisc a mme!).<br /><strong><br />Un capolavoro di entusiamo, l'apoteosi della dolcezza</strong></p><div align="justify">Nonostante queste sbavature, il libro è veramente un capolavoro di impegno e di entusiasmo, è l’apoteosi della dolcezza, è l’arricchimento continuo che il lettore ottiene in ogni riga scritta con passione e impeto coinvolgente, perché spontaneo e lontano da ogni ipocrisia.<br />E’ il libro nel quale viene concentrato tutto l’amore di Stefano che ha per la vita e per il miglioramento della qualità della vita di tutti gli esseri umani. </div><br /><div align="left"></div><div align="left"><strong>Un po' di tempo per ritrovare se stessi e amare il prossimo</strong></div><br /><div align="left"></div><div align="justify">Molto spesso, purtroppo, certa gentaglia si approfitta delle disgrazie altrui, dell’handicap, della fame nel mondo, degli orfanelli. Stefano è un ragazzo serio. Affronta il tema dei diversamente abili, con senso veramente civico, con profondo amore e onestà. Lui parla del “dono magico” che tutti dovrebbero avere: dedicare un po’ di tempo agli altri, alle cose, alle piante, agli animali, alle persone, alla Terra, alla Luna, al Sole, all’Universo, per ritrovare se stessi . </div>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-10470952508116800762008-01-19T16:44:00.001+01:002008-01-19T17:22:08.944+01:00Iscrizioni alle scuole anno scolastico 2008-2009<strong><span style="font-size:180%;">Circolare sulle iscrizioni all'anno scolastico 2008-2009</span></strong><br /><br /><strong></strong><br /><br /><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5157220748556150466" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyPdDY4E1wmzX7BnSysCWzGcBnPI48ZedaPbh1o6DSH1fKZkS3P66y3EATVMDDnftteuZsXqrHefBxEitWqAWGvtKRmd9LsyAatWpfPgw7tU_ZJwyYxhGgUAtdSpn_cQBs7DKFuOK_us4/s200/fioroni2221.jpg" border="0" /> <p align="center"><strong>Ministro della Pubblica Istruzione, Giuseppe Fioroni</strong><br /><em><span style="font-size:85%;">fonte: Savona News</span></em><br /></p><div align="center"><strong></strong></div><p align="left"><strong>C.M. n. 110 Prot.n. AOODGOS 1032<br /></strong><strong></strong></p><p align="right"><strong>Roma, 14 dicembre 2007</strong></p><p><br /><strong>Ministero della Pubblica Istruzione<br />Dipartimento per l’Istruzione<br />Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici<br /><br /></strong><strong>Oggetto: </strong><em>Iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle classi delle scuole di ogni ordine e grado relative all'anno scolastico 2008/2009. </em><br /><br />Al fine di rendere più funzionali gli adempimenti per le iscrizioni per l’anno scolastico 2008-2009 e facilitare, da una parte, ogni opportuna predisposizione organizzativa delle istituzioni scolastiche e, dall’altra, l’acquisizione di adeguate informazioni per le famiglie, viene diramata l’annuale circolare per le iscrizioni alla scuola dell’infanzia e ai diversi ordini e gradi di istruzione delle scuole statali e paritarie.<br /><br />Le iscrizioni sono propedeutiche alla gestione del servizio scolastico; rappresentano anche un momento importante che, nei rapporti tra genitori, studenti, docenti e scuole, è opportuno vada oltre la semplice procedura organizzativa. Possono rappresentare l’occasione per avviare un dialogo positivo dell’istituzione scolastica con i genitori e con gli studenti che per la prima volta entrano in contatto con la scuola.<br /><br /><strong>Scuola e famiglia</strong><br /><br />La fase delle iscrizioni rappresenta la base propedeutica dell’azione educativa e formativa sia per la scuola che per le famiglie. Le istituzioni scolastiche presenteranno la propria offerta (POF), eventualmente ridefinita anche sulla base della progettazione della quota di istituto del 20% del curricolo (compensazione tra discipline, introduzione di nuove attività o discipline e progetti di recupero/arricchimento), e particolarmente attenta ai bisogni formativi della comunità locale. In particolare, le istituzioni del primo ciclo d’istruzione potranno fornire una essenziale informativa alle famiglie sulla attività sperimentale di ricerca e applicazione delle Indicazioni per il curricolo, finalizzata agli obiettivi educativi e di apprendimento individuati nell’adattamento del POF. Per i genitori l’iscrizione costituisce un momento importante nel rapporto con l’istituzione scolastica. Un rapporto che si concretizza, tra l’altro, nell’esercizio di scelta delle opportunità formative offerte dalle scuole e nella consapevole condivisione del POF, che viene consegnato, in forma essenziale, ad ogni genitore al momento dell’iscrizione. Per gli studenti l’ingresso nella scuola oppure il passaggio ad un altro ordine di istruzione segna l’avvio o la continuità del percorso di crescita. Per gli studenti di lingua madre non italiana è anche la presa di contatto con una nuova cultura, una diversa lingua e l’avvio dell’impegnativo percorso dell’integrazione. Per i genitori e gli studenti il nuovo Statuto delle studentesse e degli studenti prevede la sottoscrizione del Patto educativo di corresponsabilità per sancire l’impegno reciproco di diritti e doveri con l’istituzione scolastica.<br />In questo contesto si evidenzia la necessità di richiamare l’attenzione dei genitori e degli studenti sulla particolare rilevanza che assume, in relazione agli indirizzi dell’Unione europea, l’attuazione del nuovo obbligo di istruzione (D.M. n. 139/07), della durata di dieci anni, ai fini dell’acquisizione di quelle competenze chiave di cittadinanza che possono aiutare i giovani al pieno sviluppo della loro personalità. Va richiamata l’attenzione delle scuole sulla opportunità di promuovere apposite iniziative per sostenere la collaborazione dei genitori e delle famiglie e il protagonismo degli studenti al riguardo.<br />Questo impegno potrà facilitare il loro percorso di crescita attraverso la progressiva acquisizione ed il consolidamento di quelle conoscenze di base e di quelle competenze indispensabili per imparare ad imparare, progettare, comunicare, collaborare e partecipare, agire in modo autonomo e responsabile, risolvere problemi, individuare collegamenti e relazioni, acquisire ed interpretare l’informazione. È altresì opportuno che le famiglie e gli studenti siano informati sulle nuove misure di sostegno che gli istituti e le scuole secondarie organizzano a favore degli studenti per il recupero dei debiti formativi manifestatisi in corso d’anno.<br />Al momento dell’iscrizione alla prima classe degli istituti di istruzione secondaria tutti gli studenti riceveranno copia del nuovo statuto degli studenti e delle studentesse oggetto di recente intervento modificatore. Per l’Amministrazione scolastica le operazioni di iscrizione sono propedeutiche ad una serie di adempimenti e procedure di programmazione da cui dipende il regolare avvio dell’anno scolastico (determinazione della consistenza della popolazione scolastica, previsione ed elaborazione delle quantità e delle tipologie delle dotazioni di organico, mobilità del personale, conferimento degli incarichi, ecc.).<br /><br /><strong>Fase propedeutica</strong><br /><br />Nella fase di predisposizione delle operazioni di iscrizioni vere e proprie le scuole sono invitate a:<br />curare la documentazione del progetto educativo della scuola e l’informazione sulle esperienze condotte;<br />fornire un semplice quadro di contesto del sistema di istruzione in cui i ragazzi iscritti vengono ad inserirsi con particolare riferimento alle maggiori novità legislative intervenute nell’ultimo biennio rispetto ai singoli settori scolastici di iscrizione (es. riforma esami Stato, prova nazionale per esami finali I ciclo, indicazioni per il curricolo per infanzia e I ciclo, innalzamento dell’obbligo di istruzione, ecc.);<br />predisporre strumenti informativi sintetici per fornire alle famiglie adeguati elementi di conoscenza per orientare la scelta di iscrizione;<br />organizzare adeguati momenti di incontro con le famiglie, anche d’intesa con le istituzioni scolastiche (o educative) attualmente frequentate dai ragazzi;<br />concordare in rete con le altre istituzioni scolastiche del territorio modalità, criteri e tempi di svolgimento delle operazioni, anche al fine di razionalizzare e coordinare le scelte delle famiglie, con particolare riferimento anche agli alunni con cittadinanza non italiana;<br />riservare una particolare attenzione alla presentazione del nuovo obbligo di istruzione da parte soprattutto delle istituzioni scolastiche del I grado, adottando opportune iniziative per sostenere, al riguardo, la collaborazione dei genitori e delle famiglie e il protagonismo degli studenti.<br /><br />Per parte sua, anche l’Amministrazione scolastica, ai vari livelli territoriali, è impegnata a sostenere l’informazione per le famiglie nei modi ritenuti più adeguati. In particolare è attivo sul portale del Ministero della pubblica istruzione uno speciale “iscrizioni” da cui le famiglie possono trarre utili informazioni con possibilità per le stesse istituzioni scolastiche di procedere alla riproduzione delle schede informative predisposte.<br /><br /><strong>Da gennaio a marzo</strong><br /><br />L’Amministrazione e le istituzioni scolastiche, statali e paritarie, vorranno riservare particolare cura alle operazioni di iscrizione e ai loro effetti, in considerazione del fatto che da esse dipende la definizione degli assetti organizzativi e funzionali del sistema scolastico, nonché la programmazione e destinazione delle risorse umane e la predisposizione dell’accoglienza.In particolare, l’accuratezza delle procedure di iscrizione è fondamentale per il controllo dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione, in quanto esse sono alla base della costruzione delle anagrafi scolastiche, importante strumento per prevenire i fenomeni di evasione e di dispersione. Anche i soggetti istituzionali dei diversi livelli territoriali (Regioni ed Enti locali), in sinergia col sistema scolastico, sono chiamati a svolgere una importante opera a supporto e sostegno dell’organizzazione del servizio (diritto allo studio, anagrafi territoriali, integrazione dell’offerta formativa, servizi complementari di trasporto e di mensa, disponibilità di strutture edilizie, ecc.). L’andamento delle iscrizioni rivela, altresì, tendenze e orientamenti di cui i diversi soggetti interessati possono tener conto per una equilibrata e funzionale determinazione degli assetti e della distribuzione dei percorsi di istruzione e di formazione e dei servizi sul territorio.<br /><br /><strong>Da aprile a giugno</strong><br /><br />A completamento dell’intera fase delle iscrizioni e dei conseguenti assetti di organico della scuola, gli organi collegiali delle istituzioni scolastiche provvedono alla conferma o ridefinizione dei criteri di formazione delle classi e alla predisposizione, di massima, della loro composizione, dedicando particolare attenzione all’inserimento degli alunni con disabilità e all’integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana. Per i primi, una volta acquisita la certificazione della Asl di competenza, dovranno essere avviati procedure e contatti per l’attivazione della unità multidisciplinare preposta alla stesura del profilo dinamico funzionale, e per la predisposizione di massima del piano educativo individualizzato. Per gli alunni con cittadinanza non italiana è opportuno fare riferimento alle disposizioni contenute nel DPR 394/99 che disciplinano la materia e alla “Carta dei valori, della cittadinanza e dell’integrazione”, predisposta dal Ministero degli Interni. Per quanto attiene in generale alle attività connesse alla composizione delle classi, si raccomanda particolare attenzione alla determinazione dei criteri definiti dal consiglio di circolo/istituto, affinché non si creino condizioni di esclusione o squilibri immotivati.<br /><br />Per l’anno scolastico 2008-2009 il termine di scadenza per la presentazione delle domande di iscrizione alle scuole dell’infanzia e alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado è fissato al 30 gennaio 2008.L’iscrizione riguarda esclusivamente le classi prime delle scuole di ogni ordine e grado e le sezioni di scuola dell’infanzia. Per gli studenti delle classi successive al primo anno di corso, l’iscrizione è disposta d’ufficio. Con specifico riferimento ai diversi settori scolastici interessati, si forniscono le seguenti opportune istruzioni e indicazioni.<br /><br /><strong>1. Scuola dell'infanzia </strong><br /><br />L’offerta relativa alla scuola dell’infanzia è garantita da Stato, Comuni e scuole paritarie. Anche per tale ragione, gli Uffici Scolastici Regionali concorrono, attraverso i propri Uffici provinciali e d’intesa con gli Enti Locali, all’attivazione di opportune forme di coordinamento, in modo da:<br />consolidare la generalizzazione del servizio nelle diverse realtà territoriali, tenendo conto della dinamica della domanda;<br />razionalizzare l’offerta da parte delle scuole coinvolte, valorizzando compiutamente le risorse disponibili;<br />contenere e controllare il fenomeno delle doppie iscrizioni per rispondere al meglio alle richieste dei genitori.<br />Ulteriori condizioni per qualificare l’organizzazione didattica sono individuate dal protocollo sottoscritto in data 5 ottobre 2005 da ANCI e coordinamento interassociativo per le scuole dell’infanzia (<a href="http://www.anci.it/">http://www.anci.it/</a>), che può costituire utile base di riferimento per le intese locali.<br />Possono essere iscritti alla scuola dell’infanzia i bambini e le bambine che abbiano compiuto o compiano, entro il 31 dicembre 2008, il terzo anno di età. Possono altresì essere iscritti, a conferma della consolidata prassi amministrativa, i bambini e le bambine che compiano i tre anni di età entro il 31 gennaio 2009. Per questi ultimi, l’ammissione alla frequenza può essere disposta in presenza di disponibilità di posti e previo esaurimento delle eventuali liste di attesa; pertanto, nel caso in cui il numero delle domande di iscrizione sia superiore al numero dei posti disponibili, hanno la precedenza le domande di coloro che compiono tre anni di età entro il 31 dicembre 2008.<br />Rientra nell’autonomia delle singole istituzioni scolastiche, sulla base delle delibere degli organi collegiali, la possibilità di consentire la frequenza fin dall’inizio dell’anno scolastico anche per i bambini e le bambine che compiono i tre anni a gennaio 2009.<br />È comunque esclusa la possibilità di iscrivere a scuole dell’infanzia bambini che compiano i tre anni di età dopo il 31 gennaio 2009. L’iscrizione di bambini che compiano il terzo anno dopo tale data è consentita solamente all’interno di sezioni primavera regolarmente costituite e autorizzate.<br />Particolare attenzione va anche riservata alla gestione delle liste d’attesa al fine di assicurare pari condizioni, trasparenza nelle procedure e funzionalità del servizio. Il dirigente scolastico, in caso di eccedenza di domande rispetto ai posti disponibili, curerà l’informazione sollecita alle famiglie per consentire altra opzione verso scuola diversa.<br /><br /><strong>1.1 Sezioni primavera</strong><br /><br />Da questo anno scolastico 2007-2008 è stato avviato, in forma sperimentale, il nuovo servizio integrato per bambini di età compresa tra i 24 mesi (compiuti entro il 31 ottobre 2007) e i 36 mesi, previsto dalla legge 296/2006 e disciplinato dall’Accordo sancito in Conferenza unificata Stato-Regioni e Autonomie Locali il 14 giugno 2007.<br />Le nuove sezioni in cui si struttura il nuovo servizio sono state costituite presso scuole dell’infanzia statali, paritarie e comunali o asili nido comunali o convenzionati.Tale offerta educativa si realizza mediante specifica sezione appositamente costituita, con un proprio progetto educativo, spazi propri e personale dedicato, differenziandosi, pertanto, dall’istituto dell’anticipo che si fondava sulla domanda individuale delle famiglie.<br />La particolarità di questa offerta educativa e la sua connotazione sperimentale che la colloca tra i servizi per la prima infanzia (0-3 anni) e quelli propri della scuola dell’infanzia (3-6 anni) non consentono, allo stato attuale, di definirne con precisione una configurazione ordinamentale.<br />Anche per questa ragione, l’apertura di nuove sezioni per bambini di età compresa tra i 24 e i 36 mesi e l’iscrizione ad esse non potrà seguire le normali cadenze temporali di iscrizione proprie degli altri profili istituzionali.<br />Verranno pertanto fornite opportune informazioni in una fase successiva, d’intesa con gli altri Ministeri interessati, con le Regioni e con le rappresentanze nazionali dei Comuni.<br /><br /><strong>1.2 Gli orari di funzionamento</strong><br /><br />Gli orari annuali di funzionamento della scuola dell'infanzia sono compresi tra un minimo di 875 ore ed un massimo di 1.700 ore, corrispondenti, in linea di massima, rispettivamente a 25 e a 50 ore settimanali. All'atto dell'iscrizione i genitori esprimono la propria opzione per le articolazioni orarie, anche sulla base delle opportunità educative e dei modelli organizzativi offerti dalle scuole, nel rispetto delle dotazioni organiche.<br /><br /><strong>2. Scuola primaria </strong><br /><br />Hanno l’obbligo di iscrizione alla prima classe della scuola primaria i bambini e le bambine che compiono sei anni di età entro il 31 agosto 2008; possono iscriversi, altresì, quelli che li compiono entro il 31 dicembre 2008 e, per anticipo, coloro che li compiono entro il 30 aprile 2009. I genitori o i soggetti che esercitano la potestà sul minore possono iscrivere l’alunno alla scuola del territorio di appartenenza o ad altra istituzione scolastica, prescelta in base alla offerta formativa e agli orari di funzionamento. Le domande di iscrizione sono accolte, entro il limite massimo dei posti disponibili, sulla base dei criteri stabiliti dai consigli di circolo/istituto e resi pubblici prima delle iscrizioni.Per una funzionale programmazione del servizio, i genitori possono presentare domanda di iscrizione ad una sola istituzione scolastica.<br /><br />Il dirigente scolastico, in caso di eccedenza di domande rispetto ai posti disponibili, curerà l’informazione sollecita alle famiglie per consentire altra opzione verso scuola diversa.<br /><br /><strong>2.1 Gli anticipi di iscrizione alla prima classe</strong><br /><br />I genitori hanno la possibilità di iscrivere alla scuola primaria le bambine e i bambini che compiono sei anni di età entro il 30 aprile dell'anno di riferimento. Per l'anno scolastico 2008-2009 tale possibilità riguarda, pertanto, i bambini che compiranno 6 anni di età entro il 30 aprile 2009. In tal caso la scuola, cui consegue l’obbligo di accettazione, è impegnata ad assicurare nei confronti degli alunni, i cui genitori hanno richiesto l’iscrizione anticipata, una particolare attenzione per una proficua accoglienza ed un efficace inserimento, soprattutto tenendo conto dei ritmi di apprendimento e dei tempi di attività.I genitori potranno avvalersi, a loro richiesta, di indicazioni e orientamenti da parte delle scuole dell’infanzia frequentate dai loro figli per una scelta consapevole.<br /><br /><strong>2.2 Gli orari di funzionamento</strong><br /><br />Le istituzioni scolastiche definiscono nel Piano dell’Offerta Formativa il tempo-scuola in un quadro unitario come offerta organica alle famiglie. L’offerta formativa terrà conto delle risorse professionali di cui la scuola dispone e delle prevalenti e ricorrenti richieste delle famiglie.Le dotazioni di organico del personale docente assicureranno l’organizzazione delle attività didattiche per il tempo scuola ordinario o, se le risorse assegnate lo consentono, per il tempo pieno.Il tempo scuola ordinario, funzionante per un massimo di 30 ore settimanali, è comprensivo di orario obbligatorio e facoltativo opzionale a cui può aggiungersi l’eventuale tempo dedicato alla mensa la cui fruizione è lasciata alla opzione delle famiglie. L’offerta di tempo pieno, in base alla ripristinata norma legislativa (cfr. legge di conversione 25.10.2007, n. 176) e nei limiti di quanto previsto dal tale disposizione, si avvale di un modello organizzativo unitario senza articolazione di momenti opzionali e facoltativi, per complessive 40 ore settimanali. Condizione inderogabile per l’attivazione di tale offerta è l’esistenza e l’effettivo funzionamento delle strutture e dei servizi necessari. Il tempo pieno, infatti, richiede, come è noto, la disponibilità di adeguate strutture edilizie e delle attrezzature idonee, nonché l’esplicito impegno dell'Ente locale ad assicurare il servizio di mensa.<br />All’atto delle iscrizioni, compatibilmente con le disponibilità di posti, i genitori possono effettuare, in alternativa al tempo scuola ordinario, la scelta del tempo pieno.<br /><br /><strong>3. Scuola secondaria di I grado</strong><br /><br />Sono soggetti all’obbligo di iscrizione per l’anno scolastico 2008-2009 alla scuola secondaria di I grado gli alunni che terminano nel 2007-2008 la scuola primaria con esito positivo. Le domande di iscrizione alla prima classe della scuola secondaria di I grado, da indirizzare alla scuola prescelta, dovranno essere presentate per il tramite della scuola primaria di appartenenza, che provvederà a trasmetterle, entro i cinque giorni successivi alla scadenza del termine del 30 gennaio 2008, alla istituzione scolastica interessata.<br /><br />Il dirigente scolastico, in caso di eccedenza di domande rispetto ai posti disponibili curerà l’informazione sollecita alle famiglie per consentire altra opzione verso scuola diversa.<br /><br /><strong>3.1 Orari di funzionamento</strong><br /><br />Le istituzioni scolastiche definiscono nel Piano dell’Offerta Formativa il tempo-scuola in un quadro unitario come offerta organica alle famiglie. L’offerta formativa terrà conto delle risorse professionali di cui la scuola dispone e delle prevalenti e ricorrenti richieste delle famiglie.Le dotazioni di organico del personale docente della scuola secondaria di I grado assicureranno l’organizzazione delle attività didattiche per il tempo scuola ordinario o per il tempo prolungato, se le risorse assegnate ai sensi dell’art. 15 del decreto legislativo n. 59/2004 lo consentono.Nelle scuole secondarie di I grado, nei limiti delle risorse di organico disponibili, è previsto un orario complessivo per un massimo di 33 ore settimanali, comprensivo di orario obbligatorio e facoltativo opzionale. Nelle discipline obbligatorie rientrano l’insegnamento della lingua inglese e di una seconda lingua comunitaria.L’offerta di tempo prolungato può comportare una durata del servizio fino a 40 ore settimanali e, secondo le disposizioni di cui al decreto ministeriale 22 luglio 1983, richiede altresì la disponibilità di adeguate strutture edilizie e delle attrezzature idonee, nonché - ove il servizio esiga l'organizzazione della mensa – l’esplicito impegno dell'Ente locale ad assicurarla.<br /><br />All’atto dell’iscrizione, compatibilmente con le disponibilità dei posti e dei servizi, i genitori possono effettuare la scelta del tempo scuola, ordinario o prolungato.<br /><br /><strong>4. Istituti comprensivi</strong><br /><br />All’interno degli istituti comprensivi della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di I grado, non è richiesta la domanda di iscrizione alla prima classe della scuola secondaria di I grado per gli alunni che hanno frequentato nella stessa istituzione la quinta classe della scuola primaria. L’iscrizione, in tali casi, opera d’ufficio.Nel caso in cui i genitori intendano far frequentare ai propri figli un istituto scolastico diverso da quello comprensivo, nel quale stanno concludendo l'ultimo anno del corso di scuola primaria, presenteranno la domanda di iscrizione alla scuola prescelta per il tramite dell’istituto comprensivo di appartenenza che provvederà a trasmetterla, entro i cinque giorni successivi alla scadenza del termine del 30 gennaio 2008.<br /><br /><strong>5. Scuola secondaria di II grado </strong><br /><br />Gli studenti che nel presente anno scolastico concluderanno, con il superamento dell'esame di Stato, il percorso del primo ciclo di istruzione, per effetto della norma che ha disposto l’innalzamento dell’obbligo di istruzione devono iscriversi alla prima classe di un istituto secondario di II grado. L’obbligo può essere assolto anche mediante iscrizione a percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale. Il Regolamento di istituto prevede, contestualmente all’iscrizione, la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti del Patto educativo di corresponsabilità, per la definizione di diritti e doveri nel rapporto tra scuola, studenti e genitori, predisposto dal Consiglio di Istituto (cfr. nuovo Statuto delle studentesse e degli studenti).<br /><br />Le domande di iscrizione degli alunni frequentanti l’ultimo anno della scuola secondaria di I grado negli istituti statali e paritari, ai fini della prosecuzione del proprio percorso di studi nel sistema dell'istruzione, andranno indirizzate all'istituto prescelto.Le domande vengono presentate alle scuole secondarie di I grado attualmente frequentate, le quali provvederanno a trasmetterle agli istituti di destinazione entro i cinque giorni successivi alla scadenza del 30 gennaio 2008, fermo restando quanto previsto dal successivo paragrafo 5.1.<br /><br />Si conferma che la domanda di iscrizione deve essere presentata ad un solo istituto di istruzione secondaria di II grado. Ciò anche in considerazione del fatto che una doppia opzione da parte delle famiglie può alterare le situazioni di organico. Tuttavia, in considerazione della possibilità che si verifichi eccedenza di domande rispetto ai posti disponibili e che, conseguentemente, si renda necessario dirottare verso altri istituti le domande non accolte, le famiglie, in sede di presentazione della istanza di iscrizione, possono indicare, in subordine, fino ad un massimo di altri due istituti di proprio gradimento.Sarà cura del dirigente scolastico dell’istituto presso cui la domanda non è stata accolta, provvedere all’inoltro immediato delle opzioni in subordine, d’intesa con le famiglie, verso gli istituti indicati.Per gli studenti che intendono avvalersi della possibilità di accedere ai percorsi di istruzione e formazione professionale, il dirigente assume agli atti la manifestazione formale della famiglia di impegno all’iscrizione a tale percorso alternativo all’istruzione.In base a tale impegno formalizzato, il dirigente procederà a suo tempo all’accertamento dell’obbligo.<br /><br /><strong>5.1 Percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale</strong><br /><br />La legge finanziaria 2007 ha confermato, in via transitoria, la prosecuzione, anche per il prossimo anno scolastico, dei percorsi triennali sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all’art. 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, realizzati in attuazione dell'Accordo-quadro sottoscritto in data 19 giugno 2003 cui hanno fatto seguito specifici Protocolli di intesa stipulati con gli Uffici scolastici regionali.I tempi e le modalità di attuazione dei suddetti percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale sono definiti d’intesa tra i competenti Assessorati delle rispettive Regioni e gli Uffici scolastici regionali e sono oggetto di una tempestiva e puntuale informazione ai dirigenti scolastici interessati. Le suddette intese dovranno comprendere modalità, strumenti e tempi per consentire ai dirigenti scolastici della scuola secondaria di I grado l’accertamento dell’obbligo mediante frequenza dei percorsi sperimentali da parte di alunni provenienti dalla propria scuola.<br /><br /><strong>6. Domande di iscrizione in eccedenza</strong><br /><br />Non sempre il rapporto domanda di iscrizione-offerta di servizio nei diversi ordini di scuola si conclude positivamente, in quanto la disponibilità di posti, di servizi e di strutture può ostacolare il pieno accoglimento delle richieste da parte delle famiglie.Nella previsione di domande di iscrizione in eccedenza, le scuole dovranno procedere preventivamente alla definizione dei criteri di precedenza nella ammissione, mediante apposita delibera del consiglio di circolo/istituto da rendere pubblica preventivamente con affissione all’albo.Per quanto riguarda la scuola dell'infanzia, in particolare, potranno essere attivate, da parte degli Uffici scolastici provinciali, d’intesa con le Amministrazioni comunali interessate, opportune forme di coordinamento tra soggetti pubblici e privati che gestiscono il servizio sul territorio per razionalizzare il più possibile il rapporto domanda-offerta.A iscrizioni avvenute, si invitano i dirigenti scolastici delle scuole statali interessate ad assumere gli opportuni contatti con i diversi gestori dei servizi dell'infanzia sul territorio di competenza, al fine di identificare eventuali situazioni di doppia istanza prodotta dalle famiglie, procedendo sollecitamente ad avvicinare le stesse per dirimere le situazioni pendenti, derivanti da doppia iscrizione, e superare quanto prima le situazioni di stallo connesse con le liste di attesa.Nel caso in cui i dirigenti medesimi accertino definitivamente l'impossibilità di accogliere le domande in eccedenza presentate dalle famiglie si adopereranno, d'intesa con le stesse, per l'inoltro immediato della domanda di iscrizione ad altre scuole dei territori limitrofi.Questa ultima procedura vale anche per la scuola primaria statale, qualora, soprattutto a causa della particolare offerta di servizio di talune scuole (es., organizzazione a tempo pieno), si verifichino domande in eccedenza rispetto ai posti disponibili.Per le scuole secondarie, considerato che le domande di iscrizione vengono presentate direttamente alla scuola attualmente frequentata dallo studente la quale, a sua volta, procede d'ufficio al relativo inoltro agli istituti prescelti, non è consentito alle famiglie presentare una seconda domanda direttamente ad altri istituti e non è parimenti consentito a questi ultimi di accoglierle.Anche in tali casi, il dirigente dell'istituto destinatario della domanda curerà sollecitamente l'individuazione degli studenti per i quali, anche in base ai criteri di ammissione deliberati dal consiglio di istituto, non sia stato possibile accogliere la domanda di iscrizione ed entro il 15 febbraio procederà all'inoltro immediato della domanda di iscrizione ad altro istituto statale, individuato d'intesa con la famiglia.<br /><br /><strong>7. Verifica dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione</strong><br /><br />In una scuola che ha a cuore il percorso di ogni studente, che non lascia indietro nessuno e che non lascia solo nessuno, si impone una seria riconsiderazione dell’obbligo d’istruzione come impegno per il diritto personale di ciascuno. In particolare si invitano gli Uffici scolastici regionali a sviluppare una efficace azione di prevenzione e contrasto con attenzione particolare ai territori maggiormente a rischio di dispersione scolastica e a quelle fasce di utenza che presentano maggiori criticità, come, ad esempio, gli alunni con cittadinanza non italiana. In questa loro azione gli Uffici scolastici opereranno in sinergia con le Regioni e gli Enti locali valutando l’opportunità di pianificare gli interventi di prevenzione nei Piani territoriali.<br /><br /><strong>7.1 Il riemergere dell’evasione scolastica</strong><br /><br />Nuove emergenze o nuovi aspetti dell’evasione scolastica sono oggetto di crescente preoccupazione; per quanto limitato sia il fenomeno, alcune realtà di disagio sociale e culturale stanno facendo riemergere un problema che si riteneva superato. Occorre assicurare l’effettivo assolvimento dell’obbligo di istruzione a livello di scuola del primo ciclo, con una vigilanza attenta rispetto all’istruzione familiare e alla frequenza di scuole non statali e non paritarie (anche con rinnovata attenzione agli esami di idoneità), ai processi di immigrazione e ad alcuni gruppi di minoranze, allo sfruttamento del lavoro minorile e alle nuove povertà, di cui si hanno evidenze soprattutto nei contesti metropolitani. L’Amministrazione, con rinnovato impegno, assicurerà tempestività degli interventi e accuratezza nel lavoro di vigilanza, ponendo in essere le azioni previste dal Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione (D.M. 22.08.2007).<br /><br /><strong>7.2 Il ruolo delle scuole </strong><br /><br />Con riferimento all’assolvimento dell’obbligo di istruzione, anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui al citato Accordo quadro, sarà compito dei dirigenti scolastici degli istituti di istruzione secondaria di primo grado, dai quali provengono gli studenti interessati:<br />verificare il reale assolvimento dell’obbligo di istruzione e formazione da parte di studenti particolarmente a rischio, rilevando i casi e le ragioni di inosservanza;<br />attivare tutti gli interventi che dovessero rendersi necessari, ivi comprese le segnalazioni alle autorità competenti.<br /><strong><br />7.3 L’anagrafe degli studenti</strong><br /><br />Lo sviluppo e la messa a punto dell’anagrafe degli studenti costituiscono una base per una rinnovata azione di controllo dell’obbligo d’istruzione. A questo scopo gli Uffici scolastici regionali assicurano la funzionalità delle operazioni connesse e promuovono iniziative, anche in collaborazione con gli Enti locali, per favorire l’integrazione dei dati riferiti anche ai percorsi sperimentali di formazione professionale. Data la complessità della materia delle iscrizioni e la sua rilevanza per il diritto allo studio, è necessario che gli Uffici scolastici regionali e le istituzioni scolastiche seguano direttamente le varie operazioni attraverso le quali si effettuano le iscrizioni ed in particolare svolgano un'accorta e mirata opera di informazione, sensibilizzazione e orientamento nei confronti delle famiglie, degli alunni e di quanti, a vario titolo, sono coinvolti e interessati alla delicata incombenza. Al riguardo si segnala l’opportunità di rafforzare la collaborazione con le Regioni e, in particolare, con gli Enti locali, allo scopo di coordinare gli interventi sul territorio.<br /><br /><strong>8. Trasferimenti di iscrizione</strong><br /><br />In caso di trasferimento da una scuola ad un'altra, statale o paritaria, successivamente all’iscrizione effettuata, vanno osservate le seguenti istruzioni.<br /><br />La richiesta di trasferimento, debitamente motivata, va inoltrata al dirigente scolastico della scuola in cui è stata presentata l’iscrizione, il quale rilascia al genitore il relativo nulla osta. Si richiama l'attenzione sulla necessità del rilascio del nulla osta da parte della scuola di provenienza, quale condizione inderogabile per l'accoglimento della domanda di iscrizione, sulla base della disponibilità dei posti, da parte del dirigente scolastico della scuola di destinazione.<br /><br />Le conseguenti rettifiche di anagrafe saranno curate dalle scuole interessate, previa verifica dell’avvenuta nuova iscrizione.<br /><br /><strong>9. Alunni con disabilità</strong><br /><br />Le iscrizioni di alunni con disabilità avvengono con presentazione, da parte della famiglia, della certificazione rilasciata dalla Asl di competenza, a seguito di appositi accertamenti collegiali.Sulla base di tale certificazione, la scuola attiva l’unità multidisciplinare di cui all’art. 4 del DPR 24 febbraio 1994 al fine di predisporre il profilo dinamico dell’alunno iscritto e di tracciare le basi del Piano educativo individualizzato, anche al fine di procedere alla richiesta di personale docente di sostegno e di assistenti educativi a carico dell’Ente locale.<br /><br /><strong>10. Alunni con cittadinanza non italiana</strong><br /><br />La presenza, in aumento continuo, di alunni con cittadinanza non italiana ha assunto da diversi anni le caratteristiche di un fenomeno strutturale, che la scuola ha affrontato nella sua complessità, con esperienze di innovazione e di integrazione. In ragione della rilevanza del problema dovrà essere posta, pertanto, particolare attenzione a tutta la problematica che accompagna l’iscrizione scolastica di tali alunni. In proposito, si raccomanda ai Direttori generali degli Uffici scolastici regionali e ai dirigenti scolastici di promuovere opportune intese con gli Enti Locali per assicurare una equilibrata distribuzione della popolazione scolastica straniera e di fornire, anche nella prospettiva dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione, adeguate informazioni sulle tipologie e indirizzi delle scuole secondarie di II grado.L’articolo 45 del DPR n. 394/1999 fornisce, tra l’altro, criteri relativi all’obbligo e all’iscrizione scolastica dei minori stranieri, alla ripartizione e alla loro assegnazione alle classi.Si richiama, innanzitutto, l’attenzione non solo sul diritto dei minori stranieri di accedere all’istruzione fornita dalle scuole italiane e al conseguente obbligo delle stesse di accoglierli, anche in corso d’anno, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione, ma, soprattutto, si evidenzia il fatto che per diversi di loro vi è il concreto rischio che non ottemperino all’obbligo, che siano avviati precocemente al lavoro minorile e, soprattutto nelle grandi città, vengano sfruttati in forme di accattonaggio.La scuola non può rimanere indifferente di fronte a tali situazioni che richiedono una concertata azione interistituzionale che chiama in causa altri soggetti pubblici che hanno primaria responsabilità nella gestione del territorio.<br /><br /><strong>10.1 Assegnazione alle classi </strong><br /><br />In via ordinaria gli alunni stranieri soggetti all’obbligo di istruzione sono iscritti d’ufficio alla classe corrispondente all’età anagrafica. I collegi dei docenti possono definire comunque le modalità generali dell’assegnazione dell’alunno straniero alla classe inferiore o superiore a quella corrispondente all’età, tenendo conto, come espressamente previsto dalla norma (art. 45 del DPR 394/1999), dei criteri sopra evidenziati (ordinamento scolastico del paese di provenienza, accertamento delle competenze possedute, corso di studi seguito, titolo di studio posseduto, ecc.).È opportuno che la modalità concreta di assegnazione avvenga con affidamento delle verifiche e degli accertamenti preliminari ad un gruppo di docenti, appositamente individuato dal collegio e preposto all’accoglienza, che dia attuazione ai criteri di assegnazione e che ne segua inizialmente l’inserimento, al fine di fornire al dirigente scolastico ogni utile elemento per l’assegnazione alle classi. I collegi dei docenti possono valutare altresì la possibilità che l’assegnazione definitiva alla classe sia preceduta da una fase di alfabetizzazione strumentale e di conoscenza linguistica in intergruppo e/o interclasse finalizzata a favorire un efficace inserimento.<br /><br />Occorre in ogni modo che la questione dell’inserimento scolastico degli alunni stranieri venga assunta in termini interistituzionali, secondo logiche di sistema che, per quanto riguarda l’istruzione, prendano in considerazione ogni momento del processo formativo degli alunni, dal loro ingresso a scuola fino al termine del loro itinerario scolastico o formativo.<br /><br />Infine, con riferimento alle iscrizioni degli alunni con cittadinanza straniera che avvengono in corso d’anno, si raccomanda l’adozione di particolari forme di accoglienza che possano facilitare, fin dai primi contatti, un’efficace azione di integrazione degli alunni stranieri.<br /><br />Il diritto di inserimento di stranieri in corso d’anno vale anche per i corsi di alfabetizzazione per adulti di cui a successivo paragrafo.10.2 Accordi di rete È opportuno che le istituzioni scolastiche, al fine di evitare la concentrazione di iscrizioni di alunni stranieri su talune scuole con effetti di squilibrio sociale della popolazione scolastica, attivino accordi di rete per una razionale distribuzione territoriale delle domande.<br /><br />L’accordo di rete può, altresì, prevedere, con attenzione alle fasi di attività scolastica successive alle iscrizioni, l’impiego in comune di risorse professionali e strumentali, a cominciare dalla messa a disposizione delle migliori esperienze di integrazione condotte da talune scuole e alla istituzione di laboratori finalizzati alla ricerca didattica e alla sperimentazione.<br /><br /><strong>10.3 Intese territoriali</strong><br /><br />Le scuole, possibilmente con azioni di rete, vorranno, pertanto, sollecitare o assecondare attivamente le iniziative degli Enti locali e/o di altri soggetti pubblici per l’adozione di misure di prevenzione, orientamento e controllo circa l’assolvimento dell’obbligo.<br /><br />Con riferimento alle situazioni delle città e dei grandi centri urbani nei quali è presente una ampia rete di scuole, le iscrizioni di alunni con cittadinanza non italiana richiedono un governo condiviso e programmato della domanda e dell’offerta di servizi scolastici.<br /><br />Nella predisposizione degli accordi sarà quanto mai opportuno prevedere intese con gli Enti locali per favorire l’attivazione di ogni misura di accompagnamento (trasporti, mense, ecc.) utile al conseguimento di un’equilibrata distribuzione della domanda, nonché con associazione del volontariato e del privato sociale per specifiche azioni di integrazione.Nell’occasione è auspicabile che si instauri un attento rapporto della scuola con la famiglia dei minori accolti, eventualmente facilitato dall’intervento di mediatori culturali e di operatori del volontariato sociale e di associazioni interculturali.<br /><br /><strong>11. Istruzione parentale</strong><br /><br />I genitori o gli esercenti la potestà parentale che intendano provvedere in proprio all'istruzione dei minori soggetti all’obbligo di istruzione devono rilasciare al dirigente scolastico della scuola del territorio di residenza apposita dichiarazione, da rinnovare anno per anno, di possedere capacità tecnica o economica per provvedervi, rimettendo al dirigente medesimo l’onere di accertarne la fondatezza.<br /><br />Per quanto attiene all'esame di idoneità degli alunni che si siano avvalsi dell'istruzione parentale o comunque frequentanti scuole non statali e non paritarie, si rinvia alle disposizioni che saranno diramate in materia con l’apposita ordinanza relativa a scrutini ed esami.<br /><br /><strong>12. Insegnamento della religione cattolica</strong><br /><br />Al momento dell’iscrizione le famiglie degli alunni esercitano la facoltà di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. L’esercizio di tale facoltà si attua mediante la compilazione di apposita richiesta, secondo il modello D allegato. La scelta ha valore per l’intero ciclo di studi e comunque in tutti i casi in cui sia prevista l'iscrizione d'ufficio, fatto salvo il diritto di modificare tale scelta per l’anno successivo.La facoltà di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica è, altresì, esercitata dallo studente, se maggiorenne o se frequentante istituti di istruzione secondaria di II grado.La scelta alternativa all’insegnamento della religione cattolica trova invece concreta attuazione nella opzione di diverse possibili attività:<br />attività didattiche e formative,<br />attività di studio e/o di ricerca individuali con assistenza di personale docente,<br />libera attività di studio e/o di ricerca individuale senza assistenza di personale docente,<br />uscita dalla scuola.<br />La scelta specifica di attività alternative, operata mediante l’allegato mod. E all’inizio delle lezioni, ha effetto per l’intero anno scolastico cui si riferisce.<br /><br /><strong>13. Corsi per adulti</strong><br /><br />Allo scopo di far conseguire più alti livelli di istruzione alla popolazione adulta, anche immigrata, con particolare riferimento alla conoscenza della lingua italiana, a partire dal 2008 verrà dato nuovo impulso all’istruzione degli adulti attraverso la riorganizzazione e il potenziamento dei centri territoriali permanenti e dei corsi serali su base provinciale, secondo le previsioni normative contenute nella legge 296/2006 (finanziaria 2007) e nel decreto ministeriale 25 ottobre 2007.<br /><br />Il termine per l'effettuazione delle iscrizioni ai corsi per adulti finalizzati all'alfabetizzazione culturale, ai corsi di scuola secondaria di I grado per adulti (150 ore), ai corsi serali presso gli istituti di istruzione secondaria di II grado, nonché ai corsi aventi ad oggetto l'attuazione di progetti di sperimentazione finalizzati a favorire il rientro degli adulti nel sistema formativo, è fissato al 31 maggio 2008.<br /><br />Tale termine non è ovviamente applicabile ai fini dell'ammissione ai corsi a carattere modulare rientranti nell'offerta formativa libera e non curricolare delle istituzioni scolastiche. La fissazione del succitato termine ordinario mira a consentire l'ordinato svolgimento, nei tempi previsti, delle attività propedeutiche all'inizio dell'anno scolastico. Tuttavia, in relazione a specifiche, eccezionali ragioni impeditive riferite a singoli interessati, è possibile, attraverso l'adozione di formale provvedimento, accettare iscrizioni anche dopo la data del 31 maggio 2008 e, ordinariamente, non oltre l'inizio delle lezioni per l'anno scolastico 2008-2009.<br /><br /><strong>14. Privacy e trattamento dei dati sensibili</strong><br /><br />Nel corso dello svolgimento delle diverse operazioni di iscrizione precedentemente richiamate e nella fase di acquisizione delle documentazioni a sostegno della richiesta di servizi educativi o assistenziali da parte delle famiglie, le istituzioni scolastiche possono esser interessate all’acquisizione e al trattamento di dati sensibili e giudiziari riferiti agli alunni o a loro familiari.Si richiama l’attenzione dei dirigenti scolastici su questo particolare aspetto della privacy e sulla scrupolosa osservanza delle disposizioni previste in materia dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di trattamento dei dati personali) e al Regolamento ministeriale 6 dicembre 2006. </p><p><strong>Il Direttore Generale f.to Mario G.<br /></p></strong>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-54855571369884130512008-01-10T00:02:00.000+01:002008-01-10T00:22:52.777+01:00Education at a Glance<strong><span style="font-size:180%;">Education at a Glance: OECD Indicators - 2006 Edition </span></strong><br /><div align="center">Summary in Italian</div><div align="center"></div><br /><em>Presentiamo, per completare l'articolo "<a href="http://robertomaurizio1947.blogspot.com/2008/01/e-la-somma-che-fa-il-totale.html">E' la somma che fa il totale</a>", pubblicato su "Stampa, Scuola e Vita", il documento completo dell'Ocse sugli indicatori relativi all'educazione di tutti i suoi paesi membri.</em><br /><br /><strong>Uno sguardo sull’Educazione: Gli indicatori dell’OCSE – Edizione 2006<br /></strong><br /><strong>Riassunto in italiano<br /></strong><br />Uno sguardo sull’educazione fornisce agli educatori, ai responsabili politici, agli studenti e ai loro genitori un'ampia gamma di indicatori che riflettono quasi tutti gli aspetti quantitativi e qualitativi delle politiche e delle prestazioni dei sistemi scolastici nei paesi dell’OCSE e in alcuni paesi partner.Oltre a offrire informazioni sulle prestazioni, le risorse, il livello della partecipazione e l’organizzazione dei sistemi scolastici, il rapporto fornisce anche un certo tipo di informazioni necessarie per valutare aspetti quali l’importanza attribuita all'acquisizione delle competenze di base, al numero ideale di alunni per classe, alla durata dell'anno scolastico.<br /><br /><strong>Valutare la qualità dei sistemi scolastici<br /></strong><br />Nel 2003, Il Programma per la Valutazione Internazionale degli Studenti (PISA) ha misurato le prestazioni in matematica degli studenti quindicenni nei paesi OCSE. La Finlandia, la Corea e i Paesi Bassi hanno registrato livelli di prestazione molto più alti della media degli altri paesi dell’OCSE, e un livello di conoscenze che supera di più della metà la media OCSE. Undici paesi (Australia, Belgio, Canada, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Islanda, Giappone, Nuova Zelanda, Svezia e Svizzera) hanno registrato punteggi superiori alla media OCSE. Austria, Germania, Irlanda e Repubblica Slovacca sono nella media, mentre gli 11 paesi restanti registrano punteggi più bassi.<br />Non esistono confronti di questo tipo per le generazioni precedenti, ma il completamento dei diversi livelli di istruzione offre un’idea dei livelli di studio raggiunti. In media, nei paesi dell’OCSE, il 42% della popolazione adulta ha completato solo studi di istruzione secondaria superiore. Circa il 30% degli adulti ha raggiunto un livello di scuola primaria o secondaria inferiore ed il 25% ha ottenuto un diploma di istruzione superiore. Si registrano tuttavia ampie differenze, da un paese all’altro, per quanto riguarda la distribuzione dei livelli di istruzione tra la popolazione.<br />Le prestazioni dei paesi asiatici continuano ad essere più elevate di quelle dei paesi Europei e degli Stati Uniti. Due generazioni fa, la Corea aveva un livello di vita simile a quello attuale dell’Afganistan e si collocava tra i paesi con i più bassi livelli di prestazioni scolastiche. Oggi, il 97% dei coreani di età compresa tra i 25 e i 34 anni ha completato studi di istruzione secondaria superiore: il tasso più alto dell’area OCSE. Ma quello della Corea non è un esempio isolato. Solo tra il 1995 ed il 2004, il numero di studenti che intraprendono studi universitari è più che raddoppiato in Cina e in Malesia ed è cresciuto dell’83% in Tailandia e del 51% in India.<br />I paesi asiatici registrano migliori prestazioni anche in termini di qualità. Secondo l’indagine PISA, negli Stati Uniti e nella maggior parte delle economie forti europee, le prestazioni degli studenti quindicenni sono pari o inferiori alla media OCSE. I sei sistemi scolastici asiatici inclusi nell’indagine PISA 2003 si sono classificati tra i primi dieci con, oltretutto, un tasso di partecipazione elevato. Diversamente, il 20% dei quindicenni europei, e oltre un quarto degli studenti statunitensi hanno raggiunto prestazioni di Livello 1 (il più basso del PISA) o inferiore. In tutta l'area OCSE, gli studenti provenienti da ambienti disagiati hanno 3,5 volte più probabilità di raggiungere un livello pari o inferiore al Livello 1 di quelli provenienti da ambienti socio-economici più avvantaggiati.<br /><br /><strong>Numero di studenti per classe: le classi meno numerose non sono sempre le migliori<br /></strong><br />I risultati mostrano che non esiste sempre una correlazione tra il rapporto insegnanti/studenti ed il livello di prestazioni. In Giappone, Corea, Messico, Brasile, Cile e Israele ci sono 30 e più studenti per classe contro i 20 o meno di Danimarca, Islanda, Lussemburgo, Svizzera e Federazione Russa, ma in Lussemburgo, ad esempio, solo il 2,7% degli studenti figura tra i migliori in matematica (sempre secondo l’indagine PISA), contro l’8,2% in Giappone.<br />La qualità dell'interazione tra insegnanti e studenti varia in base al numero di classi e di studenti di cui ogni insegnante è responsabile, alla materia insegnata, al tempo che gli insegnanti dedicano all'insegnamento e ad altri compiti, al raggruppamento degli studenti nelle classi, e alla pratica del team teaching (insegnamento in compresenza).<br /><br /><strong>Equilibrio tra i generi: le prestazioni delle ragazze superano quelle dei ragazzi<br /></strong><br />Le differenze tra i generi nei tassi di conseguimento di un diploma stanno sempre più cambiando in favore delle donne. Fra la popolazione di età compresa tra i 55 e i 64 anni, solo in tre paesi risulta che le donne hanno compiuto studi più lunghi, ma fra gli adulti tra i 25 e i 34 anni risulta che le donne compiono in media un numero maggiore di anni di studio in 20 dei 30 paesi dell'OCSE, e solo in 2 dei 10 paesi restanti (Svizzera e Turchia) si registrano differenze pari a più di 0,5 anni a vantaggio degli uomini.<br />Il tasso di diploma di istruzione secondaria tra le ragazze supera quello dei ragazzi in 19 su 22 paesi OCSE e in 3 paesi partner. Il divario a vantaggio delle ragazze supera i 10 punti percentuali in Danimarca, Finlandia, Islanda, Irlanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia e Spagna, e Brasile. In Turchia, il tasso di diploma tra gli uomini è più alto di 8 punti percentuali, mentre in Corea e in Svizzera, si registra meno di un punto percentuale di differenza.<br /><br /><strong>Remunerazioni e carico di lavoro degli insegnanti: un panorama misto attraverso i paesi dell’OCSE<br /></strong><br />Rispetto al PIL pro capite, gli stipendi più bassi tra gli insegnanti con almeno quindici anni di esperienza nella scuola primaria e secondaria inferiore si registrano in Ungheria (0,91), Islanda (0,69), Norvegia (0,87), Polonia (0,83) e Israele (0,73); i più alti in Corea (2,37 nella scuola primaria e 2,36 nella scuola secondaria inferiore), Messico (2,09 nella scuola secondaria inferiore) e Turchia (2,44 nella scuola primaria). Nella scuola secondaria superiore, i valori più bassi dell’indice si registrano in Norvegia (0,87), Polonia (0,83), Islanda (0,94) e Israele (0,73).<br />Nella scuola secondaria inferiore, gli stipendi degli insegnanti con almeno 15 anni di esperienza variano da circa $10.000 in Polonia a $48.000 o più, in Germania, Corea e Svizzera, e superano gli $80.000 in Lussemburgo.<br />Tra il 1996 e il 2004 gli stipendi sono aumentati in termini reali in quasi tutti i paesi, gli aumenti più notevoli si sono avuti in Finlandia, Ungheria e Messico. Nello stesso periodo, in Spagna, gli stipendi nel ciclo primario e secondario superiore sono diminuiti rimanendo, tuttavia, al di sopra della media OCSE.<br />Il numero di ore di insegnamento all’anno nelle scuole pubbliche è in media di 704, ma può variare da 1.000 in Messico e Stati Uniti a 534 in Giappone. Esistono anche notevoli differenze nella distribuzione delle ore di insegnamento nell’arco di un anno. Ad esempio, in Islanda, su un anno scolastico di 36 settimane, gli insegnanti lavorano un maggior numero di ore rispetto ai loro colleghi in Danimarca, dove l’anno scolastico è di 42 settimane. Tuttavia, le ore di insegnamento sono solo uno degli indicatori del carico di lavoro degli insegnanti, che può anche includere il tempo trascorso per preparare le lezioni, per correggere i compiti, o per altre attività.<br />Nei paesi dell’OCSE, gli studenti tra i 7 e i 14 anni ricevono in media 6.847 ore di insegnamento, di cui 1570 tra i 7 e gli 8 anni, 2.494 tra i 9 e gli 11 anni e 2.785 tra i 12 e i 14 anni. In media nei paesi dell’OCSE, lettura e scrittura, matematica e scienze rappresentano circa il 50% delle ore obbligatorie di insegnamento per gli studenti di età compresa tra i 9 e gli 11 anni ed il 41% per gli studenti di età compresa tra i 12 e i 14 anni. Per quanto riguarda la lettura e la scrittura, la percentuale varia notevolmente da un paese all’altro: dal 13%, o meno, in Australia, Cile e Israele, al 30% in Francia, Messico e Paesi Bassi. Esistono anche notevoli differenze per quanto riguarda la percentuale di ore di insegnamento dedicate alle lingue straniere, che varia dall’1%, o meno, in Australia, Gran Bretagna, Giappone e Messico, al 21% in Lussemburgo.<br /><br /><strong>Il costo dell’istruzione: 5,9% del PIL, in media, nei paesi dell’OCSE<br /></strong><br />Nei paesi dell’OCSE la spesa per l’istruzione si aggira intorno al 5,9% del PIL, con variazioni dal 3.7% in Turchia all'8% in Islanda. La spesa per studente è di $5450 all’anno nell’istruzione primaria, $6.962 nella secondaria e $11.254 in quella superiore. I paesi dell’OCSE spendono in media $77.204 per studente nel corso della durata prevista degli studi primari e secondari. L’importo varia da meno di $40.000 in Messico, Polonia, Repubblica Slovacca, Turchia, Brasile, Cile, e Federazione Russa, a $100.000 e oltre in Austria, Danimarca, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Svizzera e Stati Uniti. Nell’ambito dell’istruzione sueriore, l'ampia varietà di corsi offerti rende difficili i confronti. Ad esempio, in Giappone si spende all’anno, per uno studente del livello terziario, quasi quanto in Germania ($11.556 in Giappone, $11.594 in Germania), ma poiché la durata media degli studi terziari è di 5,4 anni in Germania e di 4,1 anni in Giappone, la spesa globale per uno studente dell’istruzione superiore è di soli $47.031 per il Giappone, contro $62.187 per la Germania.<br />Da notare che una spesa unitaria minore non si traduce necessariamente in un livello di conseguimento più basso. Ad esempio, la Corea e i Paesi Bassi spendono meno della media OCSE per l'istruzione primaria e secondaria, ma figurano entrambi tra i paesi con le migliori prestazioni nell’indagine PISA 2003.<br />Tra il 1995 e il 2003 la spesa per l’istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria è aumentata in tutti i paesi. In 16 dei 26 paesi dell’OCSE e paesi partner per i quali i dati sono disponibili, l’incremento supera il 20%, ed è pari al 30% , o oltre, in Australia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Messico, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Turchia e Cile. Gli unici paesi in cui, nello stesso periodo, si è registrato un incremento della spesa per l’istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria per studente pari, o inferiore, al 10% sono la Germania, l'Italia, la Svizzera e Israele. Questi cambiamenti non sono però esclusivamente ascrivibili al calo del numero delle iscrizioni.<br />La situazione è diversa per l’istruzione superiore. Durante il periodo 1995-2003, in 7 dei 27 paesi dell’OCSE e paesi partner per i quali sono disponibili i dati (Australia, Repubblica Ceca, Polonia, Portogallo, Repubblica Slovacca, Brasile e Israele) la spesa per studente è diminuita e questo calo è in gran parte ascrivibile all’aumento di oltre il 30% del numero di studenti. Tuttavia, nonostante un aumento delle iscrizioni, la spesa per studente è aumentata del 93%, in Grecia, del 70% in Ungheria, del 34% in Irlanda, del 48% in Messico e del 68% in Cile. Tra i 27 paesi dell’OCSE e i paesi partner, Austria, Canada, Danimarca, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia, sono stati gli unici in cui il numero degli studenti è aumentato meno del 10%.<br /><br /><strong>Chi paga? Sono soprattutto i governi che pagano il conto, ma si registra un aumento dei finanziamenti privati.<br /></strong><br />In media, nei paesi dell’OCSE, il 93% dell’istruzione primaria, secondaria e post-secondaria non terziaria è sovvenzionato da fondi pubblici, ma i finanziamenti privati superano il 13% in Australia, Germania, Corea, Messico, Svizzera, Regno Unito e Cile (paese partner). Durante il periodo 1995-2003, si è osservato un sostanziale equilibrio tra il numero di paesi in cui si è registrato un incremento del finanziamento pubblico e quello in cui il finanziamento pubblico è diminuito.<br />Tuttavia, nell’istruzione superiore, i finanziamenti privati sono aumentati un po’ ovunque, superando i 3 punti percentuali nella metà dei paesi con dati disponibili e di oltre 9 punti percentuali in Australia, Italia e Regno Unito.<br />La quota della spesa per l’istruzione superiore finanziata dai privati, varia da meno del 5% in Danimarca, Finlandia, Grecia, Norvegia e Turchia a più del 50% in Australia, Giappone, Corea, Stati Uniti e Cile. Gran parte di questi finanziamenti privati proviene dalle famiglie sotto forma di tasse d’iscrizione e di frequenza. Il 25% dei paesi non fa pagare tasse, mentre nei restanti paesi il loro importo varia notevolmente.<br /><br /><strong>Investimenti per l’istruzione: effetti positivi per gli individui e per i sistemi economici<br /></strong><br />L’istruzione è in gran parte finanziata da fondi pubblici e vari studi indicano che si tratta di soldi ben spesi. Si stima che, nell'area OCSE, un anno aggiuntivo di istruzione si potrebbe tradurre, a lungo termine, in un aumento dal 3 al 6% della redditività economica.<br />L’esame delle cause della crescita economica mostra che, dal 1994 al 2004, nella maggior parte dei paesi dell’OCSE, l'aumento della produttività del lavoro ha inciso per almeno la metà sulla crescita del PIL pro capite. L’istruzione non è certo l’unico fattore ad incidere sull'incremento della produttività, ma uno studio fondato sul grado d'istruzione come misura del capitale umano mostra che un paese con un livello d'istruzione globale superiore dell’1% alla media internazionale, raggiungerà livelli di produttività del lavoro e di PIL pro capite superiori, rispettivamente, del 2,5% e dell'1,5% a quelli di altri paesi.<br />Anche per i singoli individui, l’istruzione rappresenta un ottimo investimento. Dato che l’istruzione primaria e parte della secondaria sono obbligatorie, la “decisione d’investimento” riguarda generalmente se continuare o no gli studi oltre la scuola dell’obbligo. Nonostante i diffusi rapporti sulla "inflazione dei voti" e la svalutazione dei diplomi, l’investimento per conseguire un diploma universitario può produrre ritorni privati annuali (calcolati confrontando le aspettative di futuri guadagni con il costo privato degli studi) pari al 22.6% e tutti i paesi mostrano un tasso di ritorno superiore all'8%. Esistono anche notevoli benefici indiretti: molte analisi nazionali indicano una correlazione positiva tra conseguimento di un livello di studi elevato e migliore salute fisica e mentale.<br />Il livello d’istruzione non abolisce tuttavia le disparità dei redditi tra i generi: a parità di livello d'istruzione, le donne guadagnano dal 20% al 50% in meno degli uomini.<br /><br /><strong>L’impatto dei cambiamenti demografici<br /></strong><br />In 23 dei 30 paesi dell’OCSE così come in Cile, si stima che il numero di studenti nella scuola dell’obbligo sia destinato a ridursi nel corso dei prossimi 10 anni. Questa tendenza è molto più drastica in Corea dove si prevede che la popolazione di età compresa tra i 5 e i 14 anni diminuirà del 29%. La popolazione di età tra i 15 ei 19 anni dovrebbe diminuire del 30% o più, nella Repubblica Ceca, la Repubblica Slovacca e la Federazione Russa.<br />In alcuni paesi, questo calo si è manifestato prima. In Spagna, ad esempio, si prevede che la popolazione di età compresa tra i 20 e i 29 anni diminuirà del 34% nei prossimi 10 anni.<br />Assumendo, a scopo esemplificativo, che i livelli di partecipazione e di spesa per studente rimangano quelli attuali, le tendenze demografiche illustrate condurranno ad una diminuzione della spesa complessiva per l'istruzione in quasi tutti i paesi dell'OCSE, ad eccezione di quattro paesi e del Cile, dove cresceranno probabilmente le opportunità di aumentare i livelli di partecipazione o di spesa per studente. Negli Stati Uniti si prevede, invece, un aumento della popolazione nei prossimi dieci anni: tendenza che si potrebbe tradurre in maggiori bisogni di finanziamento.willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-26563910028360350642008-01-08T22:48:00.000+01:002008-01-08T23:09:46.470+01:00Liliana Magrini. Dossier Maghreb<strong><em>Dossier / Maghreb</em></strong><br /><br /><br /><div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">Tentativi di integrazione ed elementi di divaricazione<br /></span></strong>di Liliana Magrini</div><br /><div align="justify"><br /><em>II progetto per la creazione del « grande Maghreb », che fu oggetto di discussione ai vari livelli fra Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania soprattutto nel corso degli anni '60, non è riuscito a decollare. La differenza dei modelli economici e i fattori di antagonismo politico continuano a rendere ardua quella concertazione di strategie di sviluppo necessaria per giungere all'integrazione fra i cinque paesi o almeno fra alcuni di loro. Il fluttuante atteggiamento della Libia e il ruolo « centrale » dell'Algeria. La crisi del Sahara. I rapporti con la Cee i problemi della sicurezza nel Mediterraneo. Sul ruolo dell'Europa verso i paesi maghrebini una nota di Edgard Pisani.<br /></em></div><br /><br /><br /><div align="justify">Abbiamo assistito di recente, tra i paesi maghrebini, a una fitta serie d'incontri in cui è stata tentata non solo una fallita me­diazione tra Algeri e Rabat, ma anche un ennesimo rilancio del progetto d'integrazio­ne del « grande Maghreb » nella sua acce­zione più estesa, e cioè comprendente, ol­tre a quel nucleo centrale che è costituito da Algeria, Tunisia e Marocco, anche Libia e Mauritania. I motivi di contrasto sono tuttora troppo rilevanti perché si possa ipo­tizzare a breve termine la realizzazione di questo obiettivo. Tuttavia l'insistenza con cui esso viene riproposto dopo ogni perio­do di più acute tensioni, e d'altra parte l'im­portanza che la sua attuazione potrebbe as­sumere per gli equilibri mediterranei e afri­cani, inducono ad una indagine sulla reale entità dei fattori di attrazione e di repul­sione inerenti a questo tenace mito orientatore.<br />Alla base di una appartenenza al Magh­reb sancita dalle rispettive Costituzioni, an­che il gruppo dei tre non ha alcuna tradi­zione di unificazione statuale, avvenuta sol­tanto per breve tempo (poco più di mezzo secolo) sotto l'impero degli Almohacli: oltre allo spazio geofisico, ha in comune soprat­tutto la cultura inerente a una medesima et­nia originaria (il mondo berbero) e alle me­desime sovrapposizioni esterne, dai fondaci e le città fenice alla conquista romana, alla profonda penetrazione e acculturazione ara­ba, alla amministrazione ottomana (salvo in Marocco) e infine alla medesima occupa­zione coloniale: insomma, una histoire-objet, per riprendere una espressione di Laroui, in gran parte definita da connotazioni e col­legamenti esterni. Una fusione statuale ap­pare oggi totalmente utopistica: non però quella concertazione politica ed economica, di cui viene periodicamente avvertila l'esi­genza.<br />Il tentativo d'integrazione del Maghreb ha assunto una forma istituzionale, per quanto ancora embrionale, soltanto lungo gli anni '60. Non sarà inutile ripercorrere l'iter di questi tentativi, e i termini in cui è stato affrontato il problema, per indi­viduare su quali elementi coagulanti ve­nisse posto l'accento, e quali siano stati i più gravi fattori di blocco, a parte i mo­tivi contingenti di tensione e di conflitto: tra questi ultimi, il contenzioso riguardante la frontiera algero-marocchina, sfociato nel 1963 in un conflitto armato e solo formalmente composto nel 1969 — senza porre termine alle rivendicazioni marocchine — dal trattato di Ifrane; e, molto meno viru­lenti, quelli riguardanti le frontiere algero-tunisina e algero-libica.<br />Se l'entità « Maghreb » è stata spesso presente nella terminologia dei movimenti anticolonialisti dei tre paesi, il problema del­l'integrazione viene posto per la prima vol­ta, nel 1958, alla Conferenza di Rabat, in­detta, per consentire una omologa parteci­pazione algerina, non dai governi ma dai partiti: PIstiqlal, il Néo-Destour e il Fin. In questa sede, veniva addirittura auspicata una soluzione federativa, che avrebbe do­vuto essere preparata da una comune e mai istituita « Assemblea consultativa del Maghreb arabo » emanata dai due partiti go­vernativi e dal Fln.<br />Nel 1964, la Conferenza dei ministri mag-hrebini dell'Economia, riunita a Tangeri, dava al progetto una prima base istituzio­nale impegnandosi a periodiche riunioni, e creando un organo permanente, il Consiglio consultivo del Maghreb, affiancato da vari comitati tecnici e incaricato di "promuovere il coordinamento dei piani di sviluppo... preparare le condizioni di una armonizza­zione industriale... e precisare le basi di un quadro multilaterale per scambi commer­ciali privilegiati ». Al protocollo di accordo, firmato a Tripoli nel 1965, aderiva anche la Libia. Nel 1967, il Comitato presentava alla Conferenza ministeriale un primo pro­getto, che, esplicitamente scartando il mo­dello Cee, optava per una integrazione pro­gressiva, fondata sulla interazione tra una graduale liberalizzazione degli scambi e l'ar­monizzazione dei processi di industrializza­zione, e sulla creazione di una Banca mag-hrebina d'integrazione per il finanziamento di progetti comuni. Incaricato di approfon­dire questa formula, il Comitato presentava nel 1970 un progetto definitivo alla Con­ferenza di Tangeri, dove l'approvazione ve­niva evasivamente rinviata ad ulteriori ap­profondimenti. Nel frattempo, in seguito al colpo di stato del 1969, era avvenuto il ritiro della Libia che, attirata ormai dalla costituzione di un « fronte tripartito » con la Rau (Egitto) e il Sudan, criticava aspra­mente, sul piano politico, il progetto magh-rebino. Lentamente, l'attività del Comitato si arenava. Sul piano multilaterale, i risul­tati si limitarono ad alcuni accordi nel set­tore dei trasporti; e a questo livello, il ten­tativo d'integrazione sembrò definitivamen­te tramontato.<br />Questa vicenda potrebbe indicare semplicemente la non praticabilità della inte­grazione perseguita, se contemporaneamente non si fosse costituita quella che possiamo definire, con Bruno Etienne, come una fit­tissima rete di « accordi bilaterali a più », generalmente formulati in nome della per­seguita unione maghrebina, e a proposito dei quali uno degli organismi comuni creati negli anni '60 poteva addirittura parlare di « ipertrofia »: quasi che appena si apriva uno spiraglio nel quadro delle ricorrenti tensioni, venisse subito a emergere una spontanea tendenza al collegamento e alla interpretazione. Dal 1963 al 1970, si con­tavano così tra i paesi maghrebini quat­tro accordi di fraternità, buon vicinato e co­operazione (oltre a quelli già esistenti in precedenza tra Tunisia e Libia e Tunisia e Marocco), e sul piano delle convenzioni ri­guardanti specifici settori, 27 accordi Alge­ria-Marocco, 40 Algeria-Tunisia, 12 rispet­tivamente Algeria-Libia e Libia-Marocco, e vari rilevanti accordi Tunisia-Libia. Paral­lelamente, con movimento spontaneo, si mol-tiplicavano le associazioni intermaghrebine di carattere professionale. Il fenomeno con­tinuava negli anni '70, ma le ricorrenti ten­sioni Libia-Marocco, giunte ad una totale rot­tura in relazione ai tentati colpi di stato in Marocco del 1971 e 1972, le fluttuazioni dei rapporti libici con la Tunisia (dalla fusione annunciata a Gerba nel 1974 e immediata­mente contraddetta, alle tensioni per la piat­taforma continentale e al non smentito inter­vento libico di Gafsa) e infine, dal 1975, la nuova crisi dei rapporti algero-marocchini in relazione al Sahara occidentale, venivano a circoscriverne l'ambito, lasciando piena e cre­scente esplicazione al bilateralismo soltanto tra Algeria e Tunisia.<br />Per quanto riguarda la Libia, si deve sot­tolineare che k sua ricorrente aspirazione alle « fusioni » — dal tentativo di Gerba al­la « unione arabo-africana » sancita nel 1984 dalla convenzione di Oujda con il Marocco — si è rivelata, ai fini della integrazione magh­rebina, non meno pericolosa delle sue impen­nate aggressive, in quanto è stata ogni vol­tai — e non senza motivo — avvertita dal­l'Algeria come un tentativo di contrastare la sua influenza regionale, perenne oggetto di malcelata rivalità tra i due paesi, riducendo Algeri a un sostanziale isolamento. È chiara d'altra parte l'importanza strutturale che as­sume, per qualsiasi progetto maghrebino, la soluzione del problema del Sahara, problema-chiave che investe direttamente la Maurita-nia, passata dall'alleanza marocchina a quel­la algerina, e che può esercitare una influen­za determinante sui futuri equilibri di tutta la regione.<br />Comunque, dal 1970, l'unica iniziativa di rilievo realizzata all'insegna del « grande Maghreb » è stata segnata, nel 1983, dal nuo­vo « accordo di fraternità e concordia » tra Algeria e Tunisia dichiaratamente aperto a tutti i paesi della regione, e che otteneva ra­pidamente l'adesione della Mauritania.<br /></div><br /><div align="justify"><strong>I fattori economici<br /></strong></div><br /><div align="justify">Se la interpenetrazione fra i « tre » sem­bra spontaneamente suggerita dalla omoge­neità dell'ambiente geofisico e dall’indistin­zione delle frontiere (comune quest'ultima ai « cinque » del « grande Maghreb »), a tale omogeneità è innanzi tutto connessa una analogia di produzioni che certamente non facilita l'accordo. Rifiutando il modello Cee, il Comitato permanente consultivo aveva mo­strato di comprendere chiaramente che i fat­tori di complementarità indispensabili ad ogni liberalizzazione commerciale non pote­vano in alcun modo considerarsi nel Maghreb come un dato, ma dovevano interamente co­struirsi per decisione politica attraverso una concertazione delle strategie di sviluppo e in particolare di industrializzazione, che por­tasse sia ad una specializzazione concordata, sia alla definizione di progetti comuni.<br />È chiaro che ciò poteva risultare più fa­cile negli anni '60, quando la ristrutturazio­ne delle economie, appena emerse dal colo­nialismo, era in fase iniziale, mentre risulta oggi notevolmente ardua non solo per la ri­petitività e dunque la concorrenzialità di mol­te strutture produttive nel frattempo create, ma anche per il timore, da parte dei paesi meno avanzati, che il diverso stadio di indu­strializzazione possa facilmente tramutare la perseguita armonizzazione in una gerarchizzazione concordata o inevitabilmente imposta per quanto riguarda la divisione del lavoro. Del resto, già nel 1972 il testo citato delle Ecoles d'administration osservava come tra e possibili soluzioni, si dovesse scartare una « regionalizzazione » dei settori, che avrebbe inevitabilmente assegnato l'industria di base all'Algeria e i servizi alla Tunisia — indub­biamente la più ricca di quadri — confinando il Marocco all'agricoltura o al massimo all'agro-industria. A questo riguardo, la situazio­ne non è mutata. D'altra parte, si può aggiun­gere che una sensibile riserva algerina nasce dall'opposto timore che l’« armonizzazione » perseguita possa implicare una riduzione dei suoi piani di sviluppo e una nuova distribu­zione di certe attività, che l'Algeria ha finora considerato come specificamente proprie.<br />Inoltre, un complesso problema nasce sul piano delle strutture economiche e dei modi di produzione. Già nel 1970, tra i problemi accantonati dalla Conferenza di Tangeri, era l'obiezione sollevata dall'Algeria quanto al­la difficoltà di realizzare la perseguita inte­grazione tra una economia sempre più risolu­tamente statalizzata e due sistemi che lascia­vano libero gioco alla iniziativa privata. È difficile prevedere quale sarà la misura di quella parziale privatizzazione dell'economia che è stata finora prospettata in Algeria a livello teorico, ma la cui definizione concre­ta è ancora oggetto di discussioni, che hanno contribuito al lungo ritardo subito dalla pub­blicazione del piano di sviluppo 1985-87. Certamente, tale misura sarà ben lontana dal liberismo tunisino e marocchino: tuttavia, anche circoscritto, il processo potrebbe con­tribuire a una capillare interpenetrazione a livello di piccola e media impresa, soprattutto in certi settori dell'industria leggera.<br />Sul piano economico, i caratteri più evi­denti dei tre paesi sono indubbiamente il ca­rattere concorrenziale di molte produzioni, e, d'altra parte, le medesime carenze. A que­sti fattori si deve in gran parte ascrivere la modestia dei progressi registrati dall'inter­scambio.<br />Rinunciamo a presentare un quadro della situazione perché le statistiche dell'ultimo decennio risultano in proposito non solo la­cunose ma estremamente contraddittorie: si vedano ad esempio quelle fornite dagli an-nuari del Gatt, dove i dati sono totalmente diversi — evidentemente per la discordanza delle fonti nazionali — a seconda del paese di riferimento. L'elemento che ne risulta più chiaramente è comunque l'estrema instabilità delle correnti di scambio, sia come conseguen­za delle tensioni politiche, sia per motivi strutturali: le fluttuazioni sono infatti tali da presentare, da un anno all'altro, sensibili impennate e altrettanto brusche cadute, e da rendere perciò impossibile l'individuazione di qualsiasi linea di tendenza. In generale, le punte più alte dell'ultimo quinquennio (tra i 50 e i 100 milioni di dollari) si presentano nelle importazioni algerine e libiche dalla Tu­nisia, tunisine dalla Mauritania e marocchine dalla Libia: le due ultime prevalentemente relative al ferro e al petrolio, mentre sulle prime incidono fortemente manufatti di con­sumo.<br />Questi caratteri di concorrenzialità e di comune carenza sono innanzi tutto evidenti nel settore alimentare, dove d'altra parte Li­bia e Mauritania presentano mercati troppo ristretti per offrire sufficiente sbocco alle produzioni eccedentarie dei tre, e condizioni climatiche totalmente inadatte a contribuire al superamento del deficit alimentare. I soli elementi di complementarità maghrebina nel settore agricolo rimangono finora affidati al­l'assorbimento libico, soprattutto di olio d'o­liva tunisino, e alla crescente produzione ma­rocchina di zucchero di barbabietola, di coto­ne e di ortofrutticoli. Ancora insufficienti a coprire un mercato maghrebino integrato, i tessili, i prodotti d'abbigliamento e i pellami (già oggetto di esportazioni regionali marocchine e tunisine), e i prodotti di consumo cor­rente (bibite, conserve, prodotti casalinghi), hanno finora seguito moduli fortemente ri­petitivi; ma potrebbero essere oggetto di una specializzazione integrata, che ne potenzie­rebbe l'interscambio. È chiaro che per i tes­sili, ciò sarebbe possibile soltanto sottraen­do il settore a quella integrazione « vertica­le » di cui esso è divenuto progressivamente oggetto tanto in Tunisia come in Marocco.<br />Già l'industria leggera, che l'Algeria ten­de nuovamente a potenziare, potrebbe dunque essere oggetto di un'azione capillare miran­te alla complementarità delle produzioni. Ma una più profonda integrazione dovrebbe es­sere affidata a quei due pilastri dell'economia maghrebina che sono i prodotti minerari ed energetici, risorsa fondamentale sulla quale si è fondato nei tre paesi gran parte dello sforzo d'industrializzazione, ma i cui processi di trasformazione in loco sono ancora a uno stadio scarsamente avanzato.<br />Dai documenti maghrebini di studio alle analisi degli esperti è stato spesso sottoli­neato come la frequente esistenza di giaci­menti minerari (petrolio, fosfati, ferro, piom­bo, zinco, argilla) in prossimità dell'una o del­l'altra frontiera abbia indubbiamente contri­buito, in certi casi, a esasperare il conten­zioso inerente alla definizione dei confini, ma d'altra parte possa costituire una base prezio­sa per iniziative comuni. E infatti, se nessuna pianificazione è intervenuta in proposito sul piano multilaterale, tale possibilità emerge concretamente da vari accordi bilaterali. In questa direzione vanno appunto due tra i più importanti progetti concordati nel quadro del­la convenzione algero-tunisina del 19 marzo 1983, e relativi a due impianti comuni situa­ti sul confine, in corrispondenza ai giacimenti della rispettiva materia prima (un impianto a Kalaat per la lavorazione del lithos, e un cementificio a Feriana): progetti che verran­no a costituire, insieme a una fabbrica co­mune di motori diesel a Sakiet Sidi Youssef, un rilevante complesso di produzioni con­giunte. Ricordiamo inoltre come parallela­mente al gasdotto Algeria-Italia attraverso la Tunisia — che viene così a beneficiare di forniture agevolate e di royalties — sia sem­pre sul terreno, sebbene accantonato a causa sia delle tensioni Algeri-Rabat, sia delle di­vergenze sorte tra Algeri e Madrid quanto alle fornitore di gas, il progetto di un ana­logo gasdotto tra l'Algeria e la Spagna attra­verso il Marocco. D'altronde, per quanto ri­guarda le risorse naturali, molti spunti me­todologici estremamente positivi emergono già dalla rete fittissima di accordi stipulati, come ricordavamo, lungo gli anni '60 e talora successivamente insabbiati.<br />Il settore delle materie prime è stato dun­que spontaneamente oggetto di varie forme di cooperazione chiaramente individuabili tra le maglie della rete disordinata e quasi casuale di accordi bilaterali via via stipulati: forme che vanno dalla produzione al trasporto al commercio alla trasformazione, che possono inserire i paesi meno favoriti in una complessa rete di attività collegate al prodot­to, d'altra parte facilitando, attraverso una convergenza delle forze intorno ad una razio­nale pianificazione, il raggiungimento di stadi più avanzati di lavorazione.<br />Tra i paesi maghrebini, soltanto l'Algeria consuma al suo interno il 45% della pro­pria produzione energetica e mineraria, men­tre i prodotti degli altri paesi sono in mas­sima parte esportati. Ora, esistono in questo settore, per i paesi maghrebini, anche alcu­ni elementi di possibile complementarità (il petrolio, presente solo in misura insignifican­te in Marocco, a sua volta invece esportato­re regionale di carbone e di argilla; la pro­duzione di fosfati, altissima per il Marocco, primo esportatore mondiale, abbastanza rile­vante in Tunisia, modesta in Algeria e as­sente in Libia; il ferro, fondamentale risor­sa della Mauritania e base strutturale della strategia industriale dell'Algeria, che può i-noltre esportare parte del minerale; il piom­bo, esportato da Marocco e Tunisia, e per il Marocco, lo zolfo e il cobalto), come esisto­no, per alcuni di questi prodotti e per altri, sovrapposizioni non insignificanti.<br />In campo commerciale, un esperimento di estremo interesse veniva realizzato negli an­ni '60 con la creazione del Comptoir Magh-rébin de l'Alpha, costituito nell'ambito degli accordi di Tangeri, e concretamente funzio­nante fino al rallentamento e infine al blocco negli anni 70. Compito del Comptoir fu la definizione di un prix-plancber, che i paesi aderenti s'impegnavano ad onervare, e di con­tingenti d'esportazione, superando i quali il ricavato eccedentario doveva essere distribuito tra tutti i paesi membri. Sarebbe certa­mente utopistico pensare ad una formula a-naloga per le materie prime minerarie: molto meno irrealistico, tuttavia, prevedere una complessa interazione di accordi di fornitura, processi comuni di trasformazione, agevola­zioni per il trasporto e, ove coincidano gli interessi, una strategia concordata per la commercializzazione con l'estero.<br />Per ragioni di spazio non ci soffermiamo su altri settori come la cooperazione tecnica (con particolare riguardo al settore dell'i­struzione) che ha avuto e potrebbe ritrovare notevole sviluppo negli accordi intermaghre-bini; e i trasporti marittimi, che costituisco­no indubbiamente, insieme al libero uso re­ciproco delle attrezzature portuali, uno dei settori privilegiati per la cooperazione regio­nale.<br />Concludendo, si può affermare che sul piano economico, l'integrazione maghrebina non è spontaneamente indotta dalle cose, ma appare certamente possibile qualora diven­ga una reale opzione politica. Dalla Confe­renza di Tangeri e dal trattato del 1974, do­ve figurano tra le clausole fondamentali, due esigenze hanno sempre esplicitamente domi­nato gli accordi intermaghrebini: la defini­zione di una posizione comune nei confronti della Cee, e la concertazione delle politiche commerciali nei confronti dei paesi terzi. Si tratta di esigenze che nascono da una proie­zione verso l'esterno insita nella struttura geopolitica come nell'economia e infine nella cultura del Maghreb, « finis terrae » del mon­do arabo — per citare un'altra definizione di Laroui — e come tale, delicata zona di sutura tra l'Europa, verso la quale l'inclina la sua dimensione mediterranea, e l'Africa sub­sahariana. La complessa e variabile interse­zione di queste dimensioni è elemento deter­minante per una eventuale integrazione mag­hrebina, alla quale i fattori politici appaiono al tempo stesso come il massimo ostacolo e un permanente incentivo.<br /></div><br /><div align="justify"><strong>I fattori politici<br /></strong></div><br /><div align="justify">II Maghreb può considerarsi come il pun­to d'intersezione di varie catalizzazioni: ara­ba (ed arabo-islamica), africana, europea e mediterranea. Su ognuna di queste diverse direttrici, sono apparsi di volta in volta fat­tori di convergenza e di antagonismo, scelte ed alleanze contraddittorie, contrapposte ten­denze all'espansione o alla leadership, che hanno fortemente inciso sulle relazioni in-termaghrebine, e su cui queste hanno a loro volta esercitato una influenza determinante.<br />Di queste diverse variabili, la più stabile è senza dubbio, ai fini del rapporto inter-maghrebino, la componente islamica, quale riconosciuta appartenenza che unisce tutti i paesi in una comune radice culturale. Que­sta però viene sentita e gestita dalle rispet­tive élites in modo profondamente diverso. Un modo problematico e tormentato per l'Al­geria, dove la necessità di conciliare fedeltà all'Islam ed esigenze di modernizzazione, cul­tura autoctona e immissioni esterne, è ogget­to di una dialettica vissuta con profondo im­pegno, e tradotta in un dibattito costante e talora aspro, che incide profondamente sul costume: si può dire, del resto, che questa problematicità abbia trovato una espressione quasi emblematica in quel personaggio com­posito è talora sconcertante che è stato Boumediene, con la sua commistione di mistici­smo gelido e di lucido pragmatismo.<br />Un modo pacato e controllato per la Tu­nisia, dove l'islamismo è stato tranquillamen­te assunto dal gruppo dirigente come un dato culturale di fondo dal quale si doveva muo­vere anche quando si trattava d'infletterlo o contraddirlo (è noto l'uso fatto da Bourguiba dei testi del Corano per avallare le più ardite laicizzazioni, quali la profonda trasformazio­ne dello status della donna). In certo senso, si potrebbe equiparare la « islamicità » delle élites tunisine, esente da rigidi conformismi come da reali contestazioni, alla « cattolici­tà » di certi notabili italiani: e forse è pro­prio questo tipo di rapporto che ha reso la Tunisia particolarmente adatta a presiedere, in un ruolo pacatamente mediatore, quell'or­gano di azione politica che è la Conferenza islamica.<br />Infine, altrettanto specifico è il rapporto mantenuto dal regime marocchino con l'Islam: da un lato quasi appannaggio della di­nastia alaouita, di cui garantisce la legittimità e che sola ne tutela a proprio arbitrio l'orto­dossia — e d'altra parte, profondamente ra­dicato in quel ceto di notabili che ha dato a suo tempo origine all'Istiqlal, e che ha impresso su tutta la politica marocchina una impronta non facilmente obliteratale.<br />Tale posizione, d'altra parte, non è omo-logabile a quella di Gheddafi, che potrebbe dirsi profeta di una nuova comunità più che paladino dell'ortodossia islamica, e come tale, dunque, privo di una autorità « referente », e sostanzialmente isolato. Il Marocco è per­tanto, dei tre paesi maghrebini, l'unico per il quale l'Islam costituisce una diretta com­ponente della sfera del potere, e dunque l'unico che ne abbia fatto anche una conno­tazione della sua politica estera, innanzi tutto svolgendo, con l'Arabia Saudita, un ruolo de­terminante nella fondazione della Conferen­za islamica, e con questa appartenenza carat­terizzando il suo rapporto privilegiato con i paesi del Golfo. L'affermazione di laicità della politica lanciata, quasi a sfida, da Boumediene alla Conferenza di Lahore nel 1974, esprimeva insieme il dissenso dalla rete di alleanze e dalla strategia insita in quella ope­razione, ma anche un profondo divario cul­turale: elementi ambedue presenti nelle ten­sioni politiche algero-marocchine. L'antago­nismo inerente a quelle alleanze ha d'altron­de trovato diretta espressione in relazione al Sahara occidentale, dove il massimo con­senso islamico — dal Medio Oriente al Gol­fo e all'Africa subsahariana — va alle tesi marocchine.<br />Quanto detto finora si riferisce soltanto a quello che è stato l'atteggiamento preva­lente dei tre paesi sul piano ufficiale e nella cultura delle élites: quanto a quell'ondata di fondo ancora confusa e sostanzialmente com­posita che è costituita dai nuovi movimenti islamici di base, è chiaro come essi abbia­no una fondamentale componente comune nelle frustrazioni seguite ad una indipenden­za attesa come una palingenesi, e nella con­testazione che ne deriva nei confronti dell'at­tuale autorità politica e religiosa. Allo stesso modo, sono chiari i filoni fondamentali e ta-lora contrapposti in cui si inseriscono quei movimenti: meno facile individuare i carat­teri specifici eventualmente connessi, in o-gni paese, al diverso atteggiamento dei tre regimi, e gli scenari che ne potrebbero even­tualmente derivare.<br />La principale motivazione con cui la Libia, nel 1970, si staccava dall'intesa maghrebina, fu l'affermazione che un accordo particolare tra un gruppo di paesi arabi veniva a con­traddire il grande ideale del panarabismo, e ad allontanarne la realizzazione.<br /></div><br /><div align="justify"><strong>Tensioni con il Machreq<br /></strong></div><br /><div align="justify">Ora, mentre la Libia e il Marocco, anche se su versanti politicamente opposti, hanno ge­neralmente mantenuto con il Machreq (i pae­si dell'Oriente arabo, cioè la regione medio­rientale), tanto sul piano « islamico » come sul terreno internatale, rapporti costanti e spesso molto intensi, si può invece notare in Algeri come in Tunisi una accentuata dif­fidenza nei confronti di qualsiasi programma panarabo: diffidenza nata in parte dal sospet­to che vi si celasse — nella strategia di Nasser come nelle disordinate improvvisazioni di Gheddafi — una sostanziale volontà di lea­dership regionale; ma anche determinata da profonde radici storiche e culturali, che ge­nerano in ognuno dei due paesi (e nel caso dell'Algeria, non senza le profonde lacerazio­ni interne culminate nella dissidenza cabila) un profondo attaccamento alla propria spe­cificità. È un atteggiamento che ha spesso cercato nella storia i suoi simboli, ricorren­do per esempio alla resistenza di Giugurta (nome emblematico spesso ricordato da Bourguiba e significativamente riproposto nel no­vembre 1983 da Chadli Benjedid, nel discor­so di apertura del congresso del Fln).<br />Nei primi anni d'indipendenza, la Tuni­sia è rimasta così sostanzialmente estranea non solo al panarabismo ma allo stesso Mach­req, da essere indotta, in ostilità alla politica di Nasser, ad abbandonare la Lega araba; e se al contrario vi ha acquisito, negli anni 70, una funzione di sempre maggiore rilievo (tan­to da pervenire, come nella Conferenza isla­mica, alla segreteria generale) è stato soprat­tutto grazie a quella capacità mediatrice che costituisce la connotazione più costante ed esplicitamente teorizzata della sua politica e-stera, e che spesso ha trovato il suo punto di forza — specialmente in relazione al con­flitto arabo-israeliano — proprio in una certa distanza, in cui una posizione nettamente pro­occidentale si abbinava a un convinto neu­tralismo.<br />Quanto all'Algeria, i suoi rapporti con il Machreq sono stati segnati da una costante diffidenza per le aspirazioni egemoniche di volta in volta evidenti nelle strategie del Cai­ro, di Baghdad o in altra forma di Riyadh (diffidenza pari, del resto, a quella nutri­ta e a malapena celata nei confronti dello scomodo vicino Gheddafi). Ciò ha condot­to l'Algeria ad una sostanziale estraneità ai giochi interarabi che le ha talora consen­tito efficaci mediazioni tendenti appunto a ri­dimensionare qualche tentativo espansionistico (come nell'accordo promosso nel 1975 tra Iran e Iraq). D'altronde, un'osservazione più attenta può individuare questa funzione mediatrice anche nell'azione costantemente svolta da Algeri tra le opposte fazioni create dal conflitto arabo-palestinese, in qualità di moderatore dei « radicali » nell'ambito del « fronte del rifiuto ».<br />Quanto al Marocco, la sua volontà di stret­to inserimento nel mondo arabo ha talora indotto Hassan II a un certo « protagoni­smo » anche in relazione al conflitto arabo-israeliano, come nel caso della Conferenza di Fès o nel simbolico invio di truppe, mai arri­vate al fronte, in occasione della « guerra di ottobre ».<br />In generale, si può dire che i rapporti con il resto del mondo arabo non contribuiscano alla convergenza tra i paesi del Maghreb: e ne troviamo un esempio recente nelle diver­genti posizioni cui ha dato luogo il conflit­to Iran-Iraq, e che sarebbe superficiale attri­buire soltanto ad una scelta di tipo bipolare. Nel caso della Libia e del Marocco, si può tuttavia parlare di una certa omologia « cul­turale » anche se tradotta, sul piano politico, in scelte antagoniste, che hanno indubbia­mente contribuito alla latente o dichiarante conflittualità da cui sono sempre stati ca­ratterizzati, fino all'accordo dell'estate 1984, i rapporti tra i due paesi. Nell'attuale volontà libica di uscire dall'isolamento — che è stata indubbiamente, per Tripoli, la motivazione dominante di quell'accordo — quella omo­logia può fornire però ai due paesi una non fragile base d'intesa.<br />Tale base, invece, è sostanzialmente assente per quanto riguarda le relazioni di Rabat con la Tunisia e l'Algeria: tuttavia, nel quadro dei rapporti con il Machreq, appaiono fra i tre paesi molti motivi di divergenza, ma nessuno di dichiarato conflitto, e alcuni ele­menti d'intesa (tra i quali l'incondizionato riconoscimento dei diritti del popolo palestinese) che una intensificazione del rapporto intermaghrebino potrebbe notevolmente svi­luppare.<br /></div><br /><div align="justify"><strong>I rapporti con l'Africa subsahariana<br /></strong></div><br /><div align="justify">II settore più carico di elementi antagoni­sti, comunque, è sempre stato e rimane, per i paesi del Maghreb, l'Africa subsahariana. Salvo rari momenti di convergenza, le stra­tegie africane dei paesi maghrebini si sono sempre più sviluppate secondo linee divari­canti, lasciando sussistere una certa omoge­neità soltanto fra Tunisia e Marocco. Da par­te tunisina, l'esistenza di un rapporto privi­legiato con l'Africa nera era stato fin da prin­cipio teorizzato come una componente strut­turale risalente all'impero Almoravide, e per­tanto come una dimensione fondamentale di quella funzione di tramite tra vari mondi (e in particolare tra l'Africa e l'Europa) che si era consolidata lungo millenni di storia.<br />A questo tipo di approccio, aveva corrispo­sto nei primi anni '60 una vasta strategia di accordi bilaterali, che si è andata poi gradatamente circoscrivendo all'area delle intese tra « francofoni » promosse dalla Francia. Questo ha determinato un sostanziale alli­neamento con la politica di Parigi (e più in­direttamente con quella di Washington) nei confronti dei vari conflitti africani: tuttavia, con quella cautela che caratterizza la politica tunisina, sempre aliena da clamorose scelte di campo. Di qui, anche la ricerca di mezzi indiretti d'azione, come il tentativo, svolto in collaborazione con il Senegal, di coagulare quel gruppo sostanzialmente conservatore e filoccidentale che va sotto l'etichetta del « socialismo africano »: e d'altra parte, l'a­zione di coordinamento e di promozione svol­ta per la creazione di una agenzia africana di informazione, secondo l'esigenza polemica­mente avanzata in varie sedi internazionali dall'ala « progressista » del Terzo mondo.<br />Ben più recisamente univoca, la politica marocchina è sostanzialmente caratterizzata, più che da autonoma strategia, da diretti in­teressi congiunturali. All'inizio degli anni '60, si è trattato della volontà di bloccare la costituzione di uno Stato mauritano indipen­dente appoggiata dagli Stati africani conser­vatori: esigenza che ha costituito uno degli incentivi determinanti per l'inserimento del Marocco — con decisione indubbiamente ar­dita per un regime come quello alaouita — in quel fronte dei radicali che avrebbe pre­so il nome di « gruppo di Casablanca » (1961), e per l'attiva adesione al panafrica­nismo di Nkrumah. A parte la brusca svolta segnata successivamente dall'inserimento ma­rocchino nell'ambito « francofono », la po­litica subsahariana di Hassan II si può dire sostanzialmente inesistente per un decennio, e cioè fino al momento in cui la questione sa­hariana avrebbe dato nuovo impulso alla ri­cerca di appoggi africani: questa volta, con­trariamente a quanto era avvenuto per la Mauritania, nel vasto fronte dei paesi con­servatori. Da allora, abbiamo assistito alle più clamorose esibizioni di attivo appoggio alla strategia africana dell'Occidente e in par­ticolare della Francia, dal concreto sostegno al Fina durante la guerra civile angolana al­l'invio di truppe nello Shaba (Zaire), alle periodiche offerte d'intervento nel Sudan in funzione direttamente antagonista rispetto alla politica di Gheddafi. Se questa seconda strategia ha creato sensibili tensioni con la Libia, soprattutto per quanto riguarda la zo­na di sutura fra Nord Africa e Africa nera, è evidente che la contrapposizione con l'Al­geria, già inerente a ciascuna di queste scel­te, è stata esasperata dal dissenso sul Saha­ra occidentale, schierando i due paesi su due fronti africani contrapposti.<br />Si deve tuttavia sottolineare un particola­re di rilievo: se l'uno e l'altro incentivo a quelle opposte politiche — questioni della Mauritania e del Sahara occidentale — sono strettamente inseriti nella regione maghre-bina e, indirettamente, nella sfera degli inte­ressi arabi, in ambedue le strategie successi­vamente adottate, il Marocco ha potuto isti­tuire con preciso collegamento con il Machreq: per la prima fase, attraverso la coinci­denza nella politica panafricanista, e per la seconda attraverso la coincidenza con la po­litica africana che la Conferenza islamica, sebbene prioritariamente interessata agli e-quilibri del Corno, svolge tuttavia anche nel­l'Africa occidentale e particolarmente nel Sahel.<br />In certo senso, si può dire che non esista nella politica marocchina un concreto disegno africano se non subordinatamente a un pro­getto nazionale in cui convergono interessi economici attuali e reminiscenze di una tra­dizione imperiale, e che esige per la sua rea­lizzazione un retroterra africano relativamen­te sicuro, pure cercando altrove, e soprattutto nel mondo arabo, i suoi punti di riferimento. Questa intersezione contribuisce talora a esa­sperare le tensioni intermaghrebine e inter-arabe attraverso complesse proiezioni subsa­hariane: tuttavia, questo carattere per così dire derivato della politica africana di Rabat rende più credibile l'ipotesi che una mag­giore integrazione maghrebina possa provoca­re un notevole allentamento delle tensioni attualmente presenti rispetto al quadrante africano, d'altra parte contribuendo alla sua stabilizzazione.<br />Se i contrasti inerenti alla politica maroc­china sono indubbiamente i più esplosivi, bi­sogna tuttavia osservare che soltanto la Tu­nisia appare aliena da qualsiasi rischiosa e lacerante gara con i suoi vicini nei confronti dell'Africa subsahariana. Infatti tra Libia e Algeria esiste indubbiamente una rivalità che non è mai arrivata al conflitto, e anzi, viene generalmente mascherata dalle supposte con­vergenze con cui i due paesi si presentano programmaticamente in alcuni settori della scena internazionale, ma che potrebbe domani trasformarsi in divaricazioni.<br />Ambedue i paesi svolgono una politica afri­cana che può considerarsi come totalmente autonoma, e tendente ad esercitare una in­fluenza tous azimouts. Nel caso di Gheddafi, è una politica abbandonata come sempre, e forse più che in altre regioni, all'improvvisa­zione (dall'appoggio prioritario corrisposto a Mobutu e Amin, ai reiterati interventi nel Ciad, alle azioni di disturbo nei confronti del Sudan) e prevalentemente condotta attraver­so strumenti finanziari: crediti, joint-ventu-res, aiuti. Nel caso dell'Algeria, si tratta in­vece di una vasta politica organicamente per­seguita sotto i suoi tre successivi leaders, e che ha condotto a una fittissima rete di ac­cordi bilaterali di cooperazione. Ma ovvia­mente, da parte di ambedue i paesi, lo sforzo di penetrazione è più accentuato nella regio­ne subdesertica, dove l'intervento libico nel Ciad ha aggravato una delle più complesse cri­si africane, e dove l'Algeria ha costituito una cooperazione organica con il gruppo dei « pae­si rivieraschi del Sahara »: e appunto su que­sto terreno non sono da escludere possibili<br />frizioni tra Algeri e Tripoli, e una permanen­te diffidenza.<br />Anche nel caso della Libia, i rapporti con il Machreq esercitano una costante interazio­ne con le sue scelte subsahariane, dal Corno al Ciad. Questo fattore si può invece consi­derare, anche a questo riguardo, del tutto assente dalle posizioni algerine. Possiamo ri­cordare che dall'aumento dei prezzi del pe­trolio, Algeri ha tenuto a svolgere un ruolo di promozione ai fini di una cooperazione multilaterale tra mondo arabo e mondo afri­cano, ma ha voluto mantenere così totalmen­te la propria autonomia rispetto all'interven­to arabo, da istituire un proprio fondo per l'Africa affiliato bensì alla Banca araba per lo sviluppo africano — unica espressione concreta di quella cooperazione — ma da questa indipendente nelle sue scelte. L'ele­mento dominante nel rapporto algerino con l'Africa subsahariana, oltre al costante appog­gio a tutti i movimenti anticolonialisti, si può individuare nel fatto che il continente africa­no costituisce il primo referente per quel ruo­lo di paese-guida del Terzo mondo nei con­fronti del Nord industrializzato che è stato la massima aspirazione di Boumediene e cui l'Algeria non sembra malgrado tutto rinun­ciare.<br />Lo scenario internazionale<br />Nell'insieme, la strategia subsahariana dei quattro paesi (nei confronti dei quali la Mau-ritania ha comunque un ruolo minore) pre­senta dunque numerose incognite. Tuttavia, non è da escludere che una composizione della questione sahariana possa ricondurre il Ma­rocco alla relativa estraneità dimostrata in passato per le vicende dell'area. La impreve-dibilità dell'azione di Gheddafi rende meno facile l'individuazione di uno scenario per quanto riguarda la possibile rivalità libico-al­gerina nella regione subsahariana: tuttavia, l'assenza di specifiche connotazioni politiche di tale azione — salvo quelle connesse alla dia­lettica interaraba — può accentuare anche per Tripoli l'influenza di un consolidamento de­gli accordi intermaghrebini.<br />Infine, rimane da esaminare la catalizza­zione europea. Se essa ha dominato, come abbiamo ricordato, le intese maghrebine del 1964 e 1970, la preparazione dei nuovi accordi Cee-Maghreb è stata un fattore priori­tario, insieme alle prospettive aperte alla Con­ferenza di Helsinki, nei tentativi di rilan­cio che hanno dato luogo nel 1972 a una nuova serie di incontri al vertice. È una ca­talizzazione che nessuno dei tre governi ha mai messo in questione. Sostanzialmente, tale posizione non è mutata né di fatto, né per quanto riguarda le strategie di Algeri, di Tunisi e di Rabat.<br />La recente politica libica nei confronti del Marocco, che lascia intravvedere in Tripoli un crescente bisogno di uscire dall'usuale ruo­lo di chevalier setti, e alcuni sintomi di avvi­cinamento diretto, possono fare ipotizzare anche in Gheddafi una maggiore attenzione all'Europa, che sarebbe indubbiamente stimo­lata da un avvicinamento intermaghrebino. In generale, le divergenze più pericolose sono sorte finora, come abbiamo visto, non per qualche sintomo di allontanamento dall'Eu­ropa, ma nell'ambito della catalizzazione eu­ropea, per una incondizionata adesione alla strategia di un solo Stato, la Francia, e nei confronti del mondo occidentale nel suo complesso, per una sovrastante presenza sta­tunitense: ipotesi che hanno avuto concreto riscontro nel caso del Marocco. A questo pro­posito, bisogna mettere in rilievo una distin­zione fondamentale tra l'atteggiamento ma­rocchino e quello tunisino e algerino: pure non essendo, come dicevamo, messa in que­stione, la catalizzazione europea ha per il Marocco un fortissimo contrappeso nella ca­talizzazione atlantica, che si traduce da un lato, per quanto riguarda l'Europa, nella im­portanza prioritaria della relazione tradizio­nale e spesso ambivalente con quel paese tra due versanti che è la Spagna (relazione alle cui alterne vicende si può attribuire anche la sfida lanciata dal Marocco con la recente richiesta di adesione alla Cee), e d'altra parte nella presenza dominante degli Stati Uniti, cui soltanto il Marocco, nonostante i rappor­ti molto stretti e in qualche periodo priori-tari tra Tunisi e Washington, ha concesso delle basi militari nella regione maghrebina.<br />Una maggiore intesa politica intermaghre-bina potrebbe forse controbilanciare, in cer­ta misura, questi fattori di estroversione ma­rocchina rispetto all'Europa. Anche a questo fine, si può invece ritenere sostanzialmente negativo un approfondimento del solo accor do Libia-Marocco, che potrebbe facilmente condurre, permanendo le tensioni con gli al­tri paesi, a una sorta di enclave politica pro­iettata dal Maghreb verso il Machreq, con gli effetti laceranti che, nell'ambito maghre-bino, già si potevano intravvedere nelle rea­zioni algerine all'accordo di Oujda.<br />Gli incontri al vertice degli anni 70 han­no avuto come tema dominante, insieme ai rapporti con la Cee, i problemi della sicu­rezza del Mediterraneo. In certa misura, pel i paesi maghrebini catalizzazione europea e catalizzazione mediterranea si sono dimostra­te, di fatto, convergenti: innanzi tutto per il ruolo ipoteticamente assegnato e più volte richiesto all'Europa comunitaria, quale pos­sibile argine al trasferimento della conflit­tualità Est-Ovest nell'ambito mediterraneo. A questo proposito, le iniziative algerine e tunisine, lungo gli anni 70, sono state nu­merose, dalle dichiarazioni ufficialmente e-manate da quegli incontri al vertice sulla necessità di allontanare dal Mediterraneo le flotte straniere, all'azione svolta in seno ai non allineati perché il Mediterraneo venisse dichiarato « mare di pace », alle proposte di una conferenza tra rivieraschi non impegnati in blocchi militari, e infine all'intensa azio­ne diplomatica svolta fin da principio in seno alla Csce per una estensione al Mediterra­neo degli accordi sulla sicurezza europea. La diversa polarizzazione marocchina trova con­ferma nel relativo disinteresse dimostrato per i problemi mediterranei in occasione di que­ste varie iniziative. Quanto alla Libia, è chia­ro che il suo interesse mediterraneo, per il quale Tripoli ha cercato di fare leva non solo su Malta, ma, meno manifestamente, anche su Atene, ha finora dato luogo soltanto ad una strategia dirompente, tendente ad acquisire qualche punto di forza da usare in funzione di cuneo.<br />Nella nostra analisi delle diverse strategie maghrebine, abbiamo dedicato maggiore at­tenzione ai fattori endogeni che all'inseri­mento di quelle politiche nelle tensioni bipo­lari presenti nel Mediterraneo e nell'area ara­bo-africana. Questo fattore è indubbiamente rilevante, ma non sembra tuttavia costituire una componente strutturale di quelle strate­gie. Nel caso della Tunisia e dell'Algeria, ri­teniamo che esista una incontestabile volontà di tenere il più possibile estranea a tale tensione l'area regionale. A parte l'azione assi­duamente svolta, anche se con accentuazioni diverse, in seno ai non allineati per indurii a una sostanziale equidistanza, ci limitiamo a ricordare da un lato l'entità degli accordi e-conomici e degli scambi commerciali tra Al­geri e Washington, e d'altra parte la cura sempre manifestata da Tunisi nell'assicurare con Mosca i rapporti più distesi. Nel caso di Tripoli, le variazioni strategiche della po­litica praticata possono occasionalmente coin­cidere con gli interessi di una grande poten­za (come è stato per l'Urss nel caso della rinnovata « fusione » con la Siria) : ma tale coincidenza rimane sostanzialmente congiun­turale.<br />Certamente meno congiunturale, perché fondato innanzi tutto sulla massiccia pene­trazione economica iniziata negli anni '60, e tuttora alimentato da una politica di aiuti economici e militari che hanno creato una dipendenza organica, è il rapporto del Ma­rocco con gli Stati Uniti: rapporto che allo stato attuale delle cose, può indubbiamente costituire, nell'ambito del Maghreb, un fat­tore di turbamento. Non si deve tuttavia sot­tovalutare né l'entità degli accordi economici stipulati da Rabat con l'Urss (che del resto si è sempre guardata dal prendere posizioni troppo drastiche sul problema del Sahara occidentale) né il legame prioritario della politica estera alouita con progetti e inte­ressi di carattere prettamente nazionale. D'al­tra parte, dopo la visita di Chadli in Ame­rica le relazioni Algeria-Usa sono entrate in una fase di netta benevolenza. Una so­luzione della questione sahariana attenue­rebbe senza dubbio il massimo incentivo che gioca attualmente a favore degli Stati Uniti, e cioè la necessità di forniture milita­ri, di aiuti che compensino l'estenuante sfor­zo bellico e, più indirettamente, dell'influen­za politica che Washington può esercitare. Una maggiore intesa maghrebina — di cui la composizione del contenzioso sahariano è una fondamentale precondizione e che dovreb­be avere il suo « cuore duro » in una con­certazione tra Algeria e Tunisia — potrebbe dunque attenuare le più pericolose inciden­ze regionali del bipolarismo Est-Ovest, con un effetto politicamente stabilizzante in tut­ti i quadranti dello scacchiere euro-mediter­raneo-arabo-africano.</div>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-30791231121259852622008-01-08T22:28:00.000+01:002008-01-08T22:32:08.373+01:00Ricordo di Liliana Magrini<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">Ricordando Liliana</span></strong></div><div align="center">di Marcella Glisenti</div><br /><br /><div align="center"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5153221296484951714" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKVbC4j9-KZ5If8JYEgTpJnAFJkCwlnKkztIDVV-xV4rC7Lg1RQ_4y4q-lsy5JcHwscSyV6tuZBdltafZTyRGQA4-zkFeS1xquH7XzwntcwpuVCvWyt8WJ0w8-cWCxma22IfCitHcbbLg/s200/glisenti002.jpg" border="0" /><em><span style="font-size:85%;">Marcella Glisenti durante un incontro in una scuola di Roma</span></em><br /></div><div align="justify"><br />II 2 luglio è morta a 68 anni, nell'ospe­dale di Mestre, Liliana Magrini. Gli amici dell'lpalmo la ricordano alla guida dell'Uf­ficio studi dove ha lavorato con intelligen­za e passione dalla fondazione dell'Istituto sino a un mese prima di cedere per sempre alla malattia che l'aveva colpita. In noi tutti la sua scomparsa lascia un vuoto par­ticolare: cosi accade per le persone com­plesse e riservate come era la Magrini, sempre amabile ma pur sempre nascosta nelle pieghe profonde di una personalità raffinata e misteriosa, ricca di esperienze e contaminazioni culturali difficili da distri­care, non riducibile a una schematica sem­plificazione. Sapevamo che prima di de­dicarsi ai problemi dei paesi in via di svi­luppo e in particolare ai temi del dialogo Nord-Sud, di cui era ormai diventata una esperta, Liliana Magrini aveva svolto un’attività letteraria, di critica e di narratrice, collocandosi tra i primi intellettuali italiani. Ma pochi di noi avevano potuto leggere i suoi libri e i suoi scritti, di cui evitava di parlare con una discrezione eccessiva, in­spiegabile.<br />Era nata a Venezia, e dopo il liceo clas­sico si era iscritta alla facoltà di Filosofia dell'Università di Padova. Tali studi avevano accentuato in lei l'interesse naturale alla riflessione e alla ricerca della verità. La sua passione per la verità era solidamente con­nessa all'esigenza del dubbio come prova decisiva della verità stessa. Era questo at­teggiamento il tratto più rilevante della sua personalità intellettuale e morale: fu una illuminista sans merci, e preferì rinun­ciare a molte gioie della vita piuttosto che attenuarne l'autenticità con le mistificazioni consolatorie di una qualsiasi fede. Di con­seguenza, non una moralista, ma persona dotata di coscienza intransigente, soprattut­to nei propri confronti. Gentile per istinto e per educazione, sempre interessata a ca­pire, aveva più curiosità per i problemi che per le persone. E fu il suo limite umano, la causa della solitudine in cui visse la se­conda parte della sua vita.<br />Il suo primo romanzo — La vestale — scritto in italiano e da lei stessa tradotto in francese per Gallimard, edito nel 1953, è, in controluce, non una storia autobiogra­fica, ma piuttosto un tentativo di denunciare i propri limiti: « Non sono capace di mesco­larmi alla vita, ne resto un'asettica custode che assiste al rito del vivere senza pene­trarlo, senza sapersene fare una vita per sé ». È un romanzo, La vestale, che la cri­tica francese definì opera di uno dei talenti più rari del tempo. Tre anni dopo seguì un secondo libro edito anche questo da Gallimard, Le carnet venitien, che sotto for­ma di diario si colloca in modo singolare nell'abbondante letteratura ispirata a Vene­zia, perché qui lo schizzo del paesaggio, la notazione estetica, sono sempre accom­pagnati da una compenetrazione che tra­muta la città in persona.<br />Nonostante l'invito degli editori, non scrisse più di narrativa. La sua creatività di Iì in avanti si esplicherà in reportages, critiche letterarie, articoli di ricerca filo­logica, servizi culturali per il Terzo program­ma della Rai e per la Televisione francese. Lentamente slitterà dal campo puramente letterario a quello esplorativo della civiltà nera che Liliana Magrini scopri in conse­guenza della sua passione per la lingua e la letteratura francese, e il mondo fran­cese in generale. Dai 29 ai 40 anni aveva vissuto quasi stabilmente a Parigi, che dopo Venezia fu la sua vera patria. Amica di Camus e di Malraux e di molti altri intel­lettuali che l'accolsero come una di loro, deve infatti a Parigi la sua formazione e il suo successo.<br />Tornata in Italia, benché apprezzata da molti, non riscosse lo stesso entusiasmo: più che gli scritti furono presi in conside­razione i suoi modi eccessivamente schivi, la sua inadattabilità alle regole del club culturale, come è d'uso in Italia, la sua ap­parente freddezza che si sgelava soltanto in folgoranti quanto laceranti passioni senza scampo. Per la Radiotelevisione francese cominciò a seguire i primi convegni inter­nazionali sull'emergente problema negro. A Roma nel 1959 per il primo Congresso de­gli scrittori negri; nel 1964 a Perugia; nel 1966 a Dakar per il primo Festival delle arti negre; nel 1967 a San Marino per un festival della cultura senegalese. Nel frat­tempo si era consolidato il suo lavoro col Terzo programma Rai, cosf che decise di stabilirsi a Roma.<br />Nel 1964, in occasione del convegno in­ternazionale « L'Africa nel mondo di doma­ni », che avevo organizzato in quanto pre­sidente della Associazione amici italiani di « Présence africaine », in collaborazione con l'Università di Perugia, l'incontrai per la prima volta tra i molti giornalisti italiani e stranieri che erano giunti per seguire i lavori di quella « prima assoluta » per la cultura italiana. Dapprima mi apparve di­stratta, con molte idee preconcette, ma I’insieme del suo atteggiamento mi rivelò subito dopo una intelligenza e un garbo intellettuale più che rari. Le sue osserva­zioni erano acute e arricchite da un sotto­fondo non provinciale, mai ritagliate sui discorsi italiani del tempo. La sua cultura, da grande dilettante, non era qualcosa che la concernesse come un bagaglio, ma era il modo stesso di sentire i problemi del momento, di accorgersene con sottigliezza, di prevederne gli sbocchi futuri. Comunque non era quasi mai l'aspetto politico del te­ma che potesse coinvolgerla, ma il suo nucleo storico e culturale.<br />Da allora ci vedemmo spesso, anche fuo­ri dei convegni e delle iniziative terzomon­diste in cui ero molto compromessa; lenta­mente diventammo amiche, facemmo insie­me molti viaggi di lavoro, ad Algeri, in Tunisia, a Istanbul, in Giappone, per citare solo i più importanti. Liliana accentuava sempre più la solitudine in cui aveva co­minciato a vivere dal suo rientro in Italia, ricordando ad ogni occasione la stagione d'oro trascorsa a Parigi così ricca di raffi­nate amicizie, di attività operosa, ma anche d'ingenue illusioni su se stessa, sulla pro­pria capacità di essere e allo stesso tempo di non tradire la propria autenticità, la ve­rità fatta uguale al sacro, l'unico sacro che riconoscesse tale.<br />La scelta fatta non le rese facile la vita, soprattutto a Roma, capitale dell'allusione, del detto appena accennato e poi subito negato, del compromesso come chiave della sopravvivenza nella società. Vi ci si adattò con buona grazia, ne fece la sua condizione esistenziale e la difese da ogni inquina­mento: perché infine esserne capace equi­valeva a una dignità assoluta, quanto se­greta. Il suo bisogno di autenticità la por­tava a discriminare con crescente rigore non solo le persone, i fatti, i problemi, ma persine i pensieri, escludendo da sé tutto ciò che non fosse essenziale.<br />Dopo il nostro viaggio in Giappone riprese le letture di filosofia Zen, lesse tutto quanto fosse reperibile sulla poesia e la letteratura giapponese, e nell'estate dell'anno scorso si dedicò a comporre meravigliosi haikou che vorrei pubblicare perché sono la sua ultima produzione letteraria, gli ultimi fuochi della sua qualità di intel­lettuale. Per lei il mondo non era né si­gnificante, né assurdo. Esso era, e basta.<br />Di fronte a tale assoluta nudità di miti non le restava che la guida di una coscienza illuminata, e l'attenzione ai minimi fenomeni del creato, i soli sopportabili dalla pochezza dell'essere umano messo di fronte al mistero della morte. Fu il suo discorso ultimo, il tema di cui si fece portatrice, con una compromissione interiore che corrispondeva al rispetto degli altri e alla responsabilità verso se stessa, ben lontana dunque dall'atteggiamento della «Vestale» che sapeva risolvere soltanto sul piano estetico la sua ragione d'essere.<br />La sua fu una maturazione nascosta, sotterranea e dura: e il suo tirocinio somiglia molto alla sua morte, silenziosa e paziente, disperata e senza un grido. Di se stessa aveva un'idea di cosciente devastazione che la filosofia Zen aveva aiutato a dissimilare sotto la maschera di una calma sorridente e di apparente distacco.<br />L'approdo all'Ipalmo aveva a suo tempo segnato il divorzio definitivo dal mondo letterario, perché nella tematica dell’Ipalmo aveva trovato un altro mondo, qualcosa a cui credere, cui darsi con tutto il proprio impegno mentale. Quando la malattia cominciò a incalzarla da vicino pensò alla morte in termini di stoicismo orientale. Gli ultimi tempi ripeteva: «Non moriamo: è la morte che sopraggiunge ». E si mise ad attenderla alla maniera Zen nascondendo la paura dietro una impeccabile compostezza.<br />Malgrado la grande amicizia che ci ha unite, mi rendo dolorosamente conti di quanto poco l'avevo conosciuta, di quanto poco le ho chiesto di lei, incapace di violare la sua riservatezza. E ora mi rendo di quanto è scarno il mio racconto, ed esile il ritratto che ho tentato di fare, per consegnare agli amici un'immagine più leggibile di quanto Liliana Magrini di sé permettesse. Del resto non è difficile concordare con Eraclito quando afferma: « L'anima dell’uomo è un paese lontano che non si può avvicinare, né esplorare ».</div>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-77033227448372665292007-12-21T01:40:00.000+01:002007-12-21T20:15:26.762+01:002500 anni dopo "Monte Sacro"<div align="center">DUEMILACINQUECENTO ANNI DOPO LA SECESSIONE DELLA PLEBE AL MONTE SACRO</div><br /><br /><br />Dal SITO: <a href="http://www.dirittoestoria.it/">http://www.dirittoestoria.it/</a><br /><br /><div align="left">Per rendere più agevole la comprensione del seminario di studi, riportato sul sito <a href="http://www.robertomaurizio1947.blogspot.com/">http://www.robertomaurizio1947.blogspot.com/</a>, presentiano la relazione introduttiva del Prof. Pierangelo Catalano e Giovanni Lobrano, nel 2005 in occasione di un altro simposio sempre sul tema dell'anninersario della secessione della plebe al Monte Sacro. Dal 294 a.C. ad oggi sono passati 2.501 anni. Lo stesso luogo venne scelto da Simòn Bolivar per la pronuncia del suo "giuramento". “Per il Dio dei miei genitori, giuro per loro; giuro per il mio onore e giuro per la patria, che non darò pace al mio braccio, né riposo alla mia anima, finchè non avrò spezzato le catene che ci opprimono!”. Fino a poco tempo fa, si pensava che il giuramento del giovane Bolivar fosse avvenuto sull'Aventino. Oggi, è stato confermato con certezza che è stato proprio il luogo dove oggi sorge il più grande quartiere di Roma ad essere testimone della promessa di Simòn che sarà poi mantenuta. </div><div align="left"><br /> </div><span style="font-size:130%;"><strong></strong></span><div align="center"><span style="font-size:130%;"><strong>MMD Anniversario della Secessione della Plebe al Monte Sacro </strong></span></div><div align="left"><br />Promemoria<br /><br />a cura di<br /><em>Pierangelo Catalano e Giovanni Lobrano<br /></em><br /></div><div align="right"><br />Quali accidenti facessono creare in Roma i tribuni della<br />plebe, il che fece la republica più perfetta ... E però, dopo<br />molte confusioni, romori e pericoli di scandoli che<br />nacquero intra la plebe e la nobiltà, si venne, per sicurtà<br />della plebe alla creazione de’ tribuni; e quelli ordinarono<br />con tante preminenzie e tanta riputazione, che poterono<br />essere sempre dipoi mezzi intra la Plebe e il Senato,<br />e ovviare alla insolenzia de’ nobili.<br />Che la disunione della plebe e del senato romano fece<br />libera e potente quella republica ... E se i tumulti furono<br />cagione della creazione de’ tribuni meritano somma laude;<br />perché oltre al dare la parte sua all’amministrazione<br />popolare, furono constituiti per guardia della libertà<br />romana.<br />Niccolò Machiavelli<br />Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, libro I, c. 3-4<br /><br /></div><div align="left"><br /><span style="font-size:130%;">I<br /></span><a name="_La_secessione_e_le_sue_ragioni._Il_"></a><span style="font-size:130%;">La secessione e le sue ragioni. Il giuramento e la tribunicia potestas sacrosanta<br /></span><br /><a name="_1._–_Secessione"></a>1. – Secessione<br /><br />Duemilacinquecento anni or sono, nell’anno 494 avanti Cristo, la plebe romana in armi, guidata da Sicinio, secede sul Monte Sacro a causa dell’acuirsi del conflitto che la oppone al ceto dominante dei patrizi in ogni campo della convivenza civile e, in particolare, nella questione del debito, la quale vede i debitori plebei oppressi in maniera intollerabile dagli usurai (foeneratores).<br /><br /><a name="_2._–_Giuramento_plebeo"></a>2. – Giuramento plebeo<br /><br />Nell’anno seguente la plebe romana rientrerà a Roma, convinta da Menenio Agrippa della necessità della collaborazione tra i diversi ceti sociali, ma soltanto dopo avere creato una magistratura nuova, un “magistrato plebeo”, dotato di una protezione nuova (la sacratio capitis di chiunque lo offenda) e di un potere altrettanto nuovo: per la sua configurazione generale (la potestas sacrosancta), per il suo fondamento (il iusiurandum collettivo plebeo, integrato – quindi – con un foedus patrizio-plebeo), per il suo contenuto (lo ius intercessionis contro le magistrature patrizie / di governo e lo ius agendi cum plebe).<br />E’ il tribunato della plebe.<br /><br /><a name="_3._–_Caio_Sicinio_Belluto"></a>3. – Caio Sicinio Belluto<br /><br />«il più strenuo avversario dell’aristocrazia… di infima nascita, educato poveramente» così lo descrive Dionigi di Alicarnasso (VII, 33). Caio Sicinio Belluto fu il capo della secessione. Le fonti antiche presentano un uomo che emergeva dalla massa; egli affrontò con forza i patrizi: «Con quale animo, patrizi, ora richiamate indietro coloro che avete condotto fuori dalla patria e trasformato da liberi in schiavi?» (Dionigi, VI.45). Con lo stesso animo, tre anni dopo contrastò Coriolano, che voleva privare la plebe della magistratura appena istituita (Plutarco, Coriolano, XVIII.1-3). Sicinio fece parte del primo tribunato della plebe («primus tribunus plebis … in Sacro monte»: Livio 3.54.12) e fu rieletto due volte per il grande prestigio personale e non per meriti familiari. Il suo ruolo nella storia della repubblica romana è paragonabile a quello del primo console: ponendo argine alla prepotenza dei patrizi e degli usurai, il tribunato rese perfetta la costituzione repubblicana (secondo l’opinione che manifesteranno poi, tra gli altri, Cicerone, Machiavelli, Rousseau, Gracchus Babeuf). A ragione Simon Bolívar ricorderà Sicinio (v. infra, III, 3).<br /><br /><a name="_4._–_Tribunato_della_plebe_e_libert"></a>4. – Tribunato della plebe e libertà del popolo<br /><br />Sembra quasi impossibile che un gruppo sociale “in sedizione” abbia prodotto ‘di getto’ una tale costruzione religiosa, politica, giuridica; al contempo così innovativa, complessa e poderosa: una magistratura contro-magistratura (dotata di un potere contro-potere) la quale diviene il perno di una costruzione unica nella storia, la respublica del popolo romano. La respublica è caratterizzata dal potere ‘laico’ e ‘sovrano’ del popolo, cioè degli universi cives, il quale entra in relazione di comando-obbedienza con sé medesimo (populus in sua potestate) attraverso il potere di governo dei magistrati patrizi, i quali – a loro volta – traducono (con un margine necessario di discrezionalità) gli iussa generalia “di tutto il popolo a tutto il popolo” (Rousseau) in comandi specifici rivolti ai singoli. Questa relazione vitale, centrale, bi-univoca tra popolo dei cittadini e magistrati patrizi, nella quale ciascun cittadino deve sapere e potere – a tempo debito – comandare e obbedire, si avvale di un meccanismo di cui sono parte i sacerdotes publici; ma essa è soprattutto garantita dal tribunato della plebe. La sacrosancta potestas dei tribuni plebis è garante della libertà dei singoli cives dinnanzi al potere di governo dei magistrati patrizi e, al contempo e indissolubilmente, è garante della obbedienza dei magistrati patrizi alla volontà del popolo (leges publicae).<br /><br /><br /><strong><span style="font-size:130%;">II<br /></span></strong><a name="_Il_Tribunato_della_plebe_e_la_respu"></a><strong><span style="font-size:130%;">Il Tribunato della plebe e la respublica: da Cicerone a Eutropio<br /></span></strong><br /><a name="_1._–_Cicerone"></a>1. – Cicerone<br /><br />Questa nuova istituzione va ad occupare uno spazio straordinario nel sistema giuridico repubblicano romano antico, dove (salvo il biennio ‘sperimentale’ del decemvirato legislativo) sarà sempre presente.<br />Cicerone (autore del più famoso e più autorevole trattato sulla respublica, che scrive nella urgenza della grande crisi della repubblica, provocata dal repentino e massivo ingresso delle civitates foederatae italiche) sostiene che senza tribunato non c’è repubblica: «nomen tantum videbitur regis repudiatum, res manebit, si unus omnibus reliquis magistratibus imperabit. Quare nec ephori Lacedaemone sine causa a Theopompo oppositi regibus, nec apud nos consulibus tribuni» (De legibus, 3.15 s.).<br /><br /><a name="_2._–_Augusto"></a>2. – Augusto<br /><br />Augusto, il quale risolve la crisi della repubblica riprendendo la riflessione ciceroniana, edifica l’istituto del ‘principe’ su due pilastri repubblicani: uno è l’imperium proconsulare (maius et infinitum) e l’altro è la tribunicia potestas sacrosancta.<br /><br /><a name="_3._–_Difesa_imperiale_delle_plebi_c"></a>3. – Difesa imperiale delle plebi cittadine<br /><br />L’“Impero delle città” (si ricordi Elio Aristide, “Elogio di Roma”) ri-connette il potere tribunizio alla struttura cittadina. Nel IV secolo dopo Cristo, gli imperatori Valentiniano I e Valente, con una sorta di ritorno alle origini, istituiscono i defensores civitatis: «ut plebs [...] contra potentium defendatur iniurias»: costituzione dell’anno 365, la prima del titolo 55 (dedicato ai Defensores civitatis) del libro I del Codex di Giustiniano. Ma sono testimoniati istituti che anche prima del 365 esplicano la defensio civitatis della legislazione imperiale, freno allo strapotere della classe senatoria: sono i syndici, dei quali ultimi resta più evidente la traccia semantica nel governo delle città italiane.<br />Sul ruolo del modello tribunizio per la difesa imperiale delle plebi cittadine, è significativo quanto scrive lo storico Eutropio, collaboratore (epistolografo) dell’imperatore Valente: «Tum et ipse [il popolo romano] sibi tribunos plebis quasi proprios iudices et defensores creavit per quos contra senatum et consules tutus esse posset» (Breviarium ab urbe condita 1.13; cfr. Digesta Iustiniani, 1.2.2.20).<br /><br /><br /><strong><span style="font-size:130%;">III<br /></span></strong><a name="_Continuità_tribunizia:_da_Cola_di_R"></a><strong><span style="font-size:130%;">Continuità tribunizia: da Cola di Rienzo a Gracchus Babeuf alla Repubblica Romana del ’49<br /></span></strong><br /><a name="_1._–_Medioevo"></a>1. – Medioevo<br /><br />La funzione tribunizia dei difensori della cittadinanza resta lungo tutto il medioevo, affidata ai syndici dei Comuni ma anche – e in misura rilevante – ai vescovi. Nel XIV secolo, in Roma, Cola di Rienzo fu Tribuno (1347: «libertatis, pacis iustitiaeque tribunus et sacrae romanae reipublicae liberator») e propose la unificazione dell’Italia in termini di confederazione di Comuni. Nella città di Bologna, nel 1377, furono istituiti i “Tribuni della plebe”.<br /><br /><a name="_2._–_Età_moderna"></a>2. – Età moderna<br /><br />Con la crisi che segna l’evo moderno, l’istituzione tribunizia torna fortemente nella riflessione e proposizione politica/giuspubblicistica, come dimostrano i contributi di Niccolò Machiavelli, di Jean Calvin (e di altri Riformatori), di Juan de Mariana (e di altri Monarcomachi), di Johannes Althusius syndicus della Città di Emden (e dell’altro grande teorico dello ‘Stato’ moderno, François Hotman).<br />L’istituzione tribunizia diventa centrale nella riflessione costituzionale del Settecento, come dimostrano, costruendo il binomio “sovranità popolare” e “potere negativo”, i grandi filosofi del diritto Jean-Jacques Rousseau e Johann Gottlieb Fichte (ma persino il barone di Montesquieu).<br />Nel contesto della Rivoluzione francese si sviluppa la prima riflessione sullo sciopero generale, implicitamente connessa, nel pensiero di Gracchus Babeuf, con le antiche secessioni della plebe: ricordiamo il «Manifeste des plébéiens» su Le Tribun du peuple, n. 35, 9 frimaio, anno IV (30 novembre 1795) «Que le Mont Sacré ou la Vendée plébéienne se forme sur un seul point ou dans chacun des 86 départements».<br /><br /><a name="_3._–_Età_contemporanea"></a>3. – Età contemporanea<br /><br />Il riferimento al tribunato resta essenziale in alcuni tentativi ottocenteschi di costruzione delle repubbliche.<br />In America: sopra tutti Simόn Bolίvar, che inaugura il proprio impegno politico precisamente con il giuramento sul Monte Sacro nel 1805, e stabilisce un tribunato nella Costituzione di Bolivia del 1826 (ma si può ricordare anche lo statista nord-americano John Caldwell Calhoun).<br />In Europa: soprattutto il Progetto di Costituzione della Repubblica Romana del 1849 redatto dal mazziniano Cesare Agostini e le discussioni a quella Assemblea Costituente. Si possono ricordare anche le dottrine di Giandomenico Romagnosi e di Pietro Ellero.<br /><br /><strong><span style="font-size:130%;"><br />IV<br /></span></strong><a name="_La_cancellazione_della_memoria."></a><strong><span style="font-size:130%;">La cancellazione della memoria.<br />Difensori civici, diritti umani e sovranità popolare<br /></span></strong><br /><a name="_1._–_Hegel_e_Mommsen"></a>1. – Hegel e Mommsen<br /><br />L’Ottocento è però il momento di trionfo dello Stato borghese e ora il tribunato plebeo manifesta la propria rilevanza a contrario. La instaurazione dello Stato borghese, che si sostituisce al popolo, richiede necessariamente e previamente la cancellazione del tribunato plebeo. G. W. F. Hegel e Th. Mommsen, i due edificatori teorici di tale Stato, si fanno carico di tale cancellazione sul piano scientifico, costruendo una storia e un sistema del diritto senza il potere del tribunato della plebe.<br /><br /><a name="_2._–_Sindacati_e_“defensores_del_pu"></a>2. – Sindacati e “defensores del pueblo”<br /><br />Il potere tribunizio, escluso dalla architettura costituzionale teorica e positiva del Novecento e, quindi, anche cancellato dalla memoria storica e dalla capacità di elaborazione de iure condendo di questo secolo, si ripropone –in certo modo– spontaneamente attraverso altre due istituzioni, le quali acquisiscono entrambe dimensioni e importanza straordinarie: il sindacato dei lavoratori e il “defensor del pueblo” (“ombudsman”, “médiateur”, difensore civico). Per entrambe le istituzioni si continua a scoprire i nessi con l’antico tribunato plebeo (si vedano, per il sindacato, gli scritti di Daniel De Leon e di Giuseppe Grosso).<br /><br /><a name="_3._–_Presa_di_coscienza_del_“potere"></a>3. – Presa di coscienza del “potere negativo”<br /><br />Ci si rende conto oggi delle potenzialità connesse all’approfondimento scientifico di tale nesso, attraverso il concetto di “potere negativo” (P. Catalano; M. Castelli; G. La Pira). La “crisi dello Stato” odierna (con la richiesta di ‘costituzioni’ e la fame di ‘costituzionalismo’ connesse) accelera i tempi di una presa di coscienza.<br />La riflessione, in questo Seminario dell’Aventino, sulla secessione plebea iniziata nel 494 a.C. al Monte Sacro e conclusasi con il giuramento costitutivo del Tribunato della plebe, prima che celebrazione di 2500 anni della nostra storia e delle nostre istituzioni, vuole essere occasione specifica di questa presa di coscienza.<br /><br />P.C. - G.L.<br /><br /><br /><br /><a name="_Bibliografia"></a>Bibliografia<br /><br />P. Catalano, Tribunato e resistenza, Torino 1971.<br /><br />J.-C. Richard, Les origines de la plèbe romaine. Essai sur la formation du dualisme patricio-plébéien, École Française de Rome, 1978.<br /><br />G. Lobrano, Il potere dei tribuni della plebe, Milano 1983.<br /><br />A. Mastrocinque, Lucio Giunio Bruto. Ricerche di storia, religione e diritto sulle origini della Repubblica romana, Trento 1988.<br /><br />P. Catalano, «Tribunado, censura, dictadura: conceptos constitucionales bolivarianos y continuidad romana en América», in Quaderni Latinoamericani, VIII, ESI, Napoli 1981, 1 ss. (anche in Bolívar y Europa en las crónicas, el pensamiento político y la historiografía, dir. A. Filippi, vol. II, Caracas 1992, 675 ss.); Id., «Alcuni principii e concetti del diritto pubblico romano da Rousseau a Bolívar e oltre», in Studia Iuridica, 12, Varsavia 1985; Id., «Principios constitucionales bolivarianos: origen y actualidad», in El nuevo derecho constitucional latinoamericano, coord. R. Combellas, vol. II, Caracas 1996, 539 ss.; Id., «Derecho público romano y principios constitucionales bolivarianos», in Constitución y constitucionalismo hoy (Cincuentenario del Derecho Constitucional Comparado de Manuel García-Pelayo), Fundación Manuel García-Pelayo, Caracas 2000, 689 ss.; Id., «Sovranità della multitudo e potere negativo: un aggiornamento», in Studi in onore di Gianni Ferrara, Torino 2005, vol. I, 641 ss.; Id., «Crise de la division des pouvoirs et tribunat (le problème du pouvoir négatif)», in Attualità dell’Antico 6, a cura di M. G. Vacchina, Aosta 2005.<br /><br />A.M. Battista, «Il Poder Moral: la creazione irrisolta e sconfitta di Bolívar», Il pensiero politico, 20, Firenze 1987 (trad. española en Bolívar y Europa cit., 727 ss.);<br /><br />S. Schipani, «Defensa jurisdiccional de los derechos humanos y “poder negativo”», en Constitucionalismo latino y liberalismo, Universidad Externado de Colombia, Bogotá 1990, 15 ss.<br /><br />Il “Potere Morale” tra politica e diritto. L’esempio di Simón Bolívar, Consiglio Nazionale delle Ricerche. Aa.Vv., Progetto Italia - America Latina. Ricerche Giuridiche e Politiche. Materiali, X, Sassari 1993 (include scritti di Rafael Caldera).<br /><br />Aa.Vv., Atti del Colloquio russo-latino sulla storia del diritto romano pubblico “Tribunato, Principato e costituzioni miste” (Mosca, 30 maggio-1 giugno 1994), in Ius antiquum - Drevnee pravo, 1, Moskva 1996; ora anche in formato elettronico = <><br /><br />Aa.Vv., Diritti in memoria, carità di patria. Tribuni della plebe e governo popolare a Bologna (XIV-XVIII secolo), a cura di A. De Benedictis, Bologna 1999.<br /><br />Aa.Vv., Resistenza e diritto di resistenza. Memoria come cultura, a cura di A. De Benedictis e V. Marchetti (Università di Bologna, Dipartimento di discipline storiche, Quaderni, 15) Bologna 2000.<br /><br />A. De Benedictis, «Identità comunitaria e diritto di resistere», in Identità collettive tra Medioevo ed Età Moderna, a cura di P. Prodi e W. Reinhard, Bologna 2002.<br /><br />Aa.Vv., “Da Roma a Roma”. Dal tribuno della plebe al difensore del popolo. Dallo jus gentium al Tribunale penale internazionale, dir. P. Catalano, G. Lobrano, S. Schipani (Quaderni IILA, serie Diritto I), Roma 2002.<br /><br />G. Lobrano, «Del defensor del pueblo al tribuno de la plebe: regreso al futuro. Un primer bosquejo de interpretación histórico-sistemática con atención particular al enfoque bolivariano», en Roma e America. Diritto romano comune. Rivista di diritto dell’integrazione e unificazione del diritto in Europa e in America Latina, 14, 2002, pp. 135-165.<br /><br />E. Spósito Contreras, «El Derecho público romano y el constitucionalismo venezolano: comentarios a la Constitución venezolana de 1999», en Revista de Derecho, 17, Tribunal Supremo de Justicia, Caracas 2005.<br /><br />P. Catalano, A proposito del “giuramento profetico” di Simón Bolívar; A. Mastrocinque, Il giuramento sul Monte Sacro, Comune di Roma, IV Municipio Roma Montesacro, 15 agosto 2005.<br /></div>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-5824861512444574902007-11-06T11:23:00.000+01:002007-11-06T11:34:38.356+01:00Organizzazioni internazionali<strong>Nomi e indirizzi (Url) di tutte le organizzazioni internazionali. Un indirizzario utilissimo.</strong><br /><br /><span style="font-size:130%;"><strong>Organizzazioni Internazionali</strong><br /><br /></span><a name="20"><strong>Pace e sicurezza</strong></a><strong> </strong><br /><strong><br /></strong><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un.org/" target="_blank">ONU - Organizzazione delle nazioni unite (United Nations - UN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unsystem.org/" target="_blank">Official Web Site Locator for the UN System of Organizations</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un.org/peace/" target="_blank">UN Peace and Security</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://pws.ctbto.org/" target="_blank">Organizzazione per l'applicazione del trattato per il bando completo della sperimentazione nucleare (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization - CTBTO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.opcw.org/" target="_blank">Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Organization for the Prohibition of Chemical Weapons - OPCW)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.osce.org/" target="_blank">Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Organization for Security and Cooperation in Europe - OSCE)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.osce.org/pa/" target="_blank">Assemblea parlamentare dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCEPA)</a><br /><br /></span><a name="21"><strong>Diritto internazionale</strong></a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.icj-cij.org/" target="_blank">Corte internazionale di giustizia (ICJ - CIJ)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ipu.org/english/home.htm" target="_blank">Inter Parliamentary Union (IPU)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unidroit.org/" target="_blank">Istituto internazionale per l'unificazione del diritto privato (International Institute for the Unification of Private Law - Unidroit)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.wipo.org/" target="_blank">OMPI - Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (World Intellectual Property Organization - WIPO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ictr.org/" target="_blank">Tribunale penale internazionale per il Ruanda (International Criminal Tribunal for Rwanda - ICTR)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un.org/icty/" target="_blank">Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia (International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia - ICTY)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.odccp.org/" target="_blank">Ufficio delle Nazioni Unite per le droghe ed il crimine (United Nations Office on Drugs and Crime - UNODC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un.org/law" target="_blank">UN International Law Resources</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.uncjin.org/##" target="_blank">United nations Crime and Justice Information Network (UNCJIN)</a><br /><br /><a name="22"><strong>Organizzazioni regionali</strong></a><strong><br /></strong><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.asean.or.id/" target="_blank">Association of South-East Asian Nations (ASEAN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.aladi.org/" target="_blank">Associazione latinoamericana di integrazione (ALADI)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.thecommonwealth.org/HomePage.asp?NodeID=20593" target="_blank">British Commonwealth</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.comunidadandina.org/" target="_blank">Comunità andina (Comunidad andina)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.coe.int/DefaultEN.asp" target="_blank">Consiglio d'Europa</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.echr.coe.int/" target="_blank">Corte europea dei diritti dell'uomo</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.mercosur.org.uy/" target="_blank">Mercado Comun del Sur (MERCOSUR) - Mercado Comum do Sul (MERCOSUL)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.nato.int/" target="_blank">NATO - Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del nord (North Atlantic Treaty Organisation - NATO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.nc3a.nato.int/" target="_blank">Agenzia NATO di consultazione, comando e controllo operazioni (NATO Consultation, Command and Control Agency - NC3A-NATO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.oas.org/" target="_blank">Organizzazione degli Stati americani (OSA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.oau-oua.org/" target="_blank">Organizzazione dell'unità africana (Organization of African Unit - OAU -)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.parlatino.org.br/" target="_blank">Parlamento latino americano</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.weu.int/" target="_blank">Unione dell'Europa occidentale (UEO) (Western European Union - WEU)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.assemblee-ueo.org/en/accueil.php" target="_blank">Assemblea dell'Unione dell'Europa occidentale</a><br /><br /><a name="23"><strong>Ambiente, salute e società </strong></a><strong><br /></strong><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unhcr.ch/cgi-bin/texis/vtx/home" target="_blank">Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ecmwf.int/" target="_blank">Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (European Centre for Medium-Range Weather Forecasts - ECMWF)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unccd.int/main.php" target="_blank">Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta contro la desertificazione (United Nations Convention to Combat Desertification - CCD-UN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unfccc.org/" target="_blank">Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change - UNFCCC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.fao.org/" target="_blank">FAO - Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unfpa.org/" target="_blank">Fondo delle Nazioni Unite per le attività delle popolazioni (United Nations Population Fund - UNFPA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.gefweb.org/" target="_blank">Fondo di finanziamento per programmi di protezione globale dell'ambiente (Global Environment Facility - GEF)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.icao.int/" target="_blank">ICAO - Organizzazione internazionale dell'aviazione civile</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.igc.ch/" target="_blank">Inter-Governmental Consultations on Asylum, Refugee and Migration Policies in Europe, North America and Australia</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://turva.me.tut.fi/cis/home.html" target="_blank">International Occupational Safety and Health Info Centre</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un-instraw.org/" target="_blank">Istituto internazionale di ricerca e formazione sulla condizione della donna (International Research and Training Institute for the Advancement of Women - INSTRAW)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.who.int/" target="_blank">OMS - Organizzazione mondiale della sanità (World Health Organization - WHO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.oiml.org/" target="_blank">Organizzazione internazionale di metrologia legale (Organization Internationale de Mà©trologie Là©gale - OIML)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unv.org/" target="_blank">Organizzazione dei volontari delle Nazioni Unite (United Nations Volunteers - UNV)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.eumetsat.de/" target="_blank">Organizzazione europea per lo sfruttamento dei satelliti meteorologici (Europe's Meteorological Satellite Organization -EUMETSAT)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iom.int/" target="_blank">Organizzazione internazionale per le migrazioni (International Organization for Migration - IOM)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.wmo.ch/" target="_blank">Organizzazione metereologica mondiale (World Meteorological Organization - WMO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.paho.org/" target="_blank">Pan American Health Organization (PAHO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.wfp.org/" target="_blank">Programma alimentare mondiale (World Food Program - WFP)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unaids.org/" target="_blank">Programma congiunto delle Nazioni Unite per l'AIDS (Joint United Nations Programme on HIV/AIDS - UNAIDS)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unep.org/" target="_blank">Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (United Nations Environment Programme - UNEP)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.biodiv.org/default.aspx" target="_blank">Segretariato della Convenzione sulla biodiversità </a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.reliefweb.int/" target="_blank">Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs - OCHA-UN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ohi.shom.fr/" target="_blank">Ufficio idrografico internazionale (International Hydrographic Organization - IHB)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un.org/ecosocdev/" target="_blank">UN Economic and Social Development Resources</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unesco.org/" target="_blank">UNESCO - Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unicef.org/" target="_blank">UNICEF- Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unifem.undp.org/" target="_blank">United Nations Development Fund for Women (UNIFEM)</a><br /><br /><a name="24"><strong>Economia, sviluppo e commercio</strong></a><strong><br /></strong><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iaea.org/" target="_blank">Agenzia internazionale per l'energia atomica (International Atomic Energy Agency - IAEA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.apecsec.org.sg/" target="_blank">Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.efta.int/" target="_blank">Associazione europea di libero scambio (European Free Trade Association - EFTA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.afdb.org/" target="_blank">Banca africana di sviluppo (The African Development Bank Group - AFDB)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.adb.org/" target="_blank">Banca asiatica di sviluppo (Asian Development Bank - ADB)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.bis.org/index.htm" target="_blank">Banca dei regolamenti internazionali (Bank for International Settlements - BIS)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.caribank.org/" target="_blank">Banca di sviluppo caraibica (Carribean Development Bank - CDB)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ebrd.com/" target="_blank">Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (European Bank for Reconstruction and Development - EBRD)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iadb.org/" target="_blank">Banca interamericana di sviluppo (Inter-American Development Bank - IADB)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.worldbank.org/" target="_blank">Banca mondiale (World Bank)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.worldbank.org/html/extdr/backgrd/ibrd/" target="_blank">Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo - International Bank for Reconstruction and Development (IBRD)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.worldbank.org/icsid/" target="_blank">ICSID The International Centre for Settlement of Investment Disputes</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.worldbank.org/ida/" target="_blank">International Development Agency (IDA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ifc.org/" target="_blank">International Finance Corporation (IFC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.miga.org/" target="_blank">Multilateral Investment Guarantee Agency (MIGA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.eclac.org/" target="_blank">Commissione economica delle Nazioni Unite per L'America latina ed i Caraibi (Comision Economica para Amà©rica Latina y el Caribe - ECLAC-UN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unescap.org/" target="_blank">Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Asia ed il Pacifico (United Nations Economic and Social Commission for Asia and the Pacific - ESCAP-UN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unece.org/" target="_blank">Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa (United Nations Economic Commission for Europe - UNECE)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.occe.ou.edu/edi/" target="_blank">Economic Development Institute (EDI)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ifad.org/" target="_blank">Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (International Fund for Agricultural Development - IFAD)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.imf.org/" target="_blank">Fondo monetario internazionale (FMI)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.imo.org/" target="_blank">IMO - Organizzazione marittima internazionale</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.nafta-sec-alena.org/DefaultSite/index.html" target="_blank">NAFTA - North American Free Trade Agreement</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.oecd.org/" target="_blank">OCSE - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Organization for Economic Cooperation and Development - OECD)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.wto.org/" target="_blank">OMC - Organizzazione mondiale per il commercio (World Trade Organization - WTO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.wcoomd.org/" target="_blank">OMD - Organizzazione mondiale delle dogane</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unido.org/" target="_blank">Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (United Nations Industrial Development Organization - UNIDO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ics.trieste.it/" target="_blank">International Centre for Science and High Technology (ICS)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ilo.org/" target="_blank">Organizzazione internazionale del lavoro (ILO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.itcilo.it/" target="_blank">International Training Centre (ITC - ILO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.intelsat.com/index_flash.aspx" target="_blank">Organizzazione internazionale per le telecomunicazioni satellitari (International Telecommunications Satellite Organization - INTELSAT)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.undp.org/" target="_blank">Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (United Nations Development Programme - UNDP)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.intracen.org/" target="_blank">Centro internazionale per il commercio (International Trade Centre - ITC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.european-patent-office.org/" target="_blank">Ufficio europeo dei brevetti (European Patent Office - EPO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.itu.int/home/index.html" target="_blank">Unione internazionale delle telecomunicazioni (International Telecommunication Union - ITU)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.upu.int/" target="_blank">Unione postale universale (UPU)</a><br /><br /><a name="25"><strong>Istruzione e ricerca</strong></a><strong><br /></strong><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.esa.int/" target="_blank">Agenzia spaziale europea (European Space Agency - ESA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.esoc.esa.de/" target="_blank">Agenzia spaziale europea - Centro europeo operazioni spaziali (European Space Operation Centre - ESA-ESOC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://public.web.cern.ch/public/" target="_blank">Centro europeo di ricerca nucleare (European Laboratory for Particle Physics - CERN)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iamz.ciheam.org/" target="_blank">Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei (Centre International de Hautes Etudes Agronomique Mà©diterranà©ennes - CIHEAM)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.unicc.org/" target="_blank">Centro internazionale di calcolo (UN International Computing Centre - ICC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ictp.trieste.it/" target="_blank">Centro internazionale di fisica teorica (International Centre for Theoretical Physics - ICTP)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.icgeb.trieste.it/" target="_blank">Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologica (International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology - ICGEB)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iccrom.org/" target="_blank">Istituto internazionale per la conservazione e il restauro dei beni culturali (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property - ICCROM)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.embl-heidelberg.de/" target="_blank">Laboratorio europeo di biologia molecolare (European Molecular Biology Laboratory - EMBL)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.eso.org/" target="_blank">Osservatorio europeo meridionale (European Southern Observatory - ESO)</a><br /><br /><a name="26"><strong>Organizzazioni internazionali non governative</strong></a><strong><br /></strong><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.corrections.com/aca/" target="_blank">American Correctional Association</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.asil.org/" target="_blank">American Society Of International Law</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.amnesty.org/" target="_blank">Amnesty International</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.icrc.org/" target="_blank">Comitato internazionale della Croce Rossa (International Committee of the Red Cross - ICRC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.gci.ch/" target="_blank">Croce verde internazionale</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.earthjustice.org/" target="_blank">Earthjustice Legal Defense Fund</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ebu.ch/" target="_blank">European Broadcasting Union (EBU)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.fidh.org/index2.htm" target="_blank">Federation internationale des droits de l'homme</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.greenpeace.org/" target="_blank">GreenPeace International Council</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.hrw.org/" target="_blank">Human Rights Watch</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.indianlaw.org/" target="_blank">Indian Law Resource Center</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iata.org/index.htm" target="_blank">International Air Transport Association (IATA)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ibanet.org/" target="_blank">International Bar Association</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iccwbo.org/" target="_blank">International Chamber of Commerce (ICC)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ifip.or.at/" target="_blank">International Federation for Information Processing</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ifrc.org/" target="_blank">International Federation of the Red Cross and Red Crescent Societies</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iihl.org/" target="_blank">International Institute of humanitarian law</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.ili.org/" target="_blank">International Law Institute (ILI)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.iso.ch/iso/en/ISOOnline.frontpage" target="_blank">International Organization for Standardization (ISO)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.lchr.org/" target="_blank">Lawyers Committee for Human Rights</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.oceana.org/index.cfm" target="_blank">OCEANA</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.intjewishlawyers.org/" target="_blank">The International Association of Jewish Lawyers and Jurist</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.uia.org/" target="_blank">Union of International Associations</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.uianet.org/" target="_blank">Unione internazionale degli avvocati</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.un.org/partners/civil_society/ngo/ngoindex.htm#issues" target="_blank">United Nations system partnerships</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.worldjurist.org/WJA.html" target="_blank">World Jurist Association</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.wwf.org/" target="_blank">World Wildlife Fund (WWF)</a><br /><a title="La pagina si aprirà in una nuova finestra" href="http://www.worldwatch.org/" target="_blank">Worldwatch Institute</a>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-12103491280366163332007-11-01T01:33:00.000+01:002007-11-01T01:40:07.467+01:00Incontri nel Mediterraneo<strong>Incontri nel Mediterraneo, Etica-Estetica nelle due rive</strong><br /><p><strong></strong> </p><p><strong>Il resoconto del convegno-dibattito del 30 ottobre 2007, orgzanizzato dall'Instituto Cerventes e dall'Imed è publicato sul sito: </strong></p><p><strong><a href="http://www.robertomaurizio1947.blogspot.com/">www.robertomaurizio1947.blogspot.com</a></strong></p>Sarà presto inserito negli altri due siti Web:<br /><a href="http://www.robertomaurizio.it/">www.robertomaurizio.it</a><br /><a href="http://www.robertomaurizio.com/">www.robertomaurizio.com</a><br /><br />Leggete anche le Interviste su<br /><a href="http://www.robertomaurizionews.blogspot.com/">www.robertomaurizionews.blogspot.com</a>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-55736063011950106172007-10-29T18:09:00.000+01:002007-10-29T21:20:00.864+01:00<div align="center"><strong><span style="font-size:180%;">IL VETRO SUL LEGNO<br /></span>L'OSSIMORO "GLOCAL"</strong><br />di <em>Roberto Maurizio</em></div><div align="center"><em></em><br /></div><p align="center"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126808264630858450" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGlreXuEh3jUK5YRaM_nFUem9wNsADvfHFjmJGK5s0Cl66vpnYjkIZPMCQOenayd84OaOQZnWh1dnkllBkbHGcL__WYX03rAOHtjTnCmR2qKVdHDOiBUXPAw1wYwkqa_jSltPj3zG-9So/s400/vetrosulegno2.jpg" border="0" /><span style="font-size:85%;"><strong><em>Vetro sul legno: arte messicana<br />Fonte: </em></strong></span><span style="font-size:85%;"><a href="http://www.mexicoart.it/">www.mexicoart.it</a></span></p><p align="justify">Ciò che da sempre produce guerre e distruzioni nel mondo è l’incomunicabilità che esiste tra gli esseri umani. Sarebbe più facile dialogare che lottare. Invece, no. E’ meglio scegliere la strada più difficile. Il dialogo è noioso. La guerra, la lotta, il confronto sono le caratteristiche distintive nel Dna dell’uomo animale. Ci ha provato 2007 anni fa un Galileo, a far cambiare le cose. Lo ha riproposto, qualche secolo dopo, l’autore del Cantico dei cantici. L’ha dichiarato il profeta di Allah. Lo sostiene la Torah. E’ presente, in tutte le religioni del mondo. Invece, niente. Ancora resta in primo piano il confronto tra Occidente e Medio Oriente. La perfezione non appartiene a questo mondo, dunque, sono benvenuti i dissidi, le divisioni, le violenze, le incomprensioni, l’astio, l’odio.<br /><br /><br /></p><p align="center"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126809986912744226" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUv4VRXnPqJYtPa5qa7GI2rgcJwLDVvs23xiczonZigkNKYT-5I2Rx21Ek1qaqXjJ5-XEH_Gya-_pZn0lrwOh251HYdxJHBI148Ron3LvwnByccwmshNgKGuwrD5nl1m-3eXRD8wiUmE4/s400/vetrosulegno9.jpg" border="0" /><strong><span style="font-size:85%;">Il vetro su un carretto di legno<br /></span></strong><strong><span style="font-size:85%;">Fonte: <a href="http://www.secondamano.it/">www.secondamano.it</a></p><p align="justify"></span></strong><br />Proprio per superare queste incomprensioni è nato questo giornale, “Leptis – Non solo Mediterraneo”, alla cui realizzazione partecipano giornalisti europei, africani e asiatici. Ragionare insieme è la carta vincente per raggiungere una visione univoca, fondata sulla cooperazione e il reciproco rispetto. Ma i buoni propositi di pochi giornalisti non bastano da soli a far cambiare il mondo. Anche se il tentativo è da apprezzare. La vera ragione dell’incomunicabilità è da ricercare nella diversa crescita economica oggi esistente nel mondo?<br /><br /><br /></p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126809415682093826" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKQZ989DrT0V6_dd9NLFYj6VgCUCihjkPkVoVmUauhD8izyRiKqWgkOJta8_ZqI5J1IjlPALZMNUHRtKknVfNeBRK1t4tHQfEQ-YQmV6NpfFgpKwF9S0svzZ5RKZCInuzYncSOO3M7jfg/s400/vetrosulegno5.jpg" border="0" /> <p align="center"><strong><span style="font-size:85%;">Vetro sul legno: arte messicana</span></strong><br />Fonte: <a href="http://www.mexicoart.it/">www.mexicoart.it</a></p><p><br /></p><p align="justify">Per eliminare le sperequazioni presenti nelle diverse aree geografiche e al loro interno, occorrono investimenti e incremento del prodotto interno. Come si è sviluppata nel ‘700 – ‘800 l’Inghilterra, e poi altri paesi dell’Europa seguiti dagli Stati Uniti, possono crescere economicamente altre aree della Terra. Lo stanno dimostrando Cina, India e Brasile. Una parte rilevante di questo risveglio della crescita è dovuta alla globalizzazione. Questo fenomeno, però, dal punto di vista economico, potrebbe tagliare fuori l’Unione europea. Un’Europa tirata fuori dai benefici della globalizzazione non è auspicabile, ma è un’eventualità quasi sicura. Come rispondere a questa sfida? Se la globalizzazione totale ti esclude, allora non ti resta che scegliere la globalizzazione parziale. Occorre, in altri termini, “globolocalizzare”, cioè accettare la glo­balizzazione e riconoscere le spinte e i suggerimenti locali. Questa idea, che scaturisce da un brutto neologismo inglese Glocal, "think global, act lo­cal", da sola non basta a risolvere problemi tanto complessi, come, ad esempio, lo scontro tra civiltà. Glo­cal, che è il risultato delle parole globalization e localization, vuole dimostrare come la dimensione locale e quella globale non si escludono a vicenda, anzi, la globalizzazione ha un senso se viene colta nei fatti locali e se i fatti locali, lungi dall'essere visti come puro effetto della globalizzazione ne rappresentano una contestualizzazione specifica: un vero e proprio flusso fra universalismo e particolarismo. La localizzazione è una globalizzazione che si autolimita adattandosi al locale, invece di ignorarlo e schiacciarlo. D'altra parte, è stata proprio la contestazione alla spinta globale che ha prodotto dappertutto l'attenzione al locale e, vice­versa, protestare contro la globalizzazione produce più globalizzazione, per cui la gente ha capito che por­tare avanti le istanze del locale significa comunicare con le nuove tecnologie, muoversi e spostarsi da una parte all'altra del mondo. Proprio perciò, il dibattito non può essere centrato né sull'orientalismo né sull’occidentalismo ma sui legami e interconnessioni fra occidente e oriente: oggi c'è dunque la possibilità di "decostruire" quello che ideologicamente è stato costruito lungo i secoli come se fosse un blocco omogeneo contrapposto ad un altro.<br /></p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126808621113144034" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiNkgNetNrFMo-rtNDIiyhThMYs5926HIPWkwWDm_YWdIz1i8Sd-ecaSW2DHPbaeVEr8km4e8GTV6V-BXgCniP1K79Mg8pxniSzlrhZOIo-NXpt11iyUEQNSw7sfgBDGnXtJMQXhbvmzIk/s400/vetrosulegno3.jpg" border="0" /><br /><p align="center"><strong><span style="font-size:85%;">Arte messicana<br />Fonte: <a href="http://www.mexicoart.it/">www.mexicoart.it</a></span></strong></p><p align="justify"><strong><span style="font-size:85%;"></span></strong> </p><p align="justify">Purtroppo, sappiamo tutti che dobbiamo convivere ancora per diversi anni con le incomprensioni, gli scontri, la violenza e l'odio. Resta chiusa in uno scrigno, la speranza di una nuova vita che dovrebbe nascere da un uovo (ab ovo) capace di eliminare dalla radice tutti i problemi. Ecco l'idea della "globalocalizzazione" che è l'uovo dal quale nascerà la nuova società mondiale, dal quale le ineguaglianze verranno ridotte al minimo in un primo momento e tenderanno a scomparire nel lungo termine, dal qua­le sarà possibile ottenere un mondo vivibile basato sul reciproco rispetto, sulla crescita economica, cultura­le, umana, dal quale sarà possibile toccare l'impalpabile utopia della crescita economica, dello sviluppo sostenibile, della più equa distribuzione del reddito, del rispetto dei diritti umani e così via. La globalizzazione, che è un processo che integra economia, cultura, tecnologia e politica, presenta sia aspetti positivi sia negativi. Per i fautori, la globalizzazione è una forza positiva, che si nutre di due elementi di fondo, il commercio internazionale e la tecnologia, per diffondere opportunità e benessere a strati sempre più ampi di popolazione mondiale. Basti pensare alla Cina e all'India che con il loro enorme sviluppo con­tribuiscono, dal un lato ad elevare il livello di vita all'interno dei loro paesi, ma "globalmente" si rendono "responsabili" dell'aumento del prezzo del petrolio e del gas nel mondo. Per i detrattori, invece, è una for­za negativa, che favorisce i soliti pochi (i ricchi e le multinazionali) e penalizza i più creando disuguaglian­ze e ingiustizie. La globalizzazione non è sospinta solo da incentivi economici, ma anche e soprattutto da una forza storica irresistibile, più forte della volontà di qualsiasi governo e di qualsiasi partito: la forza che si sprigiona dall'evoluzione del modo di produrre e di affrontare le realtà di tutti i giorni. Il fenomeno del­la globalizzazione implica l'interazione di dinamiche complesse ed è caratterizzato dal comune confluire di processi non solo economici ma anche politici, sociali e culturali. La globalizzazione, se utilizzata bene, of­fre grandi opportunità per il progresso umano: l'era della globalizzazione sta aprendo numerose possibilità per milioni di individui a livello mondiale. I processi di globalizzazione favoriscono: la costruzione del grande mercato interno, la ricchezza mondiale e la possibilità di sviluppo, la libertà culturale, una politica globale responsabile, il progresso tecnologico, l'istruzione e la formazione, il mondo del lavoro, una mi­gliore organizzazione aziendale, la competitività e la libera concorrenza.<br /><br /></p><p align="center"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126809033430004466" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgu7oJoMgDd40aTbaUw3nm3tXn8WsGpmbYY7GkkC_6tDsZQfgqkP8_oxX4bFNbAKKHDMdjxJuWC-xTHbLTtaKWDs5Zlo0gVAZ9Wl4esPigmhhn3u-eWOaH8hgnSl_pZNiEfJyLVCxT-GFs/s400/vetrosulegno4.jpg" border="0" /><strong><span style="font-size:85%;">Arte messicana: il legno sul vetro</span></strong><br />Fonte: <a href="http://www.mexicoart.it/">www.mexicoart.it</a></p><p>La competitività definita dall'Ocse come "la facoltà delle imprese, dei settori economici, delle regioni, degli Stati e delle regioni sovranazionali di produrre un reddito relativamente elevato e di raggiungere un alto livello occupazionale pur essendo esposti alla concorrenza internazionale", aumenta perché stimolata dai processi di tipo globale. Inoltre le nuove tecnologie della comunicazione hanno rivoluzionato e migliorato l'accesso all'informazione; Internet permette l'accesso ad infinite risorse di informazioni da ogni parte del pianeta. Il costo della comunicazione diminuisce, la telefonia mo­bile e satellitare rende la telecomunicazione accessibile non solo alla popolazione urbana ma anche a quella che vive in zone lontane dalla città. Aumentano le opportunità di conoscenza perché il sa­pere diviene sempre più diffuso e sempre più alla portata di tutti. Globalizzazione non significa omogeneizzazione del mondo, dal momento che i nuovi canali di comunica­zione possono avviare processi di integrazione e di avvi­cinamento tra le varie identità culturali nel rispetto delle diversità. Tutto questo offre enormi potenzialità per sradicare la povertà nel corso del XXI secolo e per continuare il pro­gresso del XX secolo. Possediamo più ricchezza e tecnologia di quanto sia mai successo prima e i mercati globali, la tecnologia globale, le opinioni globali e la solidarietà globale possono arricchire, ovunque, le vi­le degli individui, espandendo ampiamente le loro scelte. La sfida della globalizzazione consiste nel conso­lidare le regole e le istituzioni per una governance più forte - a livello locale, nazionale, regionale e globa­le - al fine di preservare i vantaggi dei mercati globali.<br /></p><p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126809772164379410" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjua7Np1RDDoSdEgrvl6PHXYjYX75ap1Qkkh-ksaE4bL5KQyZRFSMLb83MzkwAbY9u9ez1yBR0rLdo6gefyP0N-x-D3TaQsLQZRM4Vh2ZbEcPMMP7AYqipNgrRIaJRZ7wFJ2iaa61Cu96Y/s400/vetrosulegno6.jpg" border="0" /> </p><p align="center"><strong><span style="font-size:85%;">Arte messicana: vetro sul legno<br /></span></strong>Fonte: <a href="http://www.mexicoart.it/">www.mexicoart.it</a></p><p><br />Questa affermazione è corroborata dall'analisi prodotta fin dal 1990 dall'Agenzia delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (United Nations Delopment Program). I primi dieci rapporti sono frutto del lavoro di economisti ed esperti delle problematiche dello sviluppo e considerano i processi di globalizzazione, se indirizzati equa­mente e correttamente, importanti strumenti per combattere la povertà e accrescere le possibilità di scelta. La globalizzazione, secondo gli autori dell'Undp, è un processo che integra l'economia, la cultura, la tecnologia e la politica in un contesto di generale accrescimento delle opportunità sia per i singoli individui che per gli Stati ma la realizzazione di tali prospettive di sviluppo richiede innanzitutto un'equa distribuzione delle risorse. Commercio accresciuto, nuove tecnologie, investimenti esteri, media in espansione e connessioni ad Iternet stanno alimentando la crescita economica ed il progresso umano. Tutto questo offre enormi potenzialità per sradicare la povertà nel corso del XXI secolo, per continuare il progresso senza precedenti del XX secolo. Possediamo più ricchezza e tecnologia - nonché maggiore impegno verso una comunità globale -quanto sia successo prima. Mercati globali, tecnologia globale, opinioni globali e solidarietà globale possono arricchire, ovunque, le vite degli individui, espandendo ampiamente le loro scelte. I processi di globalizzazione in atto si muovono tra locale e globale, in uno spazio che Herbert Marshall Mc Luhan ha definito col fortunato ossimoro di "villaggio globale" per descrivere la situazione contradittoria in cui viviamo. I due termini dell'enunciato si contraddicono a vicenda, il "villaggio" esprime qualcosa di piccolo, mentre "globale" sta a significare l'intero pianeta. Esempi concreti di "glocalizzazione" mediterranea in nuce sono gli accordi Ue-Maghreb e Ue-Mashr la nascita dell'Urna (Unione del Maghreb arabo) e, prima di tutto la Conferenza di Barcellona, che ha_ unito, il 27 e 28 novembre 1995, i quindici ministri degli Esteri degli Stati membri dell'Ue e quelli dei seguenti dodici Paesi terzi mediterranei (Ptm): Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e Autorità palestinese. La Lega degli Stati arabi e l'Unione del Maghreb arabo (Uma) sono state invitate così come la Mauritania (in qualità di membro dell'Uma). Il partenariato globale euro-mediterraneo di Barcellona, che si articola su tre assi principali (il partenariato politico e di sicurezza, che mira a realizzare uno spazio comune di pace e di stabilità; quello economico e finanziario che tende consentire la creazione di una zona di prosperità condivisa; e quello sociale, culturale e umano che tende sviluppare le risorse umane, favorire la comprensione tra culture e gli scambi tra le società civili stato lanciato dall'Ue verso gli Stati del Maghreb (Algeria, Marocco, Tunisia) e del Mashrek (Egitto, Libano, Siria).<br /></p><br /><p></p><p></p><p></p><p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126814127261217602" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrUvrj6xtlS_DBw_y7iMVzKzuxH6pRvM9LudAKp6oJpJi8sWpBdaeGPjuDNKkSDafIfwqbo4Ag4uT3CYrqg9EdIyUxLUYDdX_eEj7pb_KJOMOrJwDwoOfyjMoAgNXZ5mqRSbnUvzN-F40/s400/vetrosulegno8.jpg" border="0" /></p><p align="center"><strong><span style="font-size:85%;">Arte messicana<br />www. mexicoart.it</span></strong></p><p align="justify">L'insieme delle relazioni con gli Stati del Maghreb (Algeria, Marocco, Tunisia), del Mashrek (Egitto Giordania, Libano, Siria) e con Israele non ha mai fatto parte di una convenzione globale ed è stato piuttosto oggetto di successivi accordi bilaterali paralleli conclusi con ciascun paese. Anche se quest'impostazione resta la regola, in occasione della Conferenza di Barcellona del 1995 fra l'Unione europea e tutti i paesi bagnati dal Mediterraneo si è arrivati ad una concezione più globale, che ha avuto una ricaduta finanziaria con l'istituzione della linea unica di bilancio Meda, prevede la realizzazione di una Zona di libero scambio (Zls) entro il 2010 come meta per la graduale realizzazione di un'area che coprirà la maggior parte degli scambi, nel rispetto degli obblighi risultanti dall'Organizzazione mondiale per il commercio (Omc). Saranno progressivamente eliminati gli ostacoli tariffari e non tariffari al commercio per quanto riguarda i prodotti manufatti, secondo scadenzari che saranno negoziati tra i partner. Il commercio dei prodotti agricoli e gli scambi in materia di servizi saranno progressivamente liberalizzati. L'intensificazione della cooperaziione e della concertazione a livello economico tra l'Ue e i Ptm riguarda in modo prioritario alcuni settori i portanti: 1) gli investimenti e il risparmio privato: i paesi terzi mediterranei dovranno eliminare gli ostacoli agli investimenti esteri diretti e incentivare il risparmio interno al fine di promuovere lo sviluppo economico. Secondo la dichiarazione di Barcellona, l'introduzione di un ambiente favorevole agli investimenti avrà come conseguenza il trasferimento di tecnologie e l'aumento della produzione e delle esportazioni. Il programma di lavoro prevede una riflessione volta ad individuare gli ostacoli agli investimenti così come gli strumenti necessari per favorire tali investimenti, compreso nel settore bancario; 2) la cooperazione regionale come fattore chiave per favorire la creazione di una zona di libero scambio; 3) la cooperazione industriale e il sostegno alle piccole e medie imprese (Pmi); 4) il rafforzamento della cooperazione ambientale; 5) la promozione del ruolo della donna nello sviluppo; 6) l'introduzione di strumenti comuni in materia di conservazione e di gestione razionale delle risorse ittiche; 7) l'intensificazione del dialogo e della cooperazione nel settore dell'energia; 8) lo sviluppo della cooperazione relativa alla gestione delle risorse idriche; 9) l'ammodernamento e la ristrutturazione dell'agricoltura. Il Mediterraneo, da quando finora affermato, è un mare piccolo, piccolo se confrontato agli oceani.Scompare quasi del tutto sotto la lente della globalizzazione. Si parla di questo piccolo lago salato, solo in occasione terribili, come nel caso di conflitti. Non si parla invece delle piccole ma significative cose come la nostra iniziativa che nasce dal basso e che unisce giornalisti arabi, musulmani, cattolici, europei.La ragione è che non esistono i presupposti per poter discutere di un piccolo avvenimento positivo, si parla, ovviamente, solamente di quelli grandi e negativi. Il nostro giornale, “Leptis, Mediterraneo ma non solo” vuole pensare "globale e agire locale", contribuire a costruire una piccola "glolocalizzazione" del Mediterraneo, per diffondere questa idea italo-algerina in tutta l'area mediterranea, e creare gli ossimori "piccolo - grande", "globale - locale".<br /></p><p></p><p><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5126814114376315698" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYetB-2pBanz2HAZx9up-gW_uAoRByhX1c4aBZNWXeXIzY3YB7278hb9HeBbZd16yuMJ-QCa0b2a-w9bM0ZA408S3IyFgBJToQPRKYtbgYHGlP4s2LGbqrSNJg0VtO53uErL_V0lwf-sA/s400/vetrosulegno7blackglatiator.jpg" border="0" /></p><p align="center"><strong><span style="font-size:85%;">Vetro sul legno<br /></span></strong><strong><span style="font-size:85%;">Fonte: <a href="http://www.mexicoart.it/">www.mexicoart.it</a></span></strong></p><p align="center"><strong><span style="font-size:85%;"></span></strong> </p><p>Insomma, lavorare sodo per poter incollare il vetro (globale) sul legno (locale). </p>willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1684752818822316190.post-55085475879544204952007-10-29T00:33:00.000+01:002007-10-29T00:43:59.459+01:00Willy DaniloQuesto nuovo blog serve per poter "selezionare" e pubblicare unitariamente i post inviati su "Stampa, Scuola e Vita" <a href="http://www.robertomaurizio1947.blogspot.com/">www.robertomaurizio1947.blogspot.com</a> e robertomaurizionews <a href="http://www.robertomaurizionews.blogspot.com/">www.robertomaurizionews.blogspot.com</a> . Ad esempio: sto seguendo la vita di Sosa e Susa, le mie due cornacchie, sostituendomi a National Geographics; ho trattato l'argomento in diverse puntate; il lettore ha letto la prima puntata il 2 ottobre, la seconda il sette, la terza il dieci, e così via. Voglio rimettere, per facilità di lettura, prima le puntate precedenti e poi quelle successive.willy danilohttp://www.blogger.com/profile/01903257466513451183noreply@blogger.com0